I tre tipi di dodicesimo di scudo a nome di Innocenzo XII Pignatelli coniati ad Avignone nascondono alcune curiosità da approfondire
di Roberto Ganganelli | Con il pontificato di Innocenzo XII (1691-1700) si chiude un’epoca nella numismatica pontificia: infatti, anche se la fine dell’autorità della Chiesa su Avignone terminerà solo nel 1791, a seguito degli sconvolgimenti causati dalla Rivoluzione Francese, è proprio con papa Pignatelli che viene scritta la parola “fine” sulla serie delle coniazioni di moneta papale nella città della Provenza.
Sospesa l’attività di zecca con la morte di Innocenzo X Odescalchi (1644-1655) – che aveva fatto battere ad Avignone anche le ultime, splendide monete d’oro di questa zecca “sotto le chiavi petrine” – il Pignatelli nomina legato il poco più che ventenne cardinale veneziano Pietro Ottoboni, amante della musica e della poesia, mecenate di artisti e architetti molto in vista nella vita mondana dell’Urbe.
È l’anno 1690 e l’incarico Oltralpe, pur prestigioso, non è certo la massima aspirazione del giovane prelato che, alla fine del 1691, viene affiancato nell’amministrazione dei possedimenti pontifici in terra di Francia da un altro veneto, Daniele Dolfin, già cameriere segreto di sua santità, che ricoprirà il ruolo di vice legato fino al 1696.
Del resto, la Legazione di Avignone verrà soppressa proprio nel 1693 e sostituita da una più gestibile Congregazione con sede a Roma: gli interessi della Santa Sede nella città che la ospitò dal 1309 al 1377 non meritano più l’impegno a tempo pieno di un “principe della Chiesa”.
Eppure, in numismatica c’è gloria per tutti, anche in quest’ultimo, effimero scampolo di attività della zecca avignonese, con l’emissione di tre tipi di dodicesimo di scudo in argento – il derivato del celeberrimo luigino di Francia, battuto nella fattispecie sul piede dello scudo bianco della zecca di Dombes – che si presenta, oltre che raro per i collezionisti, piuttosto interessante per le iconografie che presenta (Muntoni, vol. III, p. 64, nn. 126-128).
Il ritratto del pontefice compare su tutte e tre le tipologie, con il capo protetto dal camauro, come consuetudine su tante altre monete e medaglie del Pignatelli; tuttavia, rovesci e araldiche – perfino una “vezzosa” e controversa “firma” – si alternano rendendo queste monete più interessanti.
Il primo tipo (Muntoni 126 e 126a) reca al rovescio lo stemma cardinalizio Ottoboni (l’ametta Dolfin è sul dritto) e, per esteso, la legenda + PETRVS CARD[inalis] OTTHOBONVS LEGAT[us] e questa moneta è nota sia con data 1692 che 1693. Porta invece solo il millesimo 1693 la moneta più curiosa della serie, quella su cui il legato appone al rovescio un monogramma arabescato delle proprie iniziali, indicate di solito nella bibliografia, anche da Muntoni, semplicemente come PCL, acronimo di P[etrus] C[ardinalis] L[egatus].
Tuttavia, non vi sembra strano che un alto prelato, di aristocratica famiglia, oltre tutto nipote del predecessore del pontefice in carica (papa Alessandro VIII, sul trono di Pietro dal 1689 fino al 1691), ometta ogni indicazione del proprio blasonato cognome su questa moneta? Analizzando con un minimo di attenzione il monogramma al rovescio del dodicesimo di scudo Muntoni n. 127, tuttavia, il mistero si chiarisce e la O di OTTHOBONVS può essere identificata al centro del campo, ottenuta dall’incrocio speculare delle altre lettere e con il profilo di una classica “mandorla”.
Il brillante porporato amante delle arti, invece, scompare – assieme alla sua carica di legato di Avignone, cessata con il “declassamento” del territorio pontificio – dall’ultima moneta della serie papale coniata nella bella città della Provenza (Muntoni n. 128): lo stemma del vice legato Dolfin – embelema “parlante”, con tre delfini passanti – è apposto di nuovo sulla spalla nel ritratto papale, mentre le tre “canoniche” pignatte dell’arma di Innocenzo XII, con le chiavi e la tiara, occupano con la data tutto il rovescio.
Briciole di gloria numismatica, effimere e tuttavia oggi rare e ricercate, si spargono così su due personaggi della Curia romana e su altrettante famiglie aristocratiche, mentre Innocenzo XII Pignatelli decide, dopo queste ultime emissioni, di interrompere di nuovo la coniazione di moneta papale per Avignone. E, stavolta, sarà per sempre.