In un caso con la bilancia, in un altro bendata e con le mani mozzate: quali messaggi dietro Giustizia coniata sulle monete donativo del 1770 e 1771?

 

di Roberto Ganganelli | Da tempo immemorabile o quasi siamo abituati a pensare alla personificazione della Giustizia come donna che sorregge una bilancia in perfetto equilibrio; gli appassionati di numismatica la ricordano effigiata su alcune monete con un altro attributo, la spada; i più esperti di coniazioni antiche, ad esempio romane, sanno infine che è stata anche raffigurata con in mano uno scettro e un rametto d’alloro oppure una patera.

Nella monetazione veneziana del XVIII secolo, tuttavia, appare una Giustizia inconsueta e, per certi versi, perfino inquietante: si tratta di quella ritratta sulle oselle del 1771 coniate a nome di Alvise IV Mocenigo, 118° doge della Serenissima Repubblica. Una Giustizia che ne segue un’altra, quella che appare, in compagnia della Saggezza, sull’osella del 1770. Ma andiamo con ordine.

Alvise IV Mocenigo (1701-1778, sul trono dal 1763) fu il settimo e ultimo rappresentante della sua casata ad essere eletto alla massima magistratura veneziana.

In politica estera negoziò accordi con Tripoli, Tunisi, il Marocco e Algeri per proteggere le navi veneziane dalle scorrerie dei barbareschi, inviò legazioni in Danimarca e Russia per accrescere gli scambi con il Baltico e il Mar Nero e istituì consolati a Lisbona e Cadice per promuovere gli scambi con le Americhe. Ciò portò a una ripresa della marineria mercantile, da tempo in crisi.

Creò il corpo degli ingegneri militari e quello di artiglieria, istituì una scuola navale e modernizzò l’Arsenale; sostenne le attività agricole e le università. Volle poi l’istituzione di una magistratura di terraferma per eliminare i diffusi abusi verificatisi nella riscossione delle gabelle tra la popolazione.

Moderatamente riformista, Alvise IV Mocenigo dispose la soppressione di una serie di enti religiosi non autorizzati, ordinò il censimento dei beni ecclesiastici e l’alienazione di quelli posseduti indebitamente, tassandoli senza distinzioni e procedendo alla graduale soppressione di Agostiniani, Gerolomini, Minimi, Serviti e Gesuiti.

osella giustizia alvise mocenigo 1770 1771 venezia

L’osella in argento del 1770: Giustizia e Saggezza si tengono per mano, “baluardo delle società”. In questo caso la Giustizia sorregge una bliancia

Questa premessa storica per spiegare le due raffigurazioni della Giustizia sulle oselle del 1770 e 1771. Classica, ispirata alla monetazione romana, quella dell’osella 1770 che tiene la mano alla Saggezza sotto una corona di due fronde: IVSTITIA PRVDENTIA SOCIETATVM MVNIMEN (“Giustizia [e] saggezza [sono] baluardo delle società”) si legge, proprio in relazione alle virtù del governo dogale, che tutelano ogni cittadino, facoltoso o meno abbiente, da soprusi e disuguaglianze.

Il rovescio dell’osella con il nome di Alvise IV Mocenigo, l’anno e il riferimento al ruolo di questa moneta come donativo del doge

La Giustizia dogale in versione 1770 tiene in mano una bilancia e, dunque, si ispira all’iconografia più tradizionale di questa virtù; nell’osella del 1771, invece, la figura muliebre appare quasi impressionante: in piedi, da sola, con gli occhi bendati e le mani mozzate.

Un modo espressivo per rappresentare l’imparzialità della giustizia e per ribadire che il governo veneto si ispirava nei suoi atti alla più rigida equità, non facendosi condizionare – in teroia, per lo meno – né da personalismi né da doni e dando a ciascuno il suo. Un messaggio ribadito dalla legenda latina sulla moneta (NEC PERSONAS NEC MVNERA SVVM CVIQVE ossia “[Non guarda] né a persone né a doni, [da] a ciascuno il suo”).

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La Giustizia, sull’osella del 1771, ha le mani mozzate e la benda sugli occhi a sottlineare la sua imparzialità rispetto alle persone e o a possibili tentativi di corruzione

La “doppia giustizia” di Alvise IV Mocenigo, dunque, altro non è che una “giustizia raddoppiata”: da una parte, in unione con la saggezza di governo, sa usare la bilancia in modo imparziale, alla luce del diritto, e dall’altra non accetta corruzioni né condizionamenti.

Un’ultima annotazione su quella corona di due fronde che sovrasta Giustizia e Saggezza sull’osella del 1770: definita genericamente nei testi come “d’alloro”, appare in realtà formata in modo evidente da un rametto (di questo albero oppure d’olivo?) e da una fronda di palma.

Il rovescio dell’osella d’argento del 1771 di Alvise IV Mocenigo, 118° doge di Venezia

Nelle monete, nessun simbolo è mai casuale; la palma è infatti antico simbolo di giustizia e saggezza, le due virtù personificate sull’osella: nei Salmi (92, 13) si legge che “Il giusto fiorisce come la palma” e già nella civiltà greca Atena, dea della saggezza, era raffigurata spesso con in mano un rametto di palma.

Anche l’olivo è presente nella mitologia greca come albero sacro ad Atena: ai vincitori delle Olimpiadi erano offerti rami d’olivo, come a chi trionfava in guerra. Con il suo legno erano intagliate le statue degli dei e, nell’antica Roma, quest’albero era associato a Giove e Minerva, oltre ad essere simbolo della dea della pace.

Un rarissimo esemplare in oro dell’osella veneziana del 1771

Alla luce di questa rilettura, sembra quasi di poter affermare che quella corona abbia voluto dire: dall’esercizio di saggezza e giustizia discendono la pace e l’armonia dei popoli, in primo luogo di quello della Serenissima Repubblica di Venezia.