Curiosi strumenti di misura e verifica della moneta nel secolo della Rivoluzione industriale
di Roberto Ganganelli | Credo sia giocoforza, per inquadrare l’argomento di questo studio di tecnologia numismatica, di spiegare l’inusuale titolo che ho scelto parafrasando, come si sarà intuito, la ben nota frase “tirar fuori il coniglio dal cilindro”, ossia eseguire un trucco di magia che magia in realtà non è, bensì prestidigitazione e abilità, frutto di studi ed allenamenti.
Alle origini degli strumenti di misura e verifica della moneta
Ebbene, gli strumenti di misura e verifica della moneta che vi presenterò hanno in effetti – per lo meno rispetto alla bilancia classica a due piatti usata fin dall’epoca classica e alla più moderna pesa monete con pesi standard inclusi – un qualcosa di magico, o per lo meno di affascinante e innovativo, dal momento che hanno permesso a migliaia di persone di sincerarsi della buona natura delle monete possedute o ricevute senza dover ricorrere a lunghe e complesse procedure di riconoscimento empirico, o di analisi chimica o fisica.
Sottrarre ad un tondello monetato parte del metallo che lo compone (per tosatura o limatura), oppure riprodurlo con impronte identiche a quelle legali, ma con peso o titolo diminuiti (quindi, una falsificazione a tutti gli effetti) sono da sempre le piaghe che hanno “infettato” il sistema della circolazione monetaria costituendo, in ogni società e in ogni civiltà dotate di moneta, reati di notevole gravità per il danno che tali comportamenti comportavano ai singoli cittadini che allo Stato.
L’introduzione di accorgimenti tecnici quali l’impressione del taglio (rigato, a fogliette, a meandri, o con iscrizioni incuse e simboli, dalla fine del XVII secolo) risultò certo utile a dissuadere in parte i tosatori e gli adulteratori di monete genuine dai loro propositi, ma non scoraggiò certo i falsari che, anzi, disponendo di macchinari da coniazione sempre più sofisticati e simili a quelli delle officine monetarie ufficiali, riuscirono a produrre copie sempre più sofisticate delle più importanti monete in circolazione.
Inizia anche per la moneta l’epoca industriale
E’ con la diffusione – dapprima in Europa e poi in America e in Oriente – della coniazione meccanizzata, nel XVIII e soprattutto nel XIX secolo, che vennero ideate e si diffusero, come “contromisura” nei confronti delle monete false e calanti, una serie di bilance portatili ed ingegnosi strumenti di misura e verifica della moneta in grado di permettere a chiunque di determinare, in modo rapido e con sufficiente sicurezza, la genuinità delle specie in oro e argento ossia la loro rispondenza alle caratteristiche previste dalla legge e la relativa spendibilità.
Non dimentichiamo infatti che la moneta in oro e in argento – quella più importante nei flussi commerciali come nell’economia domestica – è stata fino ai primi decenni del XX secolo moneta a valore intrinseco, ossia il cui valore nominale era in corrispondenza diretta con il contenuto di metallo prezioso. Diverso il discorso per gli “spiccioli”, ossia i tagli minori coniati in leghe non nobili (rame, nichel, più tardi alluminio, ferro e zinco), meno esposti al fenomeno della contraffazione e, anche se falsificati, molto meno pericolosi per il sistema del circolante.
Un po’ di fisica e di matematica
Passando ora ad approfondire l’aspetto fisico e matematico-geometrico del problema, consideriamo una moneta come un cilindro ideale di raggio r e spessore s. Il suo volume è pari a v = π*r2*s.
Supponendo che il peso legale della moneta sia p, e assumendolo dunque come valore costante, considerando che ogni lega è caratterizzata da un peculiare rapporto peso/volume (peso specifico, ps), ne discende che:
p = (4/π)*((2r)2*s)/ps = (4/π)*(d2*s)/ps
Pertanto, un falsario che voglia produrre – ad esempio – una moneta di giusto peso (che, ricordiamolo, è il primo parametro a venir valutato, dopo l’aspetto esteriore) usando una lega diversa da quella legale dovrà necessariamente agire o sul suo raggio del cilindro (quindi, sul diametro del tondello), oppure sullo spessore o, ancora, sul peso specifico della lega (ossia, sulla sua composizione) tenendo conto dei legami di proporzionalità diretta (lineare o quadratica) e inversa tra i vari parametri in gioco.
Ipotizziamo, per comodità, di voler contraffare una moneta del peso legale di 10 grammi composta da una lega binaria a 900 millesimi d’oro e 100 millesimi d’argento e approssimiamo al decimo di grammo per centimetro cubo i pesi specifici dei due metalli.
