Un giovane e rampante cardinale spagnolo effigiato in una medaglia firmata Hamerani | Coniata nel 1678, ne celebra le cariche, il prestigio e le imprese
di Giancarlo Alteri | Il Barocco, nell’immaginario comune, è comunemente considerato uno stile sovrabbondante, irregolare, bizzarro, destinato esclusivamente a suscitare la meraviglia dello spettatore. Ma il Barocco produsse anche capolavori come quelli del Bernini o del Borromini o di Rubens, per rimanere nel campo delle “arti maggiori”.
Neppure la medaglistica si sottrasse alla cultura imperante nel XVII secolo e, in parte, nel successivo, come dimostra senza ombra di dubbio una medaglia di questo periodo dedicata ad un personaggio singolare, un uomo di Chiesa ma anche soldato, sagace amministratore ed ottimo stratega, abile diplomatico, colto e mondano ma con slanci di religiosità medievale, e per di più, spagnolo: la personificazione vivente del Barocco!
Luis Manuel Fernandez de Portocarrero, chi era costui?
Luis Manuel Fernandez de Portocarrero nacque a Siviglia l’8 gennaio 1635, terzogenito del conte de Alhambra. Dopo gli studi fu avviato alla carriera militare, ma il padre e soprattutto la Corte di Filippo IV di Spagna decisero che serviva un cardinale in famiglia. Così Luis vestì l’abito talare pur senza aver ricevuto gli ordini sacri.
Venne spesso a Roma, abitando nel palazzo dell’ambasciatore di Spagna nell’omonima piazza, sia per introdursi nei delicati meccanismi della Curia vaticana sia per perorare gli interessi spagnoli presso Alessandro VII. E proprio questo Papa lo investì dell’episcopato: prima quello di Alcantara poi quello prestigiosissimo di Toledo, che preconizzava il titolo di Primate di Spagna. Il Portocarrero aveva soltanto trent’anni ed era uno degli uomini più potenti sia a Roma sia a Madrid, tanto che il 22 novembre 1669, Clemente IX lo insignì della porpora cardinalizia.
Un giovane prelato rampante fra Spagna e Papato
Quando si trovava a Roma, il cardinale abitava, di solito, in una casa nei pressi di Trinità dei Monti, e si era diffusa la voce che avesse scelto quell’abitazione perché vicina alla chiesa omonima, che era retta da canonici francesi molto legati al Mazzarino, in modo tale da poterne spiare le mosse. Infatti tra la Spagna, alleata dell’Impero, e la Francia del Re Sole era di nuovo scoppiata la guerra.
Portocarrero, diventato ormai anche cardinale vescovo di Palestrina, fu scelto per chiudere la Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore il 24 dicembre 1675, alla fine del Giubileo, in sostituzione del cardinal Giacomo Rospigliosi, che l’aveva aperta un anno prima ma che in quel momento giaceva malato.
Gli importanti incarichi di corte richiamarono il Portocarrero a Madrid, ma nel 1677 tornò in Italia con il prestigioso incarico di vicerè di Sicilia e capitano generale della flotta mediterranea spagnola. Era infatti accaduto che Luigi XIV avesse deciso di concentrare gli attacchi verso i domini iberici nel Sud dell’Italia.
Un forte esercito francese stava marciando via terra verso Napoli, mentre due potenti flotte minacciavano la Sicilia; inoltre, si erano intensificati gli attacchi dei pirati barbareschi contro la costa dell’isola, segretamente sovvenzionati dal Re di Francia. “El señor cardinal”, come ormai lo chiamavano tutti, arrivò a Palermo nell’agosto 1677 e subito, con sole 23 navi, affrontò la più forte flotta francese, sconfiggendola a largo di Milazzo.
Per condurre la guerra, il Portocarrero aveva adottato misure straordinarie, fra cui la tassazione dei redditi della nobiltà e di quelli del clero più alto; furono proprio le proteste di questi ceti a convincere Madrid a sostituire il Cardinale- Vicerè con un altro personaggio meno scomodo e meno autoritario: Vincenzo Gonzaga duca di Guastalla. In cambio, però il Portocarrero fu nominato ambasciatore della Corona di Spagna presso la Santa Sede.
