Raffigura la Curia del Senato una medaglia di Mistruzzi del 1940, uno degli ultimi omaggi alla potenza del regime prima della guerra
di Giancarlo Alteri | La Curia del Senato fu il cuore politico di Roma antica, repubblicana prima, imperiale poi. Qui si riunivano i Patres a discutere sulle importanti decisioni da prendere per il governo di quasi tutto il mondo allora conosciuto.
Un edificio dal grande valore simbolico nel centro dell’Urbe
Costruito, secondo la leggenda, da Tullio Ostilio nel VII secolo a.C., l’edificio della Curia sorgeva quasi al centro del Foro e funzionò, pur con successive modifiche, fino all’80 a.C., quando Sulla lo fece abbattere per ricostruirlo più bello di prima, ma nello stesso luogo.
Una quarantina d’anni più tardi Giulio Cesare, seguendo un disegno urbanistico ben preciso, decise di dotare la Repubblica di una sede più imponente e funzionale per il suo massimo organo legislativo ed iniziò la costruzione di un nuovo grandioso palazzo nelle immediate vicinanze del precedente, alle propaggini del Colle Capitolino.
Ma per colmo di sfortuna, nel 44 a.C. il palazzo ancora non era finito ed il Senato si riuniva nella Curia di Pompeo, situata pressappoco nella zona dell’attuale Largo di Torre Argentina: fu proprio in quell’edificio che il 15 marzo Cesare entrò abbastanza tranquillo, mentre Bruto, Cassio e gli altri congiurati lo stavano aspettando con i pugnali nascosti sotto le toghe!
Bench,é fin dai primi anni dell’Impero, il Senato avesse perso quasi tutta la sua importanza politica e decisionale, gli imperatori abbellirono ed ampliarono il palazzo della Curia, finché nel 238 d.C. un incendio lo distrusse completamente. Fu compito di Diocleziano ricostruirlo, dotandolo di un portone centrale di bronzo, capolavoro dell’arte e dell’ingegneria romana per il complicato sistema di apertura e chiusura che lo caratterizzava.
La Curia Iulia dal prestigio dell’Impero alla decadenza dei secoli di mezzo
Rovinato dopo la caduta dell’Impero, il palazzo della Curia senatoria sembrava destinato alla completa rovina, se nel VII secolo le sue strutture ancora in piedi non fossero state utilizzate per costruirvi sopra la chiesa di Sant’Adrianoprese l’appellativo di “in Foro”.
Era una chiesa piccola, decentrata, che diventò ben presto fatiscente, tanto che fu sconsacrata; anzi, diventò perfino luogo di saccheggio di materiali: il celebre portone, che era ancora quello dell’antica Curia romana, fu smontato dal Borromini nel 1645 e trasportato alla basilica di San Giovanni in Laterano, di cui attualmente costituisce la porta centrale.
Così, per secoli, del palazzo della Curia senatoria, ovvero della chiesetta di Sant’Adriano non si parlò più, ridotta come era a rifugio per sbandati; perfino la grande campagna di scavi nel Foro romano, la prima condotta con criteri moderni e scientifici, avviata da papa Gregorio XVI (1831-1846) nella prima metà dell’Ottocento, la ignorò completamente, tanto che proprio in quella campagna fu utilizzata dagli operai come magazzino.
Il recupero del monumento nella seconda metà degli anni ’30
Un secolo dopo, nell’era del fascismo, ripreso vigore il culto della romanità, elevato a icona del regime, furono intrapresi nuovi scavi al Foro e nuove indagini, che portarono ad evidenziare come quei ruderi ormai irriconoscibili altro non fossero che i resti dell’antico edificio della Curia. L’individuazione sicura avvenne nel 1930 e tutti i lavori per recuperarlo furono affidati ad Alfonso Bartoli, coadiuvato da un’equipe di archeologi ben preparati.
Occorsero comunque più di quattro anni, prima che le vestigia fossero riportate alla luce, restaurate e consolidate, ed il 21 aprile 1935, il Natale di Roma venne celebrato solennemente proprio nella Curia senatoria, o almeno tra le rovine che di essa erano state recuperate, alla presenza del principe Umberto e delle massime autorità cittadine.
