Quali ruoli ebbe il denaro nella vita dei soldati al fronte durante la Grande Guerra? E quali reperti legano la numismatica a quegli eventi storici?

 

nota della redazione | Dopo la pausa estiva riprendiamo, con questo contributo, la pubblicazione degli estratti dalle tesi di laurea in numismatica che hanno partecipato alla terza edizione del Premio “Pro Mario Traina” organizzato dall’Accademia italiana di studi numismatici. Autore di questo contributo è il dottor Elia Pampanin, vincitore del premio.
Nato nel 1993 in Germania, ma cresciuto a Zoppè di Cadore, in provincia di Belluno, dopo la maturità al Liceo classico “Tiziano” ha studiato all’Università degli Studi di Trieste, conseguendo la laurea triennale in Storia e filosofia nel 2016 e la magistrale in Storia contemporanea nel 2019. in entrambi i casi ha proposto tesi riguardanti la numismatica e la Prima guerra mondiale. Vive a Trieste dove svolge la professione di insegnante ed è consigliere  comunale a Zoppè di Cadore.

di Elia Pampanin | La vita del militare nelle trincee della Grande Guerra è un aspetto storico che nel corso degli ultimi decenni è stato indagato a fondo. Tuttavia, proprio negli ultimissimi anni, si sta diffondendo in Europa una disciplina sviluppatasi negli USA che sta contribuendo a fornire nuove informazioni. Si tratta della Battlefield Archaeology (o Conflict Archaeology) [1], branca dell’archeologia post-medievale, che fa dei contesti bellici il suo obiettivo di ricerca.

Anche in Italia questo tipo di approccio archeologico viene applicato con successo, principalmenteai contesti della Prima Guerra Mondiale, e sta conoscendo un discreto sviluppo, anche se non sempre accompagnato dal giusto riconoscimento legislativo e da una consapevolezza etica da parte di una consistente fetta della popolazione [2]. Durante queste indagini archeologiche viene sempre proposto un approccio multidisciplinare e accanto alla storia, alla biologia, alla medicina e alla geologia, anche la numismatica riveste un ruolo.

Un esperimento di archeologia dei campi di battaglia

Le moneti sono spesso reperti piuttosto comuni nei campi di battaglia, essendo oggetti che accompagnavano i militari nella quotidianità. Vista la quasi totale assenza di bibliografia, si è proposta una campionatura delle monete effettivamente rinvenute nei campi di battaglia della Grande Guerra tra Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Trentino-Alto Adige.

Date le caratteristiche intrinseche del contesto esaminato, consistente in una linea del Fronte della lunghezza di più di 700 km, con una eterogeneità marcata al suo interno, è risultato ovviamente impossibile cercare di dare una visione completa e totalmente esauriente rispetto ai rinvenimenti. Quello che si è voluto compiere, quindi, è stato un lavoro a campione tra le collezioni dei principali siti museali, delle mostre e delle raccolte private [3].

I dati su cui si è lavorato sono stati ricavati grazie al confronto diretto con coloro che hanno compiuto in prima persona le indagini sul territorio. Si tratta pertanto esclusivamente di dati indiretti, ma non per questo non affidabili, vista la grande competenza e passione che contraddistingue i soggetti interpellati. Seguendo questa impostazione si è tratteggiato un profilo delle tipologie di rinvenimenti numismatici caratterizzanti il Fronte Italo-Austriaco tra il 1915 e il 1918 che ha permesso di evidenziare dati di generale applicabilità al contesto studiato e che hanno reso evidente l’utilità di un approccio archeologico rigoroso alle vestigia della Grande Guerra.

Raccolta, campionatura e studio dei reperti numismatici

Nel complesso il lavoro svolto ha campionato un totale di 522 monete, delle quali 229 sono state sottoposte ad esame autoptico, mentre 293 sono state analizzate indirettamente. Rispetto alle monete studiate in maniera puntuale è interessante evidenziare taluni dati statistici che, pur ammettendo l’esiguità del materiale considerato, possono fornire un significativo sguardo d’insieme.

