Pur prodotta per un breve periodo, la moneta massana non fu immune da abili contraffazioni: ecco l’esempio di un grosso agontano

 

di Massimo Sozzi | Da una cartapecora conservata presso l’Archivio di Stato di Siena nel fondo Diplomatico Riformagioni Massa si apprende che l’11 aprile 1317 venne firmato un contratto tra alcuni componenti della famiglia Benzi, ricchi mercanti senesi dell’Arte della Lana, rappresentata da Niccolino di Giacomino, e il Comune di Massa di Maremma (l’odierna Massa Marittima, Grosseto), rappresentato dal sindaco Muccio del fu Buonaventura Scussetti.

Dal contratto della zecca di Massa di Maremma…

Il contratto fu redatto per dar vita ad una società avente lo scopo di battere moneta e vi si legge: “De ipsorum comuni concordia et unanimi voluntate fecerunt et contraxerunt inter se ad invicem et vicissim sotietatem et compangniam ad monetam bactendam et fabricandam in civitate Massane, duraturam firmam et ratam a kalendis maij proximi venturi ad unum annum proximum subsequentem“.

Il contratto riporta tutta una serie di patti e condizioni. I Benzi, ad esempio, avrebbero dovuto fornire opportunamente l’officina di tutto il necessario mentre il Comune di Massa si impegnava ad acquistare un edificio da mettere a disposizione della nascente zecca.

L’officina monetaria fu aperta per autorità dello stesso libero Comune, all’apice della sua potenza, con il proposito di coniare tre tipologie monetali, il grosso da venti denari, il grossetto da sei denari, del quale fino ad ora non si conoscono esemplari, e il denaro piccolo.

Dal contratto si evince che per i compensi relativi alla battitura, per le caratteristiche ponderali e per il titolo delle monete massane (o massetane) si presero ad esempio quelli in vigore nella zecca senese. È dunque certo che anche per il valore nominale si faceva riferimento alle monete senesi. L’officina monetaria fu attiva con certezza dal maggio 1317 all’anno seguente e le sue monete circolarono fino a tutto il 1319, come risulta da documenti di archivio.

Due tipologie di monete e appena due anni di coniazioni

Per gli interessati ad approfondire lo studio di questa piccola zecca rimandiamo agli ultimi lavori pubblicati dall’autore della presente nota (Sozzi 2019a, 2019b e 2021). Scopo di questa breve pubblicazione è riflettere sul destino a cui sono andate incontro alcune monete coniate da questa officina monetaria; nonostante l’elevato quantitativo di esemplari delle sole due tipologie che risultano essere state effettivamente coniate (il grosso da 20 denari del tipo agontano e il picciolo, con relative varianti; Figg. 1 e 2), confermato anche dal significativo numero di conii giunti fino a noi, oggi le monete massane sono rare e di difficile reperibilità.

Fig. 1 | Grosso massano. Variante A. D/ + (spronella a 6 punte) DE • MASSA (spronella a 6 punte), croce patente, accantonata nel 1° e 4° angolo da M gotiche in corona rigata. R/ + • S’ • CE RBON’, il santo con nimbo lineare e con mitria, in piedi di fronte, benedice con la mano destra e tiene il pastorale con la mano sinistra; corona rigata interrotta in alto e in basso dalla figura. Ag, circa mm 22, peso circa g 1,6. Ex asta NAC 68 del 4.12.12 – Lotto 46 (Ar – mm ? – g 1,54)

In araldica, con il termine “spronella” o “rotella di sperone” viene indicata la stelletta dello sperone a sei punte e forata, lasciando intravedere il colore del campo. Ne esiste anche una versione a otto punte e più raramente a cinque. Simboleggia “nobiltà” e “antica cavalleria”.

A proposito della loro rarità Lucia Travaini ipotizza che dopo la chiusura della zecca le monete siano state ritirate dalla circolazione (Travaini 2002, p. 25) mentre per il discreto numero di conii della zecca massana attualmente conosciuti ritiene probabile che alla chiusura dell’officina tutte le attrezzature siano state conservate come veri e propri documenti di un archivio metallico (Travaini 2007, p. 40).

Altre informazioni si stanno acquisendo col procedere delle ricerche. Già Angelo Finetti nel suo libro sulla zecca di Perugia faceva presente che erano stati ritrovati piccioli perugini, coniati tra gli anni ’20 e ’50 del ‘300, ribattuti su piccioli massani (Finetti 1997, pp. 74-75).

Fig. 2 | Denaro piccolo massano. I variante. D/ + (rosetta a 5 petali) DE • MASSA (rosetta a 5 petali), grande M gotica; corona rigata. R/ + • S’ • CERBON’ •, busto del santo nimbato e mitrato, di fronte, benedicente con la destra e con pastorale nella sinistra; corona rigata. Mi, circa mm 15 mm, peso circa g 0,6. Da Sozzi 2019a, p. 52 (Mi – mm 15 – g 0,5)

Più recentemente Renato Villoresi, in un suo articolo pubblicato su questa rivista online ha segnalato un grosso da 20 massano abraso e mancante delle due M gotiche al dritto (Villoresi 2020). L’autore ipotizza si tratti di una truffa messa in atto per aumentare il vero valore della moneta. La cosa ci trova d’accordo e aggiungiamo che potrebbe essere stata orchestrata proprio quando queste monete ormai erano state ritirate dalla circolazione.

