Firmata da Marcelle Renée Jeanne Lancelot, la medaglia celebra i 90 anni di papa Pecci con un “vero” leone e uno stile fuori dai canoni ufficiali
di Giancarlo Alteri | A Carpineto Romano, ridente località del Lazio alle pendici dei Monti Lepini, nacque il 2 marzo 1810 Gioacchino Pecci, da una famiglia nobile e fedelissima della Santa Sede. Il giovane Pecci studiò al Seminario di Viterbo e poi al Collegio Romano; fu ordinato sacerdote nel 1837 e, dopo “essersi fatto le ossa” – è sua l’espressione – come delegato prima di Benevento, poi di Perugia, fu inviato quale nunzio apostolico a Bruxelles per fronteggiare una difficile situazione diplomatica, che risolse brillantemente.
Rientrato in Italia, fu consacrato vescovo a soli 32 anni e resse la Diocesi di Perugia, anche dopo che nel 1853 ricevette la porpora cardinalizia, entrando molto giovane nel Sacro Collegio. Pio IX, il 21 settembre 1877, lo nominò camerlengo di Santa Romana Chiesa ed in tale veste il Pecci guidò con mano ferma tutte le operazioni inerenti allo svolgimento del Conclave susseguente alla morte di papa Mastai, avvenuta il 7 febbraio 1878.
Da anni ormai, il potere temporale dei papi non esisteva più ed il papa si riteneva “prigioniero in Vaticano”, senza libertà; frequenti poi erano gli attriti con le autorità italiane, che ora si temeva, avrebbero potuto ostacolare l’arrivo dei cardinali a Roma o, comunque, “disturbare” il Sacro Consesso. Ma il Pecci riuscì a fugare tali timori iniziali, avendo ricevuto le più ampie rassicurazioni dal Governo italiano. Così, dopo solo 48 ore da che era iniziato, il Conclave scelse proprio il cardinale Pecci a succedere al lunghissimo regno di Pio IX.
Anno 1878, all’ultimo “papa re” succede Gioacchino Pecci
Assunto il nome di Leone XIII, il novello papa impartì la sua prima benedizione “pubblica” dalla loggia che si affaccia all’interno della Basilica di san Pietro e non da quella esterna, per significare che egli si sentiva ancora “prigioniero”. Eppure, nonostante i difficili momenti per la Chiesa, Leone XIII si rivelerà uno dei più grandi papi della storia. Celebre la sua enciclica Rerum Novarum in cui la Chiesa prendeva posizione sulla questione sociale e sul delicato problema dei rapporti fra capitalismo e mondo operaio.
I suoi interventi diplomatici in campo internazionale scongiurarono guerre, che avrebbero potuto sfociare in conflitti mondiali. Cercò un modus vivendi con lo Stato italiano e con quello germanico. Ma il suo fu anche un pontificato dei record.
Leone XIII celebrò ben tre giubilei; per la verità, i primi due in forma del tutto ecclesiale, cadendo nel 1887 quello sacerdotale e nel 1893 quello episcopale; ma indisse, nonostante le pressioni in senso negativo di una parte del Collegio cardinalizio, pure l’Anno Santo del 1900. Inoltre, per la seconda volta consecutiva, cioè dopo Pio IX, superò il 25° anno di pontificato e fu il primo papa a toccare ed a superare, da tempo immemorabile, la soglia dei 90 anni d’età.
Il 90° compleanno del papa e l’Anno Santo del 1900
Quest’ultimo compleanno cadeva proprio nel pieno dell’Anno Santo, e Leone XIII decise di celebrarlo in maniera affatto inconsueta per un papa e, in particolare, per il suo carattere. Egli, infatti, non nutriva un particolare interesse per la numismatica in generale e per l’arte della medaglia in particolare; basti ricordare a questo proposito, ad esempio, che quando era delegato di Perugia ebbe a scontrarsi con il Consiglio comunale della città, che voleva offrire (come poi in effetti fece) a Gregorio XVI in visita alla città nel 1842 una medaglia, mentre egli avrebbe preferito donare al Pontefice un calice. Oppure, quando il Pecci era camerlengo durante la Sede Vacante del 1878, fu costretto ad emettere obtorto collo la consueta medaglia camerale; ma, una volta eletto papa in quel Conclave ordinò immediatamente la distruzione di tutti gli esemplari che si riuscì a recuperare.
