A un secolo dalla morte del donatore la raccolta di monete del Papadopoli a Museo Correr ha urgente bisogno di un nuovo riallestimento
di Roberto Ganganelli | Negli ultimi mesi abbiamo più volte ricordato la figura del conte veneziano Nicolò Papadopoli Aldobrandini, eminente studioso e collezionista illuminato che alla sua scomparsa, avvenuta giusto un secolo fa, decise di lasciare la propria collezione di monete alla sua amata città e a quello che oggi è il Museo Correr, affacciato su Piazza San Marco, col vincolo che quegli zecchini, oselle e bagattini, lire e giustine che erano state la sua passione venissero pubblicate ed esposte a beneficio della collettività.
E in effetti così fu: ancora oggi le monete si trovano in una delle prime sale dell’articolato percorso espositivo del Correr, dopo quella dedicata ai capolavori e ai cimeli dello scultore Antonio Canova. Su tre lati della grande sala – al centro si trova una vetrina con alcuni macchinari e coni dell’antica zecca della Serenissima – si snoda una serie di vetrine in legno che, di fatto, contengono l’intera storia della quasi millenaria officina monetaria della città.
Esemplari scelti uno per uno, in gran parte di elevata conservazione; multipli in oro quasi unici e grandi moduli in argento di incredibile fascino; le oselle, poi, autentiche monete medaglie sulle cui raffigurazioni si possono rileggere storie di conquiste e di accordi diplomatici, di edificazioni di chiese e palazzi, riscoprire l’attività dell’arsenale e rivivere i grandi fasti veneziani, dallo “Sposalizio del mare” ai trionfi militari.
Un allestimento espositivo datato e… perfino sbagliato!
Le monete parlano, noi numismatici lo sappiamo bene. Tuttavia, le magnifiche monete della collezione Papadopoli, da molto tempo a questa parte, sebbene esposte al pubblico non riescono più a far udire la loro voce né a raccontare le loro storie.
Sì, perché l’allestimento della sala numismatica del Correr appare ormai drammaticamente inadeguato rispetto ai più basilari e moderni concetti espositivi e museografici, muto e in fondo inutile nel suo apparente prestigio fatto di legni pregiati e velluti ormai sbiaditi.
Solo un appassionato di numismatica, anzi un esperto di monete veneziane, riesce forse a raccapezzarsi in quella processione di vetrine disposte a ferro di cavallo nelle quali, per ogni moneta, un laconico cartellino indica solo il doge, le date di dogato e il nominale.
Senza contare che l’ingresso attuale alla sala coincide con la teca che, in ordine di tempo, ospita le ultime monete coniate dalla zecca di Venezia: così, coloro che – giocoforza – passano per la sala della collezione Papadopoli partono da Ludovico Manin, epigone della carica dogale, e “risalgono la corrente del tempo” fino a trovarsi di fronte ai denari di Ludovico il Pio e a quelli di Lotario, coniati quasi mille anni prima.
Nessun supporto ai visitatori, e le monete restano mute…
Non parliamo poi dei “supporti a disposizione visitatore” che, nel caso non si decida di avvalersi dell’audioguida, si riducono ad un foglio plastificato con poche, laconiche informazioni sulle monete di Venezia e nel quale il conte Nicolò Papadopoli, munifico donatore di cotanti tesori numismatici, neppure viene nominato.
Il suo nome compare soltanto sulla didascalia di un bel modello ligneo di edificio, il Palazzo Venier dei Leoni: un altro dei tanti oggetti donati dal conte a quel Museo Correr di cui, fra fine XIX e inizio XX secolo, fu tra i massimi responsabili e più illuminati accrescitori.
Siamo certi che in seno alle istituzioni culturali del Comune di Venezia – responsabile dell’intero Museo Correr – quanti si occupano di numismatica si siano resi conto da molto tempo del fatto che la collezione Papadopoli avrebbe urgente bisogno di un nuovo e adeguato allestimento.
Il centenario di Papadopoli, un’occasione sprecata
Questo 2022, centenario della scomparsa del conte Papadopoli, sarebbe stato l’occasione più adatta per ripensare l’esposizione delle monete veneziane; bisognava pensarci, però, e sarebbe stato necessario farlo con anticipo e con finanziamenti adeguati che, evidentemente, non erano disponibili. Senza contare quel mix fra volontà politica e sensibilità culturale che, anche in una città come Venezia, non sempre trova cittadinanza.
E pensare che il Museo Correr, dati alla mano, vede transitare dalle sue sale oltre 200 mila visitatori all’anno e che quella sala numismatica, in posizione strategica a inizio percorso, sarebbe in grado di catturare l’attenzione di tante persone restituendo alla moneta quella dignità di espressione di civiltà che essa ha incarnato a Venezia e non solo.
Consola soltanto – in piccolissima parte – il fatto che le monete di Venezia del conte Nicolò siano “sotto gli occhi di tutti” e non chiuse a chiave in un forziere, o peggio conservate in deposito in maniera inadeguata. Magra consolazione di fronte al mesto presente di una delle collezioni di monete più affascinanti d’Italia.