La riforma del sistema dei trasporti di fine I secolo è ricordata da una magnifica moneta di Nerva ripresa, quindici secoli dopo, anche dal Padovanino
di Roberto Ganganelli | Le comunicazioni a distanza sono sempre state un elemento cruciale per la stabilità e la crescita delle civiltà umane, fin dal mondo antico, tanto negli scenari di pace che in quelli di instabilità militare, politica o economica.
La prima riforma di Augusto per “nazionalizzare” le comunicazione
I Romani restano famosi come innovatori nel sistema di comunicazione e nei trasporti fin dai tempi di Augusto che fondò un sistema postale imperiale come sostituto del tradizionale sistema dei tabellarii, ossia dei messaggeri privati a cavallo.
Si trattò di una decisione audace, poiché il sistema postale pubblico doveva servire l’intero impero e garantire il trasporto di messaggi spesso sensibili, destinati all’amministrazione delle province e ai comandi militari.
Una parte delle comunicazioni si svolgeva adottando metodi come requisizione locale di carriaggi, animali e provviste private. Queste frequenti imposizioni erano però mal viste, dal momento che impedivano ai cittadini di svolgere il loro lavoro quotidiano.
Inoltre, anche se era previsto un indennizzo da parte delle autorità, spesso i cittadini probabilmente non veniva compensati affatto o sotto pagati per quanto concesso. Si trattava di un sistema amministrato, in vario modo, da funzionari governativi, appaltatori imperiali e magistrati locali; gli abusi erano all’ordine del giorno.
La coraggiosa “riforma delle poste” dell’imperatore Nerva
Con Domiziano, il sistema postale imperiale rischiava di collassare e, per questo, alla fine del I secolo l’imperatore Nerva mise in campo una riforma sostanziale stabilendo che il costo della rete di comunicazione del governo fosse assunto dal governo stesso.
Più tardi questo sistema, il cursus publicus, sarebbe diventato una delle più importanti ed efficienti istituzioni governative dell’Impero. E Nerva, consapevole dell’importanza della sua riforma, la volle celebrare anche con un sesterzio coniato nell’anno 97, che porta al rovescio l’iscrizione VEHICVLATIONE ITALIAE REMISSA.
Su questo spettacolare sesterzio non appare né un messaggero a cavallo in corsa né una scena di particolare solennità; vediamo invece due muli al pascolo, colti in un momento di riposo fra una tratta e l’altra. Interessante è anche il carro a ruote alte che si intravede dietro i muli con la stanga e le imbracature in posizione verticale.
La scena è placida, con i cavalli al pascolo e il veicolo fuori uso. La scelta di rappresentare un’inquadratura così particolare, invece di un carro con suo conducente in movimento, rispecchia perfettamente l’iscrizione la legenda.
Un sesterzio né solenne né “bellicoso”, ma rimasto così famoso – anche per la brevità del regno di Nerva, durato solo dal 96 al 98 – che perfino il celebre Padovanino, nel XVI secolo, lo riprodusse nella sua serie di “rifacimenti” da antiche monete passati, a loro volta, alla storia.
Per la verità Giovanni da Cavino – questo il nome dell’artista padovano – volle dare del sesterzio “postale” di Nerva una personale versione, più solenne ed essenziale, cancellando il carro e i finimenti per esaltare le anatomie dei quadrupedi.
E, sempre parlando di “muli numismatici”, se volete approfondire alcuni particolari “ibridi di monete” così chiamati e risalenti alla seconda metà del XIX secolo… cliccate qui!