Una banconota da 500.000 lire al centro di un’opera di Enrico Dicò, riconosciuto tra i più innovativi artisti del panorama contemporaneo
di Roberto Ganganelli | In tempi passati la cosiddetta “abbruciatura” delle banconote era l’operazione con cui, una volta ritirati dalla circolazione biglietti usurati o dichiarati fuori corso, questi venivano eliminati definitivamente – letteralmente, ridotti in cenere – in modo che nessuno potesse farne alcun uso, tanto meno fraudolento.
La cartamoneta incontra l’arte contemporanea
Oggi, a vent’anni di distanza dal pensionamento della lira, l’incontro tra un esperto e professionista del settore – Gerardo Vendemia, titolare di Cartamoneta.com – e uno dei nomi di punta della pop art italiana – Enrico Dicò – ha reso quell’atto definitivo di far incontrare fuoco e denaro, letteralmente, un’opera d’arte.
Il taglio cartaceo più alto emesso nella storia italiana, le 500.000 lire Raffaello in circolazione dal 15 settembre 1997 al 28 febbraio 2002, è al centro infatti di una creazione in cui – nell’inconfondibile stile dell’artista romano – l’atto creativo della “combustione” di materiali plastici, in sinergia con un sapiente uso delle cromie e dei loro contrasti, fa scaturire un’opera multi materica e suggestiva che ricorda, con originalità, la moneta che ci ha accompagnati fino a vent’anni or sono.
L’approccio artistico di Enrico Dicò secondo Vittorio Sgarbi
L’uