Il 12 maggio 1924 doveva essere una data storica per la Sicilia, la posa della prima pietra della nuova città di Mussolinia. E invece…
di Roberto Ganganelli | Santo Pietro è oggi una frazione del Comune di Caltagirone, in provincia di Catania; luogo di agreste bellezza, si trova nel cuore di un vasto bosco di querce che da qualche anno costituisce una riserva naturale. C’è tuttavia una pagina di storia di Santo Pietro di Caltagirone, oggi abitato da appena qualche decina di persone, che risale a circa un secolo fa e che non molti conoscono.
Alla fine della Prima guerra mondiale, la crisi economica e il pesante tasso di disoccupazione spinsero molti contadini a occupare le terre incolte nei dintorni della località di Santo Pietro, oltre a quelle che già erano state trasformate in campi coltivati abusivamente negli anni precedenti. Un fenomeno che fu accompagnato in molti casi da azioni violente e al quale le autorità tentarono di porre un freno con interventi legislativi a favore di alcuni enti corporativi, in primo luogo l’Opera nazionale combattenti.
L’ambizioso progetto della “città giardino” di Mussolinia che nel 1924 sarebbe dovuta sorgere in Sicilia, in provincia di Caltagirone
Nel 1923 l’avvocato Benedetto Fragapane, nominato Regio commissario di Caltagirone dal regime fascista da poco instaurato, tra le altre iniziative diede l’avvio ad una lottizzazione dei terreni di Santo Pietro che, nelle intenzioni, doveva essere accompagnata dalla costruzione di una “città giardino” che avrebbe preso il nome di Mussolinia, ovviamente in onore del duce del fascismo.
“Prego fare progetto completo e romanamente grande – spesa illimitata”: questo il testo del telegramma che ricevette, alla metà del 1923, l’architetto Saverio Fragapane, allievo di Ernesto Basile e vicino a don Luigi Sturzo, con l’indicazione di rendere possibile la posa della prima pietra nel maggio 1924.
Nel 1924 ricorrono i cinque anni dalla fondazione dei fasci: questa medaglia di propaganda portativa lo ricorda
E, in effetti, per l’arrivo di Mussolini in Sicilia, il piano regolatore era stato ultimato: la planimetria reca persino i nomi di strade e piazze, tra le quali Piazza Rachele in cui si trova, nemmeno a dirlo, una chiesa dedicata a San Benito e da cui parte Corso Edda.
Il progetto di Mussolinia prevedeva un impianto urbano radiale di 400 mila metri quadrati di superficie, destinato a ospitare mille famiglie e incentrato su una piazza circolare (denominata Piazza XXX Ottobre) delimitata da otto edifici porticati, tutti uguali, ciascuno con due torrette ai lati e sormontate da cupole.
Il fascismo, in netta ascesa di consenso, tra i veicoli di propaganda e gli strumenti di definizione dell’immagine del regime aveva compreso anche l’importanza di avvalersi di uno stile architettonico dalla dimensione monumentale, in parte già ispirato al razionalismo e in parte volto a richiamare la romanità e il mondo classico, culla dell’antico potere di Roma, integrandovi i simboli e l’epica della rivoluzione fascista.
Nella monetazione, con le 20 e 100 lire Fascetto e Fascione il regime debutta negli spiccioli
Con la monetazione stava avvenendo lo stesso: nel primo anniversario della Marcia su Roma erano state emesse le prime monete da 20 e 100 lire in oro dominate dall’emblema del fascio littorio – riservate, ovviamente, alla fascia più benestante della popolazione – e, sempre nel 1923, degli “spiccioli” da due lire, buoni in nichelio prodotti a milioni e destinati alla circolazione di massa.
Il 12 maggio 1924 Benito Mussolini, giunto in Sicilia la sera prima, si accinse dunque con orgoglio a posare la prima pietra della città che doveva portare il suo nome. Era arrivato alle 9 e 30, il duce, con una coppola in testa al posto della bombetta (che gli era stata rubata a Caltagirone la sera innanzi) ed era giunto nel luogo dove sarebbe dovuta sorgere la città giardino a lui intitolata.
Tuttavia, con grande sorpresa e un ovvio imbarazzo, quando al duce venne consegnato il tubo metallico contenente la pergamena che doveva prima firmare e murare sotto la prima pietra, si scoprì che il contenitore era vuoto. Seguirono istanti di inutile ricerca e le cronache ricordano come Mussolini, visibilmente innervosito, strappò un foglio dal primo registro che gli capitò sottomano scrivendovi sopra due righe: “Qui a Mussolinia sorge la Casa del Fascio, solida e quadrata come la fede e la tenacia degli Italiani. Nell’anno II (1924) dell’Era Fascista. Mussolini”. Infilò poi velocemente il foglio nella pietra e se ne ripartì alla volta di Ragusa. Non certo un buon inizio.