Ps oro = 19,3 g/cm3 | Ps argento = 10,5 g/cm3
Il peso specifico della lega binaria suddetta si ottiene in proporzione ai pesi specifici delle due componenti metalliche, primaria e secondaria. Quindi:
Ps Au900 Ag100 = 0,9*19,3+0,1*10,5 = 18,4 g/cm3
E ora fingiamo di essere degli “onesti falsari”
Se decidiamo di essere dei “falsari onesti” e sostituiamo l’oro a 900 millesimi con oro 750 millesimi, il resto argento, avremo un peso specifico della lega adulterata pari a:
Ps Au750 Ag250 = 0,75*19,3+0,25*10,5 = 17,1 g/cm3
Con tale sistema, spacciando le nostre monete d’oro false, avremmo un guadagno di una ogni sei (anche meno, se consideriamo la maggior percentuale di argento impiegato). Ma come fare a rendere irriconoscibili le monete?
Il primo controllo che chiunque effettuerà è, come detto, quello dell’aspetto e in molti casi può essere sufficiente a generare sospetti, come nell’esempio di sovrana qui presentato.
Come “mettere il cilindro nel coniglio”: gli esempi più semplici
L’esigenza del controllo di genuinità delle monete a valore intrinseco, tuttavia, in uno scenario dinamico – talvolta frenetico – come quello dell’epoca della Rivoluzione industriale non permetteva di soffermarsi troppo su minimi dettagli, se non in casi particolari. La velocità, la quantità e l’entità delle transazioni monetarie, specie nei commerci e nelle attività al pubblico, imponeva l’ideazione di strumenti rapidi e di semplice uso che, per l’appunto, permettessero – come detto all’inizio – di “mettere il cilindro nel coniglio”. Eccone alcuni dei più particolari ed ingegnosi.
Passare da bilance universali a bilance “specializzate” è un’idea antica, del resto: già in epoca bizantina e medievale venivano prodotti trabocchi in legno o in osso, con eventuali inserti metallici di taratura, idonei solo per una o poche specie di monete, e in grado di controllarne il giusto peso. Strumenti fortunati, i trabocchi, come dimostrano questo esemplare di “rocker scale” inglese, per ghinee, del 1650 circa e questo in legno – prodotto in Turchia a metà del XIX secolo.
Interessante anche questo esemplare di trabocco produzione industriale francese del 1901 destinato ancora all’Impero Ottomano e in grado di pesare alcune delle specie di monete in oro più usate in Turchia.
Tornando all’epoca della Rivoluzione industriale, sarebbero infiniti gli esempi da presentare; ci limiteremo qui ad alcuni esemplari di area britannica, altri legati alla “Corsa all’oro” americana di metà Ottocento e a qualche altra curiosità.
L’antico trabocco si perfeziona nel XIX secolo
Iniziamo con quello che è, probabilmente, il più comune tra gli strumenti di misura e verifica della moneta (specie auree) prodotto nella storia: il trabocco tascabile a due posizioni per le sovrane e le mezze sovrane inglesi.
Come si può notare questo – fra i tanti strumenti di misura e verifica della moneta – permetteva di controllare rapidamente sia il peso che il diametro e lo spessore delle monete: dalla concordanza dei tre parametri discendeva automaticamente la genuinità delle pregiate coniazioni introdotte per la prima volta dalla Royal Mint nel 1816 (peraltro su modello iniziale del grande artista italiano Benedetto Pistrucci, autore sia del ritratto regio che del san Giorgio che uccide il drago, tuttora in uso).
Naturalmente, anche le specie auree precedenti rimanevano in corso legale ed andavano controllare: questa bilancia inglese del 1825 a due fulcri permetteva la pesatura rapida, ma non il controllo di peso e diametro, delle ghinee e mezze ghinee che venivano sospese nella piccola pinza all’estremità.
Strumenti “di verifica parziale” per spessori e altro
Tra gli strumenti di misura e verifica della moneta, dunque, ve ne sono “a controllo parziale” come questo rarissimo “base coin detector” del 1854 destinato alla verifica dello spessore delle specie in argento (corona, mezza corona, doppio fiorino, fiorino e scellino).
La Rivoluzione industriale, tuttavia, porta anche alla creazione di strumenti più sofisticati e in grado di permettere la verifica della genuinità delle monete a personale non specializzato oppure impegnato in operazioni ripetitive di accettazione di denaro.
Verificare velocemente… senza bisogno di verificare!
Biglietterie di teatri e sale da concerto, “gate” di impianti sportivi o di luoghi sede di spettacoli, presi d’assalto dalla folla – come pure i grandi magazzini, frutto del crescente benessere – non possono certo venir bloccati nel loro funzionamento dalla necessità, pur legittima, di controllare ogni singola moneta in oro o in argento incassata.
Nascono così le casse multiple a trabocchi nelle quali – come nell’esempio che vedete, del 1860 – è sufficiente infilare la moneta nell’apposita fessura le cui dimensioni in lunghezza e larghezza testano diametro e spessore del tondello mentre l’alloggiamento con contrappeso tarato provvede a verificare il giusto peso. Una moneta falsa non verrà accettata dal dispositivo o perché troppo leggera o perché troppo ampia e/o troppo spessa. Un tipo di dispositivo prodotto e ampiamente usato anche nei primi decenni del XX secolo.
