Tra il 1814 e il 1847 l’arciduchessa d’Austria Maria Luigia portò su un trono italiano e nella monetazione una ventata di fascino e femminilità
di Antonio Castellani | Nata in seno alla potente dinastia degli Asburgo-Lorena come Maria Luisa d’Austria (Vienna, 12 dicembre 1791 – Parma, 17 dicembre 1847), si può ben dire che poche donne come lei hanno vissuto da protagoniste la storia italiana ed europea della prima metà dell’Ottocento: parliamo di Maria Luigia, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla.
Maria Luigia, infatti, è stata dapprima imperatrice consorte dei Francesi dal 1810 al 1814 – in quanto moglie del potentissimo Napoleone – e poi duchessa regnante sul feudo emiliano per decisione di quello stesso Congresso di Vienna che, del Bonaparte, segnò il drastico ridimensionamento negli scenari di potere continentali.
Figlia dell’imperatore Francesco II (dal 1806 primo sovrano dell’Impero d’Austria come Francesco I), nel 1810 sposò Napoleone per suggellare la pace di Vienna tra la Francia e l’Austria, in seguito alla sconfitta subita da quest’ultima nella battaglia di Wagram (1809).
A sinistra, una mappa del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla; a destra, Maria Luigia in vesti di imperatrice consorte dei Francesi
Giunta malvolentieri alle Tuileries, Maria Luisa iniziò ad apprezzare la sua nuova posizione, sebbene i Francesi non l’amassero. Tuttavia, a ben guardare si trovò mai del tutto a suo agio nel paese che, meno di vent’anni prima, aveva decapitato un’altra arciduchessa austriaca, la sua prozia Maria Antonietta.
Quando Napoleone venne sconfitto dalla Sesta coalizione, Maria Luisa decise di non seguirlo nel suo esilio all’Elba e tornò insieme al figlio a Vienna. Anche dopo i Cento giorni e la decisiva sconfitta di Waterloo, decise di rimanere fedele alla famiglia degli Asburgo.
Fu così che il Congresso di Vienna la ricompensò assegnandole il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla dove, chiamata da tutti Maria Luigia – aveva deciso di italianizzare il suo nome – fu amatissima dai Parmigiani, per i quali divenne la “buona duchessa” o anche la “duchessa delle violette”.
A sinistra, il decreto con cui l’arciduchessa d’Austria italianizzò il proprio nome; a destra, il figlio Napoleone II che, dopo il rientro della madre nella famiglia d’origine, divenne… Franz!
Si racconta infatti che Maria Luigia, poco prima di arrivare a Parma, nel 1815 scrisse alla sua dama di compagnia: “Vi prego di farmi tenere qualche pianta di violetta di Parma, con l’istruzione scritta per piantarle e farle fiorire; io spero che esse germoglieranno bene perché io divengo una studiosa di botanica, e sarò contenta di coltivare ancora questo leggiadro piccolo fiore”.
Colta, elegante e di fascino, Maria Luigia ebbe a Parma anche una monetazione a proprio nome coniata in quel della zecca di Milano – allora sotto pertinenza austriaca, quindi “cosa di famiglia” – e che rappresenta una delle serie più raffinate della numismatica italiana dell’Ottocento (peraltro, l’unica “al femminile”).
Monete in oro da 40 e 20 lire per il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla coniate dalla Imperal Regia Zecca di Milano, sotto pertinenza austriaca
Le sue monete, denominate in lire, soldi e centesimi seguono il piede del franco napoleonico che si stava affermando nella Penisola – curioso, per lei che aveva “abbandonato al suo destino” il Bonaparte – e presentano tutte il suo ritratto (i nominali in oro da 40 e 20 lire, e quelli in argento da 5, 2 e una lira), oppure il monogramma (i pezzi in argento da 10 e 5 soldi) oppure lo stemma del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla per lei creato (i pezzi da 5, 3 e un centesimo in rame).
Le 40 lire (oro 900, mm 26 per g 12,90) vennero battute nel 1915 in 219.834 esemplari e nel 1821 in 36.760 pezzi. Al dritto vi è l’iscrizione MARIA LUIGIA PRINC.[ipessa] IMP.[eriale] . ARCID.[uchessa] D’AUSTRIA; al rovescio, in un cerchio esterno al blasone, la legenda prosegue con PER LA GR.[azia] DI DIO DUCH.[essa] DI PARMA PIAC.[enza] E GUAST.[alla] e con il valore in incuso, in un nastro. I segni di zecca della coppa e della melagrana identificano rispettivamente Luigi Manfredini, capo incisore della Imperiale Regia Zecca di Milano dal 1798 al 1830, e il maestro della zecca meneghina. Sul taglio è inciso il motto DIRIGE ME DOMINE con una piccola stella a cinque punte.
