Una grande rarità papale risalente ai tempi del Sacco di Roma effigia un angelo liberatore come artefice del “rifugio” del papa ad Orvieto
di Roberto Ganganelli | Nell’asta Nac 90 del 2016, al lotto 619, come uno degli esemplari più interessanti nella monetazione dei papi venne proposto un quarto di ducato in argento, al peso di g 8,80, per Clemente VII (Giulio de’ Medici, 1523-1534).
La moneta riporta al dritto l’iscrizione CLEMENS VII PONTIFEX MAX attorno a l busto barbuto del papa a sinistra con camauro. Al rovescio si legge invece MISIT D ANG SVVM ET LIBERAV ME e si vede san Pietro liberato da un angelo (Muntoni 29 var. 1).
Scrive il catalogo di vendita: “Questa eccezionale rarità, mancante nelle più importanti collezioni, è anche un documento dell’epoca di rilevante importanza storica, poiché ricorda la fuga del papa ad Orvieto la notte dell’8 dicembre 1527 da Castel Sant’Angelo, nel quale era assediato dal 6 maggio, giorno in cui iniziò il terribile sacco della città.
L’allegoria dell’angelo che trae dalla prigione San Pietro, che vi è rappresentata al rovescio e la relativa legenda, sono un chiaro riferimento a quel tragico episodio. Non abbiamo documentazione che ci possa informare quando venne data disposizione alla zecca di battere questa moneta, né sull’effettivo luogo della sua coniazione, con tutta probabilità Roma, né, tanto meno, sul nome dell’incisore dei coni, che il Martinori riteneva non molto abile.
‘Il disegno e l’esecuzione di questa moneta denotano una vera deficienza artistica e, tenuto conto dell’epoca, rilevano una cussione straordinaria, e non stentiamo a credere che la moneta sia stata battuta in Roma od anche in Orvieto, non appena il pontefice poté riacquistare la sua libertà, da qualche ignoto incisore improvvisato ed inesperto’.
In effetti, la rappresentazione del busto di Clemente VII è estremamente essenziale e schematica, con sulle spalle una semplice mantella con cappuccio e con il volto dall’espressione dura e risoluta, ricoperto da barba non molto lunga, a conferma che la moneta venne coniata dopo l’assedio e con il camauro, copricapo indossato dai pontefici per ripararsi dai freddi invernali”.
Una moneta, come spesso accade, dalla doppia possibilità di lettura: da una parte essa può esser vista come celebrazione di uno scampato pericolo per il papa grazie al volere divino; dall’altra, invece, un angelo liberatore può apparire come un alibi per una fuga non proprio gloriosa dalla capitale della Cristianità.
Nota nelle varianti MISIT D ANG SVVM ET LI, MISIT D ANG SVVM ET LIB e MISIT D ANG SVVM ET LIBERAV ME, la frase latina al rovescio è tratta dagli Atti degli Apostoli (12, 11) dove si legge “Misit Dominus angelum suum et liberavit me de manu Herodis” (“Il Signore mandò il suo angelo e mi liberò dalla mano di Erode”).
Oltre che sul quarto di ducato, la stessa frase si ritrova anche su un giulio sempre di Clemente VII Medici, mentre su ulteriori monete (giulio e doppio ducato) dello stesso pontefice si trova MISIT DOMINVS ANGELVM SVVM variamente abbreviato, riferito allo stesso episodio evangelico.