Rimase a Roma per un ventennio, finché la delicata questione della successione spagnola nel 1700, non lo richiamò a Madrid. Diventato primo ministro ad interim, il Portocarrero appoggiò la candidatura al trono di Filippo di Borbone, il nipote di Re Sole, ma quando costui fu incoronato re di Spagna col nome di Filippo V, il cardinale venne destituito da tutti gli incarichi politici. Morì a Madrid il 14 settembre 1709, dopo quaranta anni esatti di cardinalato.
Una medaglia capolavoro firmata Giovanni Martino Hamerani
La medaglia (mm 41) è opera di Giovanni Martino Hamerani, la famiglia di artisti che si trasmisero il titolo di incisore camerale, il più prestigioso della zecca pontificia, di padre in figlio quasi senza soluzione di continuità per un secolo e mezzo: dal 1676 al 1809.
Essa reca al dritto il ritratto del cardinal Luis Portocarrero con il berrettino, la mozzetta e l’abito talare. “El senor cardinal” è raffigurato come un uomo nel pieno della maturità – aveva allora 43 anni – dai tratti decisi e dai capelli leggermente lunghi, secondo la moda del tempo.
Da notare l’abito, semplice, senza la presenza di croci pettorali od altri simboli della dignità di porporato. Invece, tutte le sue cariche sono ricordate nella leggenda, su due cerchi concentrici: grande di Spagna, arcivescovo di Toledo, primate di Spagna, membro del Consiglio di Stato, viceré e capitano generale di Sicilia, tenente generale del mare, ambasciatore presso Innocenzo XI. Stranamente, manca proprio il titolo cardinalizio: quello della Basilica di santa Sabina, a Roma, alla quale fu sempre legato. La vivacità del ritratto, confrontato anche con alcuni quadri che lo rappresentano, potrebbe far ritenere che il Portocarrero abbia posato personalmente per l’Hamerani.
Più complesso, e di difficile interpretazione, il rovescio. Al centro del campo si erge una specie di monumento. La figura della Fama alata, con due trombe in bocca, che si sorregge su un piede solo in cima ad una stele, da alcuni studiosi interpretata come un candelabro, da alti come un obelisco. Questa stele è circondata alla base da quattro statue che rappresentano le quattro Virtù cardinali e, a sua volta, poggia su un basamento a forma di parallelepipedo sulla cui fronte è scolpita la frase Hac Duce Cuncta Placent.
Il dritto di uno dei rari esemplari in argento della medaglia per Portocarrero
La forma di questo monumento barocco ha fatto ipotizzare ad alcuni che sia quello, provvisorio, in gesso, legno e stoffa, costruito a Messina, quando il cardinale vi entrò nella primavera del 1678. Sei anni prima, la città dello stretto si era sollevata contro il dominio spagnolo, sobillata dai Francesi che vi avevano stabilito una guarnigione. Gli eventi della guerra avevano fatto sì che Luigi XIV abbandonasse a se stesso questo contingente, il quale, con molta difficoltà, riuscì a ritirarsi da Messina, lasciando però la città in balia della repressione spagnola.
In alto, nella medaglia, il cielo è affollato da angeli, secondo il gusto barocco, alcuni dei quali reggono le insegne delle dignità ecclesiastiche del Portocarrero: la mitra vescovile, il pastorale ed il baculo patriarcale (come primate di Spagna). Sulla sinistra, un cannone, reso fra l’altro dall’incisore con perizia militare, sorvegliato da una sentinella armata di una lunga picca.
Complesso e barocco anche il rovescio di questo capolavoro in tondello
Sullo sfondo di questa sezione della medaglia appare il profilo di una catena montuosa, probabilmente i Nebrodi. Sulla destra, invece, alcune galee da guerra, di cui una reca una grande bandiera spiegata al vento (nonostante la nave abbia le vele rinserrate). E su questo vessillo, spicca l’arma dei sovrani di Spagna resa con estrema abilità incisoria. A proteggere l’entrata delle galee in porto un bastione su cui è impresso, in tutta la sua complessità, lo stemma (anche questo rielaborato in stile barocco) del Portocarrero.
Il mare che fa da sfondo, come pure il riscontro con alcune fortificazioni realmente esistenti, hanno fatto pensare che la scena raffigurata si riferisca al momento in cui la flotta allestita dal cardinale rientra vincitrice nel porto di Palermo, nella tarda estate del 1677. Se così fosse, la medaglia, che è datata sul dritto 1678, celebrerebbe un avvenimento accaduto un anno prima. Ma potrebbe anche celebrare l’entrata trionfale del cardinale a Messina nella primavera del 1678, l’anno riportato sulla medaglia appunto.