Dalla “serie di viaggio” dell’imperatore un sesterzio dedicato alla Dacia, alle sue ricchezze e alle sue tribù: una provincia di confine e di grande importanza
di Roberto Ganganelli | C’è un meraviglioso sesterzio facente parte della famosa “serie di viaggio” coniata alla fine del regno di Adriano, nel periodo tra il 134 e il 138. Una serie di monete in cui l’imperatore fa effigiare personificazioni di province, il suo arrivo nelle varie regioni (adventus), lo stesso imperatore che si rivolge agli eserciti provinciali (adlocutio) e, infine, la figura imperiale come quella di colui che, con la sua opera, risolleva i territori di cui si prende cura (restitutor).
La serie numismatica “commemorava” dei viaggi di Adriano in tutto l’Impero, e delle misure adottate per lo sviluppo dei diversi territori rappresenta – dati i profondi interessi letterari e storici di Adriano – una deliberata imitatio numismatica delle famose res gestae di Augusto, in cui il primo imperatore aveva dato un resoconto scritto della sua vita e realizzazioni.
Adriano, in viaggio per conoscere e per consolidare l’Impero
Adriano amava viaggiare e trascorse periodi considerevoli del suo lungo regno visitando e riorganizzando le varie province dell’Impero. Se questi viaggi riflettevano indubbiamente gli interessi personali di Adriano, storicamente segnarono una fase di consolidamento nello sviluppo del potere imperiale ponendo fine, in linea di massima, alla sua ultima fase di espansione che aveva contemplato l’annessione di Britannia, Dacia, dell’Armenia e di parti del Arabia e perfino della remota Mesopotamia.
Nelle province del Danubio, in particolare la Dacia, ricca di risorse naturali e capace di provvedersi in proprio del cospicuo quantitativo di truppe necessarie per proteggere la sua posizione strategica, Adriano era già stato prima di salire al trono imperiale.
Egli, infatti, conosceva la regione per esperienza personale, poiché aveva servito sia come legato della Legio I Minerva nella seconda guerra dacica di Traiano nel 105-106 sia come governatore della provincia di Pannonia Inferioris nel 106-108.
La sua ponderata riorganizzazione diede luogo ad una strategica ritirata verso il basso Danubio per liberare forze e dal logo alla costruzione di una nuova rete di capisaldi e insediamenti civili in tutta la provincia della Dacia. Che queste misure abbiano successo è dimostrato dal periodo di stabilità di circa cinquant’anni che seguì, un risultato notevole in una regione che sarebbe poi diventata la frontiera più a rischio dell’intero Impero.
Adriano visitò le province danubiane una seconda volta subito dopo l’anno 120, prima di partire per Britannia. La Dacia sarebbe rimasta una provincia romana per oltre un secolo, anche se gradualmente indebolita per la sua remota posizione e la forte pressione barbarica al culmine della crisi del III secolo, e infine sarebbe stata abbandonata da Aureliano.
Il sesterzio per la Dacia, un capolavoro numismatico
Nella serie di monete “di viaggio” dell’imperatore Adriano spicca un rarissimo sesterzio battuto in oricalco su cui appare quella che probabilmente è la più bella e dettagliata rappresentazione della Dacia che si conosca in moneta.
Coniato dalla zecca di Roma, diametro 32 millimetri per circa 31 grammi di peso, questo sesterzio al dritto reca la legenda HADRIANVS . AVG COS III P P attorno ad un raffinato busto laureato e drappeggiato di Adriano a sinistra.
Al rovescio le iscrizioni DACIA e S – C, nel campo la personificazione della Dacia, vestita di tunica e mantello, seduta a sinistra su roccia, con le gambe incrociate e che poggia il piede destro su globo, mentre tiene nella mano destra un’aquila e nella sinistra un spada ricurva (BMC 1740, Cohen 530, RIC 849).
L’aquila, la spada, le rocce: simboli parlanti
Come per tutte le personificazioni di province o città, anche gli attributi della Dacia si riferiscono alle caratteristiche proprie del territorio: l’aquila simboleggia la recente conquista da parte dell’esercito romano, mentre la sua spada ricurva (la falx dacica, una sorta di falce) era l’arma caratteristica delle tribù dei Daci.
Si trattava di una temibile arma da taglio usata per perforare gli scudi e penetrare le armature degli avversari, temuta a tal punto da portare al rafforzamento degli elmi dei legionari romani con nuove placche di metallo, proprio nel corso delle guerre daciche condotte dall’imperatore Traiano.
La roccia su cui siede la Dacia, invece, è un riferimento alla catena montuosa dei Carpazi e alla ricchezza di risorse naturali come sale, ferro, rame, argento e, soprattutto, oro.
Tutte materie prime altamente strategiche per l’Impero romano che, evidentemente, rendevano questa provincia ancor più attraente sia per il “viaggiatore” Adriano che, più in generale, per il potere di Roma.