Due vittorie nella Guerra contro i Turchi, aquile araldiche e propaganda sulle prime oselle emesse a nome del doge Silvestro Valier
di Roberto Ganganelli | Silvestro Valier (1630-1700), interessante personaggio nella storia veneziana del XVIII secolo, era figlio del doge Bertuccio, non è certo tra i massimi magistrati della Serenissima quello più noto e celebrato.
Tuttavia, la sua figura ci appare intrigante dal momento che il denaro, la ricchezza, la disponibilità economica rappresentano le chiavi fondamentali con cui questo personaggio riesce a farsi strada e ad entrare nella storia.
Nel 1648, infatti, Silvestro sposa la ricchissima Elisabetta Querini Stampalia che porta in dote la bellezza di 45.000 ducati d’oro; l’anno seguente, 25.000 ducati della dote servono al giovanissimo Valier a comprarsi la sua prima carica pubblica, quella di procuratore di San Marco, di solito attribuita per meriti e in età più avanzata rispetto ai diciannove anni.
Meriti, dunque, anche della facoltosa coniuge che nel 1694 il Valier fa incoronare dogaressa, anche se questa cerimonia era di fatto stata proibita già da mezzo secolo. E a quello stesso anno risale una “medaglia osella” con il ritratto di Elisabetta e quella legenda MVNVS ELISABETH QVIRINÆ VALERIÆ DVCISSÆ VENETIAR che tanto ha fatto discutere i numismatici e che, c’è da crederlo, all’epoca fece storcere il naso a più di un aristocratico della Laguna.
Nel suo primo anno di dogato, Silvestro Valier fa invece coniare un’osella vera e propria nella quale, confermando la sua attenzione al potere della propaganda, egli si cinge simbolicamente e concretamente degli allori di due vittorie – che si riveleranno peraltro effimere – conquistate dalle armi di Venezia in Dalmazia e nell’Egeo, ossia la presa di Narenta e quella dell’isola di Chio.
Sulla bella moneta donativo, al rovescio troviamo un’aquila coronata con il corno dogale e nel becco un nastro con la scritta BONI EVENTVS (“Favorevoli eventi”); in basso il mare, con al centro un’isola e a destra la terraferma. In basso nel giro CHIOS NAR (“Chio [e] Narenta”) e ai lati TERRA MARIQVE (“Per terra e per mare”).
“Favorevoli eventi per terra e per mare”, dunque, quelli di Chio e Narenta, al punto che sulle raffigurazioni dei due territori spuntano due rigogliose piante d’alloro, evidenti simboli di vittoria. Una vittoria che il Valier fa propria – oltre che della Serenissima Repubblica, va da sé… – imponendo all’incisore dei coni di collocare quell’aquila (simbolo araldico della famiglia Valier) in alto nella composizione, con tanto di corno.
Aquila che raddoppia, addirittura, sull’osella dell’anno II dove due rapaci, entrambi col corno dogale, volano verso il sole al motto di EXEMPLO MONSTRANTE VIAM (“Mostrando la via con l’esempio”).
L’allegoria si riferisce ai due dogi Valier, padre e figlio, e con questa moneta Silvestro esprime la sua gratitudine verso l’illustre genitore che, con il suo esempio, gli ha permesso di seguire le sue orme e di ricoprire a sua volta la massima carica della Serenissima Repubblica.
Non si pensi tuttavia che il doge Silvestro Valier sia stato solo un accorto, rampante politico abile nella propaganda: in vita fu anche molto generoso come lo fu anche post mortem. Nel suo testamento autografo del 1696, con legati e donazioni, beneficò infatti istituzioni ecclesiastiche e caritative, e particolarmente gli strati più poveri della popolazione veneziana.
È sepolto nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, in un’arca monumentale che aveva voluto far erigere, decorata dalla propria effigie in marmo insieme con quella della dogaressa Elisabetta, morta nel 1709, e del padre Bertuccio che tanto fecero per lui da meritarsi ciascuno un’osella ad personam…