Quel porto di LIVORNO così “aperto e favorevole”

di Antonio Castellani | Bellissime monete tra XVII e XVIII secolo ci mostrano il porto, il faro e la fortezza di Livorno, sbocco al mare privilegiato per la Toscana dei granduchi

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Da Ferdinando II a Gian Gastone, dal VI all’VIII granduca d’Etruria, dal Seicento al Settecento: questa la parabola storica nella quale si sviluppa l’emissione di una serie di monete a nome della città di Livorno che raffigurano il porto e/o la fortezza della città, contraddistinte dal fatto di recare tutte unmotto latinoche recita  ET PATET ET FAVET (“E aperto e favorevole”).

Per Cosimo III, sul trono dal 1670 al 1723 il motto appare su ongari in oro per l’Oriente e tolleri (anche detti “livornine”, come già accaduto per il predecessore Ferdinando II regnante dal 1621 al 1670; per Gian Gastone de’ medici, granduca fino al 1737, queste parole campeggiano invece solo sulle livornine in argento.

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Tollero per Livorno del 1670 a nome del granduca Cosimo II de’ Medici: sul rovescio la veduta del porto con edifici, navi, la fortezza e il faro della città

Queste monete furono battute a Firenze dai granduchi di Casa Medici con il nome di LIBVRNI, per dare maggiore importanza allo scalo marittimo. Più correttamente, dunque, queste monete dovrebbero essere attribuite a Firenze, dato che la città di Livorno non ebbe un’officina monetaria.

Da notare sui tolleri con la fortezza anche la parola FIDES (dall’ovvio significato di “Fede”) e la corona chiusa “concessa quale trattamento regio” dall’imperatore al granduca nel 1691. Quel motto ET PATET ET FAVET ha invece dato origine nel tempo a varie interpretazioni: secondo alcuni potrebbe infatti riferirsi alla moneta stessa, buona moneta in oro o in argento che, “mostrandosi” nella sua genuinità e circolando, crea ricchezza e vantaggi attraverso i commerci.

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“Livornina” in argento del 1712 a nome di Cosimo III che al dritto è ritratto a testa nuda, mentre sul rovescio campeggia la fortezza con corona e il motto ET PATET ET FAVET

In modo probabilmente più aderente, Arrigo Galeotti riferisce il motto sia al “fanale del faro, che si vede in primo piano [su alcune monete] e che mostrandosi favorisce, quale guida ai naviganti, sia al porto considerato nel suo insieme, in quanto fa bella mostra e favorisce i commerci ed è sicuro asilo alle navi”.

La legenda venne mantenuta sulle monete anche quando alla veduta del porto viene sostituta quella della fortezza che, sempre secondo Gaelotti, “essendo lo stemma della città, rappresentava e compendiava pur sempre la città marinara, l’importanza del suo porto e il fiorire dei suoi commerci”.

Una bella incisione antica che mostra il porto di Livorno con il “Fanale”, le mura, le imbarcazioni ancorate al riparo dallal tempesta che ha appena provocato un naufragio

Il faro di Livorno, detto “il Fanale” rappresenta un monumento interessante. Costruito dai Pisani presso il piccolo abitato medievale di Livorno, in sostituzione di quello posto sulle secche della Meloria, venne edificato tra il 1303 ed il 1305.

Nel 1583 il granduca Francesco I de’ Medici, allestì, alla base del faro, un lazzaretto affiancato da alcuni magazzini. Nel 1944 il faro di Livorno fu minato e distrutto dai tedeschi, per essere ricostruito dopo la guerra utilizzando materiali recuperati tra le macerie e seguendo il progetto originario.

Per quanto riguarda invece la “Fortezza Vecchia”, invece, questa venne eretta a partire dal XVI secolo quando, era l’anno 1519, Antonio da Sangallo il Vecchio mise mano al cantiere. Cosimo I de’ Medici, che era spesso presente durante la costruzione, volle far edificare un palazzo all’interno per risiedervi durante le sue visite in città.

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Anno 1723, Gian Gastone de’ Medici appena salito sul trono del Granducato di Toscana prosegue la coniazione di tolleri per Livorno al tipo della fortezza

Il suo successore, Francesco I, eresse a sua volta una palazzina e una cappella dedicata a san Francesco dove si svolsero le cerimonie per l’elevazione di Livorno al rango di città del 1606. Nel 1769, sotto i Lorena, la fortezza di Livorno divenne una caserma dove i nobili venivano addestrati per diventare ufficiali del Granducato.

La Seconda guerra mondiale causò danni enormi anche a questo monumento e, dagli anni Settanta, è in corso un complesso restauro che ha permesso di riconsegnare gran parte del complesso architettonico alla città e ai suoi abitanti.

Moneta dall’ampio utilizzo commerciale, il tollero per Livorno viene controllato da banchieri, mercanti e cambiavalute con appositi pesi come questo che ne riproduce il rovescio

Monumenti recuperati, dunque, la cui importanza storica per Livorno ci viene ricordata dalle monete nelle quali questi edifici divennero i simboli stessi di una città portuale importante per la Toscana e non solo. E se questa pagina di numismatica granducale vi è piaciuta e volete approfondire la storia di un’altra moneta a nome di Livorno, il rarissimo “ongaro della Fama”, cliccate qui.