Intanto il Senato del Regno d’Italia che, fin dall’indomani della breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870, aveva la propria sede nel cinquecentesco Palazzo Madama, nei pressi di Piazza Navona, decise ad un certo momento di ampliare i propri uffici, dotandosi di un nuovo edificio possibilmente nelle vicinanze.
Pertanto, approfittando dello sventramento della zona, che avrebbe portato alla creazione, peraltro assai criticata, di Corso Rinascimento, fece costruire, rielaborando un progetto disegnato all’inizio del secolo da Gaetano Koch, un palazzo di pure forme “di regime”, in cui avrebbero trovato sede sia le Commissioni legislative sia parte della biblioteca del Senato stesso; tale nuova costruzione doveva essere unita al corpo di fabbrica rinascimentale mediante un porticato a due ordini di arcate.
Gli omaggi in medaglia alla Curia firmati dal maestro Mistruzzi
Terminati i lavori di questo nuovo complesso, l’allora presidente del Senato decise di commissionare al celebre scultore Aurelio Mistruzzi la realizzazione di una medaglia che ricordasse ai posteri la nuova costruzione, inaugurata da Vittorio Emanuele III il 28 ottobre 1939, anno XVII dell’Era fascista.
In realtà l’artista, sebbene ormai sessantenne e medaglista affermato, tanto da essere stato pure nominato dal pontefice Pio XI “incisore dei Sacri palazzi apostolici”, non realizzò certo con codesta medaglia un capolavoro, ma si limitò probabilmente a riportare sul metallo l’edificio, riprendendolo da una fotografia.
Qualche mese dopo, l’11 febbraio 1940, vene inaugurata anche la Curia senatoria nel Foro, ormai completamente restaurata (o, meglio, ricostruita). Ma questa volta, la medaglia emessa per l’occasione fu certamente all’altezza della fama del Mistruzzi.
Sul dritto, l’artista friulano raffigurò la Curia restaurata, in mezzo a ruderi non meglio identificati, tra i quali spicca, sulla sinistra, la colonna dell’Imperatore bizantino Focas; intorno scorre la legenda AB IMPERIO RENOVATO ANNO III.
Sul rovescio, occupò tutto il campo con la leggenda, su undici righe: VICTORIO | EMANVELE III | REGE IMPERATORE | BENITO MVSSOLINI | ITALORVM DVCE | CVRIA SENATVS | FELICIBVS AVSPICIIS | RESTITVTA | VII IDVS MAIAS | A REN FASCIBVS | A XVII.
La prima e la seconda medaglia: per un approfondimento
Per la realizzazione di questa seconda medaglia, Mistruzzi non si servì sicuramente di una fotografia o, almeno, non solo di quella. Nella sua gioventù, appena arrivato a Roma, egli era andato spesso, munito di matita o carboncino e di fogli, a disegnare schizzi tra le rovine della Roma antica, un po’ come aveva fatto anche Pisanello mezzo millennio prima. E’ probabile, quindi, che si sia servito pure di questi schizzi giovanili, come farebbe supporre, per esempio, la prospettiva dell’insieme non rispettata.
Così, tra questi particolari archeologici riprodotti con una buona dose di fantasia, quasi per distrarre l’occhio dal pessimo rifacimento della Curia senatoria, che pure occupa gran parte del campo con la sua sagoma di brutto palazzotto squadrato in blocchetti di tufo e mattoni, che il Bartoli aveva eretto, salvando dell’edificio classico soltanto pochi resti.
Se l’accostamento tra la legenda celebrante il terzo anniversario dell’Impero da parte e la raffigurazione della Curia romana, da dove si governò idealmente il mondo, volevano indicare una continuità tra l’antico ed il moderno e soprattutto il sogno di un grande Impero fascista, in realtà proprio quei ruderi sparsi a caso intorno alla Curia erano l’immagine più veritiera di ciò che sarebbe restato del regime di lì a pochissimi anni.