Risale probabilmente al periodo umbertino un gettone satirico che “mette in piazza” la progenie illegittima di Vittorio Emanuele II
di Roberto Ganganelli | Che i reali di un tempo, almeno in buona parte, abbiano avuto una vivace attività amatoria e che, quindi, abbiano lasciato figli naturali o illegittimi frutto delle loro “scorribande” è ben noto. Come è noto, del resto, che Vittorio Emanuele II di Savoia venisse chiamato “padre della patria” non solo in quanto unificatore della Penisola ma anche per aver avuto tante relazioni “fruttuose” sia con raffinate nobildonne che con ruspanti popolane.
Vittorio Emanuele sposò a Stupinigi il 12 aprile 1842 la cugina Maria Adelaide d’Austria, dalla quale ebbe otto figli, dei quali la primogenita fu Maria Clotilde nata nel 1843 e l’ultimogenito Vittorio Emanuele Leopoldo, nato nel 1855 e morto a pochi mesi di età.
Morta la moglie Maria Adelaide, Vittorio Emanuele II “sdoganò” la storica amante, la “bella Rosina” che qui appare con il sovrano, ormai moglie morganatica, in una foto ufficiale
Dalla moglie morganatica Rosa Vercellana, la “bella Rosina” nobilitata come contessa di Mirafiori e Fontanafredda, il re ebbe invece due figli, Vittoria ed Emanuele (originale la scelta dei nomi, niente da dire). Dalla relazione con l’attrice Laura Bon e da quella con la baronessa Vittoria Duplesis in totale altri quattro.
Se ne conoscono per certo altri cinque, poi, di figli del primo sovrano d’Italia avuti con le sue amanti e con altre donne rimaste anonime. Sta di fatto che gli storici quantificano in circa altri venti i discendenti del re dei quali non si conosce praticamente nulla, se non che a molti di essi venne imposto il cognome “Guerriero” o “Guerrieri”.
Il gettone satirico con data 1881 che prende in giro la numerosa prole illegittima del primo re d’Italia e le prodezze amatorie di quest’ultimo di cui furono oggetto nobildonne e popolane
Sulla progenie non ufficiale del sovrano, poco dopo la sua scomparsa, si accanì la satira sotto forma di un gettone satirico, oggi piuttosto raro, del diametro e del peso dei 5 centesimi in rame (mm 25 per g 5) che, con data 1881, raffigura al dritto un ritratto approssimativo ma riconoscibile del personaggio circondato da legenda VITTORIO EMANA LE DATE A NATALIA con sotto otto globetti al posto del nome dell’incisore
Al rovescio, posto fra i classici rami di quercia e d’alloro legati da un nastro in basso e sovrastati dallo stellone, il “valore” di 5 CENTOSEMI (sic!) e la data 1881. Non manca nemmeno il segno di zecca, T, in basso, anche se nel 1881 tale officina era già stata soppressa da oltre un decennio, col passaggio della capitale del Regno a Roma.
Ricalca la moneta da 5 centesimi in rame (5 grammi per 25 millimetri di peso) il gettone satirico, tanto da far pensare che la coniazione venne pensata per circolare clandestinamente
Certo che l’autore dei coni meriterebbe di non essere caduto nell’oblio, tanta è l’originalità di questo gettone satirico che prende in giro la progenie illegittima di Vittorio Emanuele II. Tuttavia, se pensiamo alla popolazione dell’Italia umbertina, analfabeta per la maggior parte, il fatto che materiale, peso e diametro siano di fatto gli stessi della moneta originale fa pensare che questa coniazione possa aver avuto anche lo scopo di essere effettivamente spesa e di circolare, aggiungendo così il danno alla beffa.
Un gettone satirico o piuttosto una “falsificazione satirica”, dunque? Anche questa ipotesi non è da escludere e oggi, a distanza di quasi un secolo e mezzo, quel “Vittorio Emanuele che emana le date a Natalia” e quei “5 cento semi” ci fanno sorridere mostrandoci come la numismatica sia un autentico universo con sempre qualcosa di nuovo da esplorare.