Il dritto della rara medaglia di Motti che ci mostra come sarebbe stata la città di Mussolinia
Gli imprevisti della bombetta e della pergamena non furono, tuttavia, che il prologo di un’avventura sfortunata: infatti, in parte a causa delle resistenze dei latifondisti del posto, un po’ per contrasti interni tra i gerarchi locali e anche a motivo dei costi delle mastodontiche opere rispetto alla modestia del luogo, Mussolinia non vide mai la luce.
A qualche mese dalla posa della prima pietra, il duce iniziò a chiedere notizie sull’avanzamento dei lavori. Gli venne risposto che procedevano a rilento, mentre fra le querce di Santo Pietro i cantieri erano fermi e la verità venne occultata, all’inquilino di Palazzo Venezia, tramite fotomontaggi di edifici e schiere di villette inesistenti.
Insospettito, Mussolini ebbe conferma della farsa quando arrivò sul suo tavolo, da esponenti del fascio locale contrari a questa autentica campagna di mistificazione ai danni del duce, un fotomontaggio di Caltagirone sul mare, accompagnato dal sarcastico commento che Caltagirone, oltre alla sua città giardino, aveva adesso anche il mare.
Al rovescio, un’epigrafe in latino ricorda la posa della prima pietra il 12 maggio 1924
Il Fascio di Caltagirone venne sciolto, le personalità politiche coinvolte furono allontanate dalla vita pubblica e al Comune di Caltagirone fu accollato il debito contratto dallo Stato col Banco di Sicilia. E così, di Mussolinia di Sicilia non parlò più; solo qualche anno più tardi, nel 1928, il duce ebbe l’onore di vedersi intitolata una città, stavolta in Sardegna, quella che oggi porta il nome di Arobréa.
Della Mussolinia di Sicilia che mai vide la luce, tuttavia, ci restituisce una vivida e artistica testimonianza la medaglistica istituzionale, sotto forma di una coniazione celebrativa che il duce in persona consegnò – altra beffa nella beffa, da un certo punto di vista – come omaggio alle autorità siciliane presenti alla cerimonia del 12 maggio 1924.
Nota in bronzo (R) e in argento (R3), forse realizzata anche in qualche esemplare in oro (sconosciuto), la medaglia (Casolari II, 16) venne incisa da Attilio Silvio Motti, ha un diametro di 70 millimetri e al dritto ci mostra una sorta di rendering metallico tridimensionale del centro di Mussolinia, con la piazza fiancheggiata dai portici con torrette, l’obelisco al centro, gli altri edifici che si dipartono da questo spazio secondo le linee radiali del progetto.
In basso il nome MVSSOLINIA, un fascio littorio in corona d’alloro, la data MAGGIO MCMXXIV e, sul contorno, l’iscrizione in latino OLEA ET ROBVR SECVRITATIS ET PACIS OMEN IO TRIVMPHE (“L’olio e la forza della sicurezza e della pace sono presagio del trionfo”).
Il 1924 per l’Italia è anche l’anno del rapimento e del delitto Matteotti nonchè del consolidamento definitivo del regime come mostra questa vignetta satirica
Sul rovescio, altrettanto solenne e – alla luce della storia – indubbiamente beffardo, due fronde di quercia e d’alloro con, in basso, l’araldica del Comune di Caltagirone e nel campo l’epigrafe latina B. MVSSOLINIO | QVI LAP. AVSP. POSITO | CONDENDAM VRBEM | SVO HONESTAVIT NOMINE | CALAYATHERON. D. D. | INSTRAVRATORI RER. | ITALIC. che si può tradurre come “Benito Mussolini, nel suo ruolo di rifondatore dell’Italia, ha posato la prima pietra per l’edificazione della città onorando il nome di Caltagirone”.
Una piccola lettera Z coronata, in basso, indica la coniazione da parte della Regia Zecca di Roma per questa rarissima medaglia rimasta, assieme a poche altre foto e documenti, unica testimonianza di una città giardino divenuta “fantasma” sia nella realtà che, probabilmente, negli incubi di Mussolini. Una medaglia che tuttavia rimane fra le meno note nello sterminato panorama delle coniazioni del ventennio fascista, autentica “enciclopedia metallica” di quel periodo storico così complesso per l’Italia.