In primis è stata considerata la provenienza delle monete. Come era prevedibile, la maggioranza di esse è stata coniata dalle zecche italiane o austro-ungheresi: rispettivamente il 51% e il 35% sulla totalità. Tuttavia si registrano anche alcune monete coniate in altri Stati (20 monete in totale, corrispondenti al 9% del totale) che testimoniano in maniera esplicita il coinvolgimento diretto o indiretto di Paesi quali la Francia, la Germania, la Russia e la Serbia.

La seconda fondamentale caratteristica numismatica da considerare è stato il metallo di cui le monete sono composte. La pressoché totalità dei rinvenimenti, infatti, è in questo senso ascrivibile alla moneta spicciola, coniata in rame, nichel o ferro [4]. Solamente 19 esemplari, invece, risultano coniati in metallo nobile, in particolare in argento.

Questi dati ci permettono di comprendere come la moneta circolante al fronte fosse quasi solo moneta di basso valore, con cui i militari venivano pagati. In seconda battuta queste monete testimoniano anche le ovvie operazioni di ripulitura dei campi di battaglia ad opera di soldati e deirecuperanti [5]. Un discorso a parte va inoltre fatto considerando 12 monete particolari,  fuori corso, coniate prima dello scoppio del conflitto, che tuttavia possono essere considerate come ancora circolanti negli anni della Grande Guerra [6].

Oltre a questi dati oggettivi, a completare la visione sulle monete rinvenute nelle trincee, sono stati considerati altri due aspetti. Il primo è il luogo di rinvenimento delle stesse. In questo senso si rileva come in alcuni contesti, come il Fronte carsico, l’Alto Isonzo oppure l’Altopiano di Asiago, zone ad alta intensità di combattimento, le monete vengano rinvenute a ridosso delle prime linee. Al contrario, in zone come il fronte dolomitico, la zona carnica o il Basso Trentino, ove gli scontri ebbero minor forza, le monete vengono rinvenute solitamente lontano dalle prime linee, nei luoghi di baraccamento e nelle immediate retrovie.

Piccolissimi gruzzoli, esemplari singoli, altri rinvenimenti

Questa considerazione ha una motivazione concreta nel fatto che le monete ritrovate sono nella totalità frutto di smarrimenti casuali, dovuti alle più diverse circostanze, tra cui ovviamente la morte del loro possessore e la dispersione delle stesse nel territorio. Questo ragionamento conduce alla seconda caratteristica generale: le monete vengono ritrovate quasi sempre in piccolissimi gruzzoli, composti da due o tre esemplari, e solo in circostanze eccezionali in tesoretti più consistenti.

Fig.1a | Primo portafogli rinvenuto nei pressi di Cortina d’Ampezzo

A tale proposito si possono citare due portafogli rinvenuti integri nel loro contenuto nei pressi del Passo di Valparola (Fig. 1a e 1b) e un salvadanaio (Fig. 2a e 2b), ricavato da una scatoletta di carne, dotato di un sistema anti-intrusione grazie a delle lamine interne, rinvenuto comunque ‘scassinato’ sul Monte Lagazuoi (BL).

Fig.1b | Secondo portafogli rinvenuto nei pressi di Cortina d’Ampezzo

Oltre a questi dati materiali, lo studio riguardante le monete ritrovate nelle trincee della Grande Guerra ha permesso di evidenziare alcuni elementi strutturali della vita al Fronte. In prima battuta possiamo affermare, sostenuti anche le fonti documentali scritte, quali lettere e diari personali dei militari, che le monete e i portafogli fossero parte integrante e importante del corredo del militare.

La presenza di moneta al Fronte, quindi, non viene messa in discussione. Tuttavia, si è ricostruito come, in tale estremo contesto, la moneta stessa perdesse spesso il proprio valore usuale, dando vita a fenomeni di de-monetizzazione della stessa. La moneta non viene più considerata come misura del valore o come unità di conto, e solo raramente come riserva del valore, nel momento in cui veniva risparmiata.