Un interessante esemplare di grosso massano contraffatto

Ancora più di recente abbiamo preso visione di un grosso massano completamente contraffatto: è molto tosato tanto da registrare un diametro di 17 mm anziché di 20/21 mm e un peso di 0,83 grammi anziché 1,6 grammi. In più è molto abraso e consunto tanto che l’immagine di san Cerbone sul rovescio è quasi illeggibile e nel campo del dritto si distinguono con difficoltà i bracci della croce patente mentre la piccola m gotica nel 4° angolo è abbastanza ben visibile.

Fig. 3a | Dritto della variante A del grosso massano da 20 denari contraffatto
Fig. 3b | Rovescio della variante A del grosso massano da 20 denari contraffatto
D/ + (spronella a 6 punte) DE • MASSA (spronella a 6 punte), come esemplare di Fig. 1. R/ + • S’ • CE RBON’, come esemplare di Fig. 1. Esemplare di Figg. 3a-3b: Ag, circa mm 17, peso g 0,83; collezione privata

Ci siamo chiesti il perché di tanto accanimento verso questa moneta e, dopo un attento confronto con altri grossi del periodo abbiamo maturato una possibile ipotesi. La tipologia monetale che presenta caratteristiche metrologiche simili a quelle della moneta contraffatta in esame è il fiorino grosso da 15 denari (I semestre 1318 – I semestre 1321; Fig. 4).

Quale rapporto con il grosso fiorentino da 15 denari?

Questa moneta fu coniata, come riferisce il Villani, con il guelfo da 30 denari, di lega e valori nominali proporzionalmente migliori del grosso da 6 e di quello da 20 denari, che “poco valea meglio per bontà d’argento”: “[…] poi si disfece quella da venti, non piacendo al popolo, e feciono la buona moneta del guelfo da danari trenta l’una, e quella da quindici danari di buono argento di lega d’once undici e mezzo di fine” (Villani 1857, p. 242).

I grossi da 15 e da 30 denari furono quindi coniati in sostituzione di quelli da 6 e da 20, è pertanto probabile che qualcuno che si trovava in possesso di un esemplare di grosso da 20, quando queste monete, svalutate a più riprese, furono ritirate, abbia provato a riciclarlo come grosso da 15, tosandolo e cercando di renderne poco riconoscibili l’iconografia e l’epigrafia.

Il grosso da 20 così contraffatto, posto in una scarsella con grossi da 15 denari che avevano le sue stesse caratteristiche metrologiche, sarebbe stato meno facilmente individuabile ma, avendo un tenore di argento più basso (otto once), chiunque avesse ricevuto la scarsella con la moneta contraffatta sarebbe stato truffato.

Fig. 4 | Fiorino grosso da 15 denari (MIR-Firenze 52/2, ex asta Varesi)

Bibliografia

  • Finetti 1997: La Zecca e le monete di Perugia nel Medioevo e nel Rinascimento, Perugia.
  • MIR-Firenze = Montagano A., Firenze. Monete Italiane Regionali, Edizioni Numismatica Varesi, 2011.
  • Sozzi 2019a: La zecca e le monete di Massa di Maremma, in Massa di Maremma e la Toscana nel basso Medioevo: zecche, monete ed economia, Atti delle giornate di studio dal titolo Per una storia economica e sociale della Toscana bassomedievale: le monete e le zecche (Massa Marittima, 20-21 ottobre 2017) e Catalogo della mostra Monete e zecche nella Toscana del Trecento (Massa Marittima, Museo di S. Pietro all’Orto, 13 maggio 2017-14 gennaio 2018), a cura di Monica Baldassarri, Firenze, pp. 47-53.
  • Sozzi 2019b: VI. Monete e conii della zecca di Massa di Maremma, 1317-1318, in Massa di Maremma e la Toscana nel basso Medioevo: zecche, monete ed economia, Atti delle giornate di studio dal titolo Per una storia economica e sociale della Toscana bassomedievale: le monete e le zecche (Massa Marittima, 20-21 ottobre 2017) e Catalogo della mostra Monete e zecche nella Toscana del Trecento (Massa Marittima, Museo di S. Pietro all’Orto, 13 maggio 2017-14 gennaio 2018), a cura di Monica Baldassarri, Firenze, pp. 160-167.
  • Sozzi M. 2021: Storie di miniere e metallurgia dell’argento e del rame a Massa di Maremma nei secoli XIII e XIV, in Aspetti di storia della Toscana attraverso monete e medaglie a cura di Massimo Sozzi, Nuova Collana dell’Accademia Italiana di Studi Numismatici, Roseto degli Abruzzi (Teramo), pp. 163-187.
  • Travaini 2002: Quando le monete nascevano a forza di colpi di martello, in Cronaca Numismatica n. 141, pp. 20-26.
  • Travaini 2007: I conii e le zecche, in Conii e scene di coniazione, a cura di Lucia Travaini e Alessia Bolis, Roma, p. 40.
  • Villani G. 1857: Cronica, in Croniche di Giovanni, Matteo e Filippo Villani, Trieste.
  • Villoresi 2020: Un grosso agontano sfregiato della zecca di Massa Marittima, Cronaca Numismatica 26 Maggio 2020, in Cronaca numismatica (clicca qui).