L’eleganza del profilo di Maria Luigia si può ammirare al dritto di queste 5 lire del 1815, uno dei più begli esemplari apparsi sul mercato negli ultimi anni
Stessi soggetti e iscrizioni appaiono sulle 20 lire oro, il marengo di Maria Luigia coniato nel 1815 in 12.186 esemplari e in appena mille nel 1832. Queste ultime monete, come le 5 lire del 1832, furono coniate appositamente per essere elargite alle famiglie colpite da una tremenda epidemia di colera e il metallo per la loro coniazione fu ricavato dalla fusione di una toilette in oro e argento appartenente alla duchessa, alla quale era stata donata da Napoleone in occasione della nascita del figlio nel 1811.
Abbiamo fatto cenno alle 5 lire (argento 900, mm 37,5 per g 25,0) che presentano ancora il ritratto della duchessa con le consuete iscrizioni e che videro una produzione abbondante nel 1815, anno di insediamento di Maria Luigia a Parma (92.544 pezzi) per essere riconiata poi solo nel 1832 già detto, in 43.996 pezzi, come moneta “di beneficenza”.
Monete da 2 lire e da 1 lira d’argento del 1815 a nome di Maria Luigia
Si conoscono in realtà anche dei pezzi con data 1821 (appena tre) segno che per qualche ragione la produzione di “scudi” da 5 lire era prevista anche per quell’anno ma venne subito interrotta. Che si considerino queste tre monete una “pre serie” o delle “prove”, sta di fatto che l’unico esemplare apparso in asta in tempi recenti, nel 2019, ha fatto realizzare l’astronomica cifra di 310.000 euro.
Rare sono anche le 2 lire del 1815 che, battute in 22.125 esemplari, hanno un peso di 10 grammi esatti e un diametro di 27,5 millimetri. Su queste monete, come sulla rara lira d’argento dello stesso anno coniata in 66.335 esemplari (mm 23 per g 5) e sugli altri nominali maggiori appare sulla ghiera il motto DIRIGE ME DOMINE.
Il monogramma coronato campeggia sul rovescio delle monete da 10 e 5 soldi in argento
Resta il bel profilo con diadema della duchessa anche sui dritti dei 10 soldi e dei 5 soldi in argento (mm 18 per g 2,5 e mm 15 per g 1,25), due “monetine” di notevole finezza sul cui rovescio spicca il monogramma ML coronato di Maria Luigia.
I 10 soldi vengono coniati in un totale di 126.0367 pezzi, per la maggior parte con data 1815 mentre quelli con millesimo 1830 (o con il millesimo 1830 ribattuto su 1815) meritano entrambi tre gradi di rarità.
Una moneta da 5 centesimi in altissima conservazione: al dritto lo stemma del Ducato
Assommano invece a 360.021 le monete da 5 soldi, anche queste in stragrande maggioranza coniate con millesimo 1815; e se per gli esemplari del 1815 se ne conoscono con la cifra 5 della data ribattuta su un 3 (un refuso in fase di incisione dei coni?), delle monete del 1830 sono noti con la data ribattuta su 1815. Il taglio dei 10 soldi è a fogliette incuse, quello dei 5 soldi liscio.
In rame, come detto, per il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla vennero coniate delle monete da 5 centesimi (mm 27,2 per g 10), 3 centesimi (mm 23 per g 6) e da un centesimo (mm 19 per g 2). Si tratta di fatto delle monete più comuni di Maria Luigia: sono 1.505.089 i pezzi da 5 centesimi coniati a Milano, 511.342 quelli da 3 centesimi e 2.029.360 quelli da un centesimo.
GLi spiccioli da 3 e da un centesimo completano la monetazione di Maria Luigia come duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla
Maria Luigia è sepolta a Vienna e, ancora oggi, i Parmigiani che visitano la sua tomba usano deporre un mazzo di violette sul suo sarcofago, segno di un affetto e della nostalgia per una stagione irripetibile per la città emiliana. Segno che i semi gettati dalla “buona duchessa”, ancoora oggi, in qualche modo sopravvivono.