di Roberto Ganganelli | Nel Museo civico di Modena sono conservati, fra gli altri, due dipinti ai quali non tutti i visitatori pongono particolare attenzione.
Si tratta di due opere attribuite a Pellegrino Munari (1460-1523), pittore locale di scuola raffaelliana, attivo nella prima metà del XVI secolo. Le due tavole raccontano i due miracoli più importanti di san Geminiano, patrono della città: Geminiano che ferma i barbari alle porte di Modena e il santo salva un bambino che cade dalla torre Ghirlandina.
I fatti, in merito almeno all’episodio più antico, sono noti: nel 452 il terribile Attila, capo degli Unni, si trova nelle vicinanze di Modena e già si predispone ad attaccare , la città. I Modenesi invocano san Geminiano. Improvvisamente, però, una fittissima nebbia si alza intorno alle mura e Attila, non vedendo più nulla, passa oltre. Quando se ne accorge, raccontano, arrabbiato “spara un colpo di cannone [arma all’epoca inesistente] che vaa colpire il campanile di san Faustino”: ancora oggi la palla è infissa nella parete della chiesa, ma chissà di quale dimenticata guerra fa memoria.
Il secondo miracolo racconta invece di un bambino che, sfuggito dalle mani della madre, cade dalla torre della cattedrale. Alle invocazioni angosciate della donna, Geminiano protende un braccio, afferra per i capelli il piccolo e gli salva la vita.
Al di là dell’agiografia, sappiamo che Geminiano è vissuto dal 312 al 397, in un’epoca in cui il Cristianesimo era da poco diventato legale nell’Impero Romano e in cui proprio Geminiano era ritenuto il più importante esorcista, così abile che per le sue capacità venne chiamato in Oriente per liberare dal demonio la figlia dell’imperatore.
Abbiamo dunque in mente un Geminiano dalla grande fede e dal grande amore per Modena, ma in realtà egli nacque pagano e a Cognento. Fu l’arrivo a Modena a convertirlo al Cristianesimo, e quando il vescovo della città, Antonio, morì la comunità intera accalamò lui quale suo successore.
Geminiano, tuttavia, non era d’accordo e così scappò fuori Modena, a Saliceta San Giuliano presso il Bosco di Cadiane. Lì si fermò a pregare, finché dopo una settimana ad incontrarlo lungo il loro cammino non furono dei pastori, che lo videro ma non si fermarono dirigendosi in città. Fatto sapere ai modenesi dove Geminiano si fosse nascosto, i modenesi lo riportarono in trionfo a Modena dove accettò di diventare vescovo.
Tanto popolare fu san Geminiano, tra i modenesi che Alfonso I d’Este, terzo duca della città, tra il 1527 e il 1534 fece coniare un testone in argento (mm 27 per gr 6 circa) oggi di grande rarità e sul quale, al proprio barbuto e burbero ritratto sul dritto, abbina al rovescio una raffigurazione che, messi a confronto gli stili e, soprattutto, le cronologie del quadro del Munari e del testone, indicano una chiara ispirazione dell’incisore della moneta dal dipinto nel quale il protettore di Modena “acciuffa” letteralmente per i capelli il bambino (vestito nel quadro, nudo sulla moneta) che sta cadendo dalla Ghirlandina e lo restituisce, sano e salvo, alla madre.
Una moneta su cui il patrono di Modena, peraltro, non è appellato né come PONTIFEX né come EPISCOPVS – come accade in molti altri casi – ma addirittura, caso unico, con il titolo di ANTISTES, cioè di “sommo sacerdote” della comunità. Una pagina di numismatica che restituisce anche al misconosciuto pittore Pellegrino Munari un po’ di postuma, meritata celebrità.