Coniato nell’84 a.C., questo inedito sesterzio a nome di C. Licinius L. f. Macer ha suscitato scalpore alla sua apparizione sul mercato numismatico

 

a cura della redazione | Circa un anno fa passava sul mercato una moneta di Roma repubblicana del tutto eccezionale, il sesterzio in argento dell’84 a.C. (mm 12, g 0,87) a nome di C. Licinius L. f. Macer, un tipo unico nel suo genere e di cui vale la pena raccontare la storia. A metterla in asta, la ditta britannica Roma Numismatics Ltd. il 29 ottobre 2020, nella sua asta n. 20, al lotto 416. Da una base di 9000 sterline, la moneta ne ha realizzate alla fine ben 15.000 a motivo della sua unicità.

Al dritto, la moneta reca una testa maschile gallica barbuta a destra, con capelli arruffati e baffi prominenti, trafitta (o  sovrapposta) a un dardo (o ad una lancia ritualmente piegata?); al rovescio è raffigurato invece uno stendardo legionario con terminale a forma di cinghiale verso destra; l’iscrizione barrata IIS (il segno di valore) si trova a destra; C. LIC-INI. L F MA-CER è infine scritto in due righe in esergo.

Il sesterzio d'argento dell'84. a.C., unico esemplare noto di questo tipo, passato in asta nel 2020
Il sesterzio d’argento dell’84. a.C., unico esemplare noto di questo tipo, passato in asta nel 2020

Inedita al Crawford, al Sydenham, al BMCRR e a tutti gli altri testi del settore, era giudicata dagli estensori come “unica e di notevole importanza numismatica”. Appartenuta alla Long Valley Collection, la moneta era stata acquisita in precedenza da Roma Numismatics Ltd. e proveniva da Artemide Aste, “con dettagliato report di analisi XRF sia del metallo che dei prodotti di corrosione che dimostra la perfetta coerenza con le monete dell’epoca”.

Lo storico Tito Livio, fiero avversario di C. Licinius L. f. Macer, il cui nome appare sul sesterzio
Lo storico Tito Livio, fiero avversario di C. Licinius L. f. Macer, il cui nome appare sul sesterzio

Ma perché tante indagini su questo esemplare? Intanto perchè il C. Licinius Macer responsabile dell’emissione di questo sesterzio d’argento è da identificare con lo storico e annalista più volte citato da Tito Livio: uno dei tresviri monetales con C. Cassius e L. Salinator nell’84 a.C.; tribuno nel 73 a.C.; pretore nel 68 a.C.; messo sotto accusa per estorsione da Cicerone nel 66 a.C., si tolse la vita per evitare la pubblica vergogna. Macer è noto per aver scritto una storia di Roma in sedici libri, ora perduti, che lo stesso Tito Livio consultò pur mettendone in dubbio l’affidabilità, suggerendo l’autore aveva travisato gli eventi per glorificare i i propri antenati.

Il sistema della moneta repubblicana venne formalizzato dalla Lex Clodia, promulgata nel 101 a.C. circa, e dalla Lex Papiria nel di circa un decennio dopo, anche se, come spesso accade, le date di queste leggi sono dedotte ma per nulla certe. La Lex Clodia legalizzò le emissioni esistenti di vittoriati mentre il motivo della Lex Papiria fu di autorizzare l’emissione di denominazioni in bronzo su uno standard molto ridotto.

Al peso quasi pari alla metà dei bronzi preesistenti, le nuove monete recavano di conseguenza la legenda L.P.D.A.P. (lege Papiria de assis/aeris pondere), identificandoli chiaramente come moneta a corso corretto e legale sotto l’autorità della Lex Papiria. Contemporaneamente si compiva la rinascita del sesterzio, che non veniva coniato da oltre un secolo; dato il periodo di tempo durante il quale questa denominazione era stata abbandonata, Crawford sostiene che un’apposita legge potrebbe essere stata necessaria per assicurarne la rinascita e l’accettazione.

Non stupisce quindi che la Lex Papiria sestertii emanata sotto D. Silanus e L. Piso Frugi riporti anche la formula E.L.P. (e lege Papiria). Crawford sostiene inoltre ragionevolmente che “la Lex Papiria potrebbe essere stata ritenuta valida a fornire l’autorizzazione all’emissione del sesterzio d’argento fino alla fine della Repubblica”. Anche se la quantità di sesterzi d’argento coniati negli anni Quaranta del I secolo a.C. non fa menzione esplicita della legge, come nel caso della moneta qui presentata.

Il rovescio con il segno di valofe della IIS barrata e l'insegna legionaria con all'estremità un cinghiale; in esergo il nome del magistrato
Il rovescio con il segno di valofe della IIS barrata e l’insegna legionaria con all’estremità un cinghiale; in esergo il nome del magistrato

L’indicazione di valore del sesterzio sulle prime monete d’argento romane era comunemente resa con la sigla IIS (due assi e un semisse = due assi e mezzo = un quarto di denario).

Così, quando il denaro fu rivalutato a 16 assi, il sesterzio fu rivalutato a 4 assi. È facile intuire che, abbandonata la formula E.L.P., la denominazione doveva essere resa in forma chiara: quindi che l’uso di IIS (barrato in orizzontale) è quello di denotare un valore di 4 assi, non di 2,5 assi (indicato con IIS).

La notazione IIS barrata è attestata come di uso comune in epoca romana, di certo nel 79 d.C. se non prima. Per un esempio, su un graffito di Pompei, in cui si offre una ricompensa per un articolo perduto, si legge: “Una pentola di rame è stata presa da questa bottega. Chi la riporterà riceverà 65 sesterzi. Se qualcuno consegnerà il ladro [il resto dell’iscrizione è illeggibile]” e la notazione del sesterzio con la barra orizzontale è chiara.

Al dritto del sesterzio d'argento, un profilo di guerriero gallico la cui testa è trafitta (?) da un'arma appuntita e ripiegata
Al dritto del sesterzio d’argento, un profilo di guerriero gallico la cui testa è trafitta (?) da un’arma appuntita e ripiegata

Molto interessante, inoltre, l’iconografia. Che il dritto sia anepigrafe non è insolito, così come lo erano i sesterzi di L. Calpurnius Piso Frugi nel 90 a.C. Che il tipo sembri essere la testa di un guerriero gallico trafitta da una lancia o da un’arma appuntita è piuttosto sorprendente.

Soltanto due altri denari, a nome di M. Sergius Silus e di L. Titurius Sabinus, infatti recano immagini altrettanto raccapriccianti: il primo raffigurante un cavaliere romano che solleva una testa mozzata, e il secondo che ci mostra la sfortunata Tarpeia schiacciata a morte dai soldati sabini (leggi qui per saperne di più).

Forse l’intento era quello di raffigurare l’arma in secondo piano dietro la testa, piuttosto che attraverso di essa. In questo caso c’è la possibilità che l’immagine sia collegata alle pratiche celtiche di piegare ritualmente le armi prima di depositarle nelle tombe o come ex voto nei santuari. In ogni caso la testa del guerriero gallico e lo stendardo legionario sul verso, appaiono uno dei tanti riferimenti, velati o espliciti, alle gesta degli antenati dello sfortunato magistrato monetale C. Licinius L. f. Macer.