Fig. 2a | Salvadanaio rinvenuto nei pressi del Monte Lagazuoi

La trincea diviene perciò un contesto dove la presenza di moneta sembra superflua ed inutile. Tale situazione viene descritta alla perfezione dai combattenti stessi, che affermano: “[…] qui al denaro non si deve dare valore alcuno”; “In guerra, si disprezza il denaro. […] Non si sa nemmeno come spendere la cinquina”; “[…] qui in trincea non mi fo bisogno di denari”.

Fig. 2b | Il contenuto del salvadanaio rinvenuto nei pressi del Monte Lagazuoi

La prima citazione è datata 9 ottobre 1915 ed è tratta dal diario di guerra di Enrico Morali, ufficiale di complemento della Brigata Toscana decorato al valor militare con la medaglia dell’Ordine Militare di Savoia. La seconda è stata scritta invece da Benito Mussolini nel suo Diario di Guerra alla data 15 ottobre 1915. La terza proviene da una lettera (datata 6 settembre 1915) indirizzata alla moglie dal fante Faustino Pinelli che contestualmente le rispedisce a casa 10 lire inviategli con la precedente missiva.

Monete a valore affettivo, scaramantiche e portafortuna

Da questo punto di partenza, possiamo tuttavia senza dubbio affermare che la moneta si trasforma in uno strumento particolare, assumendo ad esempio i connotati di oggetto scaramantico. Questo soprattutto se essa era particolare, magari fuori corso o legata ad una precisa vicenda personale del soldato. La scaramanzia, la fortuna ma anche il contatto con la famiglia che tali monete potevano consentire erano per il fante di vitale importanza [7].

Fig. 3 – Moneta da 10 centesimi coniata nel 1866 dalla zecca di Milano per Vittorio Emanuele II, rinvenuta sul fronte dolomitico: dotata di un forellino e usata come pendente

In questi casi la moneta poteva essere infatti conservata e dotata di un piccolo forellino, che ne consentiva l’utilizzo, per esempio, come pendente di una collana (Fig. 3). In tale ottica proponiamo una foto di un rinvenimento molto particolare ritrovato sul Col dala Roda (BL): una gavetta italiana con un centesimo tedesco saldato su un fianco (Fig. 4). Questa monetina viene a volte ricordata come Glückspfennig (“centesimo della fortuna”).

Fig. 4 | Gavetta italiana con moneta da un centesimo tedesco (coniata nel 1914 dalla zecca di Berlino) saldato su un lato e tenuto fermo da un anellino

Non è raro inoltre che la moneta diventasse un oggetto per il divertimento e lo svago. Ecco quindi che comuni sono i ritrovamenti di monete forate perchè utilizzate come bersaglio per il tiro a segno (Fig. 5a e 5b). In altri casi la moneta poteva assumere inoltre i contorni di strumento di sopravvivenza indiretto, ma comunque decisivo.

Fig. 5a | Moneta da 5 centesimi coniata nel 1862 dalla zecca di Napoli per Vittorio Emanuele II, rinvenuta sul fronte dolomitico: presenta il foro di un proiettile

La letteratura riporta in proposito alcuni esempi estremi di militari che trovarono nel portafogli e nelle monete un insperato e decisivo scudo contro i proiettili nemici. L’archeologia ci ha anch’essa consegnato un reperto davvero unico in questo senso (Fig. 6): una siringa per il primo soccorso il cui stantuffo è costituito da due monete da 1 heller fissate con stagno eun fondello di razzo da segnalazione.

Fig. 5b | Moneta da 10 centesimi coniata nel 1893 dalla zecca di Birmingham per Umberto I, rinvenuta sul Fronte Dolomitico: onservata assieme ad un proiettile di fucile

Lo studio condotto ha permesso di proporre la definizione di “economia di trincea”, contesto economico peculiare che riunisce al suo interno consuetudini e aspetti della vita quotidiana dei soldati al Fronte, dal punto di vista di transazioni, scambi e altre consuetudini. Si tratta di un insieme di aspetti che spontaneamente sorgevano nella situazione di estremo pericolo, strutturato in ogni momento secondo le esigenze personali dei singoli individui: ovvero il tentativo estremo di sopravvivenza.

