Si stima una consistenza fra 30 e 50 mila follis per il deposito subacqueo di monete romane scoperto da un cittadino e segnalato alle autorità

 

a cura della redazione | Quanto patrimonio archeologico sia ancora da esplorare nel nostro paese, e quanto sia importante il senso civico per poterlo preservare e mettere a disposizione della comunità lo dimostra la recente notizia del ritrovamento di un deposito subacqueo di monete romane nei fondali della Sardegna.

Si parla di un quantitativo di monete fra le 30 mila e le 50 mila, un ritrovamento eccezionale reso possibile grazie ad un privato cittadino appassionato di immersioni che, praticando lo sport oggetto della sua passione, ha notato dei resti metallici a poca profondità, non lontano dalla costa.

Segnalata alle autorità la scoperta, come da obbligo di legge, il Nucleo archeologico subacqueo della SABAS di Sassari e Nuoro, in collaborazione con i Carabinieri del Nucleo TPC e al Nucleo Carabinieri Subacquei della Sardegna, ha messo in atto una sistematica ricognizione nell’area marina interessata.

Una delle immagini di alcuni esemplari del tesoro diramate dal Ministero della Cultura

Durante le immersioni sono state individuate due aree nelle quali erano dispersi migliaia, anzi decine di migliaia di follis, adagiati su un banco di sabbia situato tra la spiaggia e la prateria di Posidonia, dove forse si trovano anche i resti della nave che trasportava il tesoro.

Ciò che rende straordinario questo deposito subacqueo di monete romane è lo stato di conservazione delle monete. L’arco cronologico di coniazione delle monete spazia dal 324 (regno di Licinio) al 340 dopo Cristo. Una datazione confermata dalla presenza di monete del periodo di Costantino il Grande e di altre di membri della sua famiglia.

C’è poi un altro elemento, l’assenza nel deposito subacqueo di monete romane di centennionali, una tipologia coniata a partire dall’anno 346, a limitare il periodo di possibile inabissamento delle monete. Le decine di migliaia di follis emersi dai fondali di Posidonia, in Sardegna, provengono da quasi tutte le zecche dell’Impero romano operative in quel periodo, fatta eccezione per alcune come Antiochia, Alessandria e Cartagine.

Il professor Luigi La Rocca, direttore generale della SABAP (le soprintendenze per l’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio) ha dichiarato che la recente scoperta “rappresenta uno dei ritrovamenti numismatici più importanti degli ultimi anni” ponendo l’accento sull’importanza di proteggere questo fragile patrimonio minacciato da fenomeni naturali e, purtroppo, anche da azioni umane.

Gli “archeo subacquei” al lavoro per il recupero delle monete dai fondali di Posidonia

Gli archeologi del Ministero della Cultura impiegheranno “metodologie e tecniche avanzate di recupero e conservazione” per preservare e studiare il ricchissimo deposito subacqueo di monete romane e i suoi contenuti. E sicuramente emergeranno dati scientifici di enorme interesse sia per la storia della Sardegna che per quella della circolazione monetaria.

Un risultato è tuttavia già da sottolinere, oltre all’importanza storica, archeologica e numismatica del rinvenimento al largo di Posidonia: è l’esempio dato dal cittadino – si chiama Davide Azara e merita una menzione – che, imbattendosi in questo autentico tesoro, ha “semplicemente” fatto il proprio dovere segnalandolo alle autorità.

Il video sul deposito subacqueo di monete romane pubblicato da ArcheoReporter

Alla domanda “Come si è comportato dopo essersi reso conto di cosa fosse quella massa metallica?” ha risposto: “Tanto per cominciare ho osservato con cura la massa delle monete, era grande circa un metro per settanta centimetri. Poi, ho lasciato lì una mia cavigliera di piombo, quindi ho sistemato delle pietre in modo da non perdere di vista il punto. Infine, sono uscito dall’acqua e ho chiamato il sindaco di Arzachena e i carabinieri di Porto Cervo. Successivamente sono stato contattato dalla Soprintendenza”. Chapeau!