Il secondo esemplare certo viene dagli stessi coni del primo scoperto nel 2011 | Altri agontani del capoluogo umbro forse esistono, segnalateli a CN
di Roberto Ganganelli | Torno su una moneta la cui scoperta e presentazione, nell’ormai lontano 2011, mi ha molto coinvolto sia perché si trattava di un inedito medievale di Perugia, sia per il fatto che, a mettermi nelle condizioni di studiare quel pezzo di storia numismatica, è stato all’epoca un caro amico che non è più con noi.
Il grosso agontano di Perugia venne coniato dalla zecca del capoluogo umbro, all’epoca libero Comune, a seguito di una cedola di battitura datata 1377. Nella bibliografia numismatica ne era noto solo il disegno – poco attendibile – pubblicato dall’Argelati e poi ripreso dal Vermiglioli e da altre opere, tra le quali il Corpus nel XIV volume.
L’esemplare da me studiato è in argento, ha un peso di g 1,75 circa e un diametro minimo/massimo di mm 20,55/21,45. Al D/ è raffigurata la croce patente entro cerchio perlinato; lungo il bordo + (rosetta pentafilla grande) DE (rosetta pentafilla grande) PERVSIA (rosetta pentafilla grande), il tutto entro un secondo cerchio perlinato esterno.
Al R/ è raffigurato sant’Ercolano a figura intera, imberbe, con nimbo perlinato, mitria e paramenti vescovili, il pastorale nella mano sinistra, mentre la destra è benedicente; la figura del santo, pastorale escluso, si estende in alto e in basso oltre un cerchio perlinato; lungo il bordo (rosetta pentafilla piccola) S (rosetta pentafilla piccola) ERCV | LANVS (rosetta pentafilla grande), il tutto entro un secondo cerchio perlinato esterno.
Considerando l’asse del dritto, il rovescio è ruotato di circa 290° in senso orario; il tondello è di forma lievemente irregolare, forse in parte tosato e le impronte si presentano in consunte, specie al centro dei campi, oltre che decentrate l’una rispetto all’altra.
Scrivevo negli atti del convegno di studi Le Marche e l’oltre Marche tra l’evo antico e il moderno. Rapporti di varia natura alla luce della documentazione numismatica (tenutosi ad Ancona il 13-14 maggio 2011) che non esistono elementi, sotto il profilo documentario, tali da determinare per quali cause questa tipologia monetale, a Perugia, ebbe una coniazione limitata nel tempo come nel numero di esemplari ma è da pensare che i bolognini perugini (diametro di mm 18-19 e peso medio di g 1,17), apprezzati sia in città che nei mercati del Centro Italia, dovettero giocare un ruolo non indifferente nel far decidere ai responsabili della zecca umbra l’abbandono della battitura di grossi al tipo di Ancona.
Parlavo di una battitura “sperimentale”, alla luce di queste considerazioni, nella speranza di poter un giorno dire qualcosa di più. Lo spunto, in tal senso, me lo offre una discussione avviata a fine 2017 da alcuni membri del forum online LaMoneta nella quale vennero pubblicate le immagini di un secondo agontano di Perugia, che risulta – da un’analisi delle immagini – proveniente dagli stessi coni dell’esemplare pubblicato per primo e che mostra un’evidente segno di frattura in corso sul conio di dritto, all’altezza dell’inizio della legenda DE PERVSIA.
La stessa discussione ed una su Facebook, dalla quale l’altra è scaturita, accennano ad altri esemplari esistenti (un rinvenimento?) che tuttavia, non essendo pubblicati, lasciano il tempo che trovano.
E’ piuttosto in quel segno di imminente rottura del conio che, a mio parere, sta la chiave della rarità estrema dell’agontano di Perugia: semplicemente, quando il torsello divenne inutilizzabile non si procedette alla sua sostituzione immettendo tuttavia i pochi esemplari – qualche decina, chi può dirlo? – in circolazione come previsto.
Il tempo, le rifusioni, gli smarrimenti hanno poi fatto il resto, da quell’ultimo quarto del Trecento a oggi; senza contare che Perugia, a battere bolognini, trovò da subito molta più convenienza abbandonando, senza rimpianti, quel grosso al tipo d’Ancona oggi così raro.
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