Eppure nel febbraio del 1900, sbalordì e sconcertò i suoi collaboratori: decise di posare, per una mattinata intera, per una ancor giovane artista, che dagli schizzi “da vivo” voleva trarre una medaglia per il 90° genetliaco del pontefice. Erano quasi due secoli che nessuna donna faceva più medaglie per un papa, almeno a titolo ufficiale, e cioè da quando Beatrice Hamerani aveva realizzato pochi esemplari della medaglia annuale del 1702 di Clemente XI, dal momento che l’incisore camerale ufficiale, il padre Giovanni Hamerani, era stato colpito da un ictus, e non poteva più svolgere la sua attività.
Mademoiselle Lancelot, una giovane artista francese alla corte papale
Figlia del pittore Dieudonné, Marcelle Renée Jeanne Lancelot era nata a Parigi nel 1854 o nel 1855 ed aveva studiato medaglistica sotto Poinscarmé. Abile anche nell’incidere lastre tipografiche ed acquarellista di fama, si era trasferita a Roma, dove si era sposata. L’incontro con il papa avvenne, tra l’altro, alla presenza del solo segretario particolare del papa e ciò fu motivo di velate mormorazioni. Ci si può immaginare, quindi, lo sgomento delle Guardie svizzere nel vedere la donna entrare nell’appartamento pontificio!
Eppure, la Lancelot non era una perfetta sconosciuta: era nell’entourage delle regina Margherita; aveva già inciso parecchie medaglie e placchette, specialmente per personaggi antichi e contemporanei della storia francese. La sua medaglia più celebre avrà il titolo Ouvres des barbares, commissionatagli dal Governo francese nel 1916; su di essa, per designare la crudeltà dei Tedeschi, ma anche l’inutilità e la devastazione della guerra, la scultrice riprodurrà alcuni arbusti devastati dal fuoco su un campo completamente piatto.
La Lancelot ritrarrà anche Mussolini in una medaglia completamente al di fuori dai canoni della retorica fascista, realizzata nel 1938, anno in cui probabilmente morirà, perché dopo di allora non si avranno più notizie di lei.
La “medaglia del leone” per il genetliaco papale
Coniata da uno stabilimento privato in oro, argento e bronzo la medaglia di Leone XIII venne presentata, tra il 1° ed il 5 marzo, al papa dalla scultrice in persona, che ricevette in cambio un’onorificenza. Il tema del leone che uccide il serpente, raffigurato sul rovescio e ripreso dall’Apocalisse, è trattato dalla Lancelot con estrema perizia innovativa, a cominciare dalla realistica raffigurazione della belva, che punta un’altra probabile preda fuori dal campo, nella desolazione della savana. E’ un tributo a quel “senso dell’ esotico”, celebrato da innumerevoli artisti dell’epoca, sia nel campo letterario sia in quello figurativo.
Ma ancor più realistico il ritratto del papa al dritto. L’artista è riuscita a trasmettere nel metallo proprio la sensazione provata nell’aver ripreso il pontefice dal vivo: la fisionomia di Leone è quella di un novantenne, come tende a rimarcare la legenda LEO XIII PO M AETATIS SVAE A XC SEXT NON MART MDCCCC; ma un novantenne dallo spirito di un giovane, di cui mostra l’energia e la volontà.
Del resto, per fugare le preoccupazioni sulla sua salute, lo stesso Leone XIII al momento di chiudere la Porta Santa, il 24 dicembre 1900, solleverà e murerà personalmente il primo mattone, di peso certamente insignificante per un giovane, ma notevole per un novantenne.
Comunque, con l’aver posato appositamente per una scultrice, Leone XIII riconquistò la simpatia del mondo artistico “moderno”, tanto più che pochi mesi dopo accetterà pure di farsi riprendere, ancora una volta, dal neonato cinematografo, divertendosi ed emozionandosi come un ragazzino davanti alla cinepresa.