Due soli esemplari noti per un magnifico scudo del XVII secolo | Una legenda misteriosa dedicata al duca o ad una preziosissima reliquia?
di Roberto Ganganelli | Ricordiamo Mario Traina, come altre volte abbiamo fatto, con degli estratti dal suo magistrale volume dal titolo Il linguaggio delle monete nel quale, con la collaborazione del fratello Alfonso, eminente latinista, il grande numismatico bolognese ha censito tutte le legende latine sulle monete italiane commentandole, contestualizzandole, svelandone i significati.
Parliamo oggi di uno scudo di esimia rarità (Ag, mm 41,9 per g 26,3), una moneta mantovana di Carlo I Gonzaga Nevers, VIII duca di Mantova e del Monferrato fra il 1627 e il 1637. DATVM CAELITVS si legge sul rovescio di questo capolavoro della numismatica italiana e, scrive Traina, “La legenda [si trova] su due righe in un cartiglio a volute, sorretto da un putto alato, il tutto in cornice di rami di lauro annodati in basso.
Al dritto la veduta di un castello turrito, con ponte levatoio e fossati (Superti Furga parla di ‘città turrita’; Castellotti vi vede la cittadella di Giulio Romano). Sul portale il reliquiario del Sangue di Cristo, in alto, aquila ad ali spiegate, il tutto in cornice come al R/”.
“Per Nascia – prosegue Traina – questa moneta ricorda la prima, fugace visita fatta a Mantova da Carlo che, morto il cugino Vincenzo II, si affrettò a prendere possesso di Mantova, dichiarandosene signore e assumendo il titolo e gli onori del Ducato, senza tuttavia attendere l’investitura imperiale.
Un’interpretazione, questa, condivisa da Superti Furga: in quel ‘Datum Coelitus’ Carlo Gonzaga Nevers indica se stesso come mandato da Dio, ossia il principe che Dio nei sui arcani disegni ha scelto e designato a reggere le sorti di Mantova. L’aquila è quella imperiale che tiene Mantova sotto la sua protezione. La moneta è anonima proprio perché Carlo non aveva ancora avuto il placet dell’imperatore”.
Quella legenda, “Cosa data dal Cielo”, tuttavia, ben si adatta anche al Sangue del Salvatore che si conserva, quale reliquia principe, proprio a Mantova. La tradizione attribuisce al soldato romano Longino, che trafisse con la lancia il costato di Cristo, la raccolta ed il trasporto di terra imbevuta del sangue del Salvatore nel luogo ove ora sorge la città.
Ritrovata per la prima volta nell’anno 804, l’urna con la reliquia viene interrata di nuovo nel 923, al momento dell’invasione degli Ungari. Nel 1048, presente Beatrice di Canossa, avviene il secondo ritrovamento della parte maggiore della reliquia e delle ossa di san Longino. Questo porta all’ampliamento della originaria piccola chiesa di Sant’Andrea e alla costruzione della cripta sul luogo della seconda “inventio“. Oggi i Sacri Vasi, nella nuova chiesa dedicata a sant’Andrea, vengono esposti una volta l’anno, in occasione del Venerdì Santo.
Qualcosa di unico, quel sangue, come unico in mani private è l’esemplare dello scudo di Carlo I Gonzaga Nevers qui illustrato, mentre un secondo esemplare, in peggiore stato di conservazione, è conservato nelle importanti collezioni del Münzkabinett presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna.
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