Fig. 6 | Siringa “artigianale” da pronto soccorso rinveuta presso il Monte Piana: lo stantuffo è ingegnosamente ralizzato con due monete da 1 heller (data e zecca illeggibili)

Un contesto, quello dell’economia di trincea, dove ovviamente spariscono i caratteri di “normalità” e dove lo scambio economico avviene tramite il baratto, dove la possibilità di erogare piccoli servizi o poter mettere a disposizione direttamente il bene richiesto era di maggiore importanza rispetto al possesso di denaro. Una situazione in cui la moneta perde le sue funzioni primarie e viene utilizzata in maniera piuttosto strana. Un insieme di regole dove la carità, l’amicizia e il rispetto reciproco assumono importanza da non sottovalutare, come testimoniano gli scambi di beni anche tra schieramenti nemici.

 

Note al testo

[1] La duplice definizione deriva dagli sviluppi interni alla stessa disciplina: inizialmente definita archeologia dei campi di battaglia, si è poi andata ad espandere fino a coinvolgere, partendo dalle evidenze archeologiche, il contesto generale che concerne lo scontro armato.

[2] Si vuole in questo modo, stigmatizzare comportamenti che portano molti soggetti a compiere autonomamente, in modo del tutto errato e a volte anche dannoso, ricerche nei luoghi della Grande Guerra per scopi negativi, quali la rivendita di beni archeologici.

[3] La ricerca ha esaminato le collezioni numismatiche dei seguenti musei e mostre: Museo della Grande Guerra di Gorizia (GO), Museo della Battaglia di Vittorio Veneto (TV), Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto (TN), Museo Storico della Grande Guerra di Cima Grappa (TV), KobariškiMuzej (Museo di Caporetto, SLO), Museum 1915-1918 (Kötschach-Mauthen, AUT), museo La zona Carnia nella Grande Guerra di Timau (Paluzza, UD), Museo della Grande Guerra Forte Tre Sassi (Passo di Valparola, BL), Museo della vita del soldato nella Grande Guerra (Recoaro Terme, VI), Museo storico della Guerra 1915-1918 (Canove di Roana, VI), Museo Battaglia dei Tre Monti (Sasso di Asiago, VI), mostra della Grande Guerra in Valsugana e Lagorai (Borgo Valsugana, TN)  mostra Forni Avoltri nella Grande Guerra (UD),  mostra Ricordi della Grande Guerra a San Martino del Carso (GO). Il quadro è stato completato da tre collezioni private di ricercatori che indagano nelle zone delle Dolomiti bellunesi e del Monte Piana (BL).

[4] Nel dettaglio sono 159 le monete in rame (70% del totale), 46 quelle in nichel (20% del totale) e 5 quelle in ferro (2% del totale), per un complesso di 210 su 229.

[5] Sia durante gli anni di guerra, sia dopo la fine del conflitto, i teatri della Grande Guerra sono stati sottoposti a sistematico spoglio. Durante i combattimenti infatti venivano effettuate operazioni di recupero dei cadaveri dei loro effetti personali. Dopo il 1918, invece, spesso gli abitanti dei territori limitrofi al Fronte, trovavano di che sopravvivere grazie al recupero e alla rivendita di materiali bellici. Sono proprio questi ultimi coloro che sono definiti “recuperanti”.

[6] È necessario, infatti, sottolineare come spesso nelle collezioni esaminate fossero presenti monete che non hanno un rapportodiretto con la Grande Guerra, se non la caratteristica di essere state rinvenute nei medesimi luoghi solo per il motivo di essere state smarrite proprioin queste zone, ma in diversi momenti storici. Queste monete infatti sonostate coniate decenni prima rispetto allo scoppio della Prima Guerra Mondiale,oppure addirittura sono risalenti a dopo il 1918. La loro presenza all’internodelle collezioni è anche una testimonianza di come le ricerche e gli studi sul materiale numismatico a volte non vengano effettuati, in questi contesti, in maniera rigorosa e sistematica.

[7] Oltre alle monete i portafogli infatti conservavano foto, santini o medagliette votive, rinvenimenti comuni tanto quanto le monete nei contesti della Grande Guerra.