Misura e verifica della moneta durante la Corsa all’oro
E’ venuto il momento, anche in considerazione del tempo che mi è stato riservato per questa relazione, di spostarci Oltreoceano dove l’esigenza di disporre di strumenti per la verifica della moneta emerse in modo prepotente a seguito di uno dei fenomeni che maggiormente determinò la crescita degli Stati Uniti: la Corsa all’oro.
La scoperta di ricchi giacimenti del biondo metallo in California nel 1849, nel Nevada e in Colorado nel 1850, nel Montana nel 1863 – e sono solo i casi più eclatanti – portò infatti alla coniazione – sia da parte delle zecche federali che di alte officine autorizzate, dette “territoriali” – di monete d’oro secondo lo standard degli Stati Uniti d’America. Da ciò, la l’ideazione diffusione di bilance e strumenti di verifica sempre più efficienti e complessi, frutto dell’industria di precisione americana e specchio del progresso di un’intera nazione.
Gli Stati Uniti emisero monete in oro, in questo periodo, nei tagli da 20, 10, 5, 3, 2 e ½ e 1 dollaro. Il dollaro d’oro pesava 1,672 grammi a titolo di 900 millesimi (il resto rame), e conteneva dunque 1,505 grammi di fino. Tutte le altre monete a proporzione, fino al massimo taglio statale da 20 dollari – detto “Double Eagle” tipo Liberty” – che pesava 33,436 grammi lordi e conteneva un fino di 30,093 grammi.
Le più ingegnose “bilance verificatrici” del periodo risultano quelle brevettate e prodotte dalla ditta John Allender che ne realizzò due versioni principali, una a sei alloggiamenti ed una a cinque (senza alloggiamento per il pezzo da 3 dollari, meno diffuso ed amato), dotate di contrappeso da collocare nell’alloggiamento dei 5 dollari per la verifica dei pezzi da 10 e da 20. Anche in questi casi lo strumento verifica peso, diametro e spessore delle monete in modo rapido.
Una tecnologia portata agli estremi
Non si creda, tuttavia, che le monete in argento non fossero importanti sul mercato americano; anzi, esse costituivano una larga fetta del circolante, specie negli strati più bassi della popolazione e come tali erano oggetto di contraffazione al pari dell’oro. Ecco un esempio di bilancia verificatrice per i mezzi dollari e i quarti di dollaro.
Il modello concettuale implementato da Allender ebbe tanto successo che venne riutilizzato anche nei decenni seguenti, con successivi miglioramenti fino a modelli come questo, del 1890 prodotto dalla ditta Fairbanks e in grado di verificare – senza c contrappeso, grazie ad una sapiente gestione delle masse – ben dieci tipologie monetarie diverse in oro e argento. Questa bilancia era detta “l’invincibile”.
In ausilio alle normali bilance a piatti e all’uso di pesi monetari pre-tarati, infine, anche negli Stati Uniti si diffusero infine dei misuratori di diametro e spessore come quello qui illustrato, che copriva tutte le monete in argento e in oro emesse dalle zecche federali.
Quali strumenti di misura e verifica della moneta in Italia nell’800?
Mi avvio a concludere rispondendo ad un interrogativo, ovvero: nessun esempio che riguarda l’Italia? Solo uno, almeno in base alle ricerche che è stato possibile effettuare, e il fatto non stupisce dal momento che il processo di unificazione nazionale a partire dagli stati regionali comportò l’amalgama, la convivenza e quindi il progressivo ritiro di una vera e propria babele di monete, tanto da rendere la classica bilancia e i pesi monetari esistenti il mezzo più semplice – assieme all’esperienza di bancari, cambiavalute, commercianti – per distinguere le monete genuine da quelle calanti, adulterate o false.
Ecco tuttavia un dispositivo – presente anche nelle collezioni del Museo della Scienza e della Tecnica di Firenze – che testimonia come anche nel nostro paese si sia avvertita l’esigenza di progewttare strumenti di misura e verifica della moneta: si tratta del rarissimo pesa monete privilegiato che permetteva – secondo il classico schema del trabocco – di pesare e di controllare il diametro dei pezzi da 20, 10 e 5 lire oro.
Nel Regno appena unificato, oltre a queste monete venivano coniate in oro anche le 50 e le 100 lire, ma era il marengo da 20 lire (6,45 grammi a titolo 900 millesimi) la pezzatura più diffusa, coniata in milioni di esemplari. Il fatto che nel dispositivo siano state incluse anche le 10 e 5 lire, battute invece per pochissimo tempo e non molto usate, permette di datarlo all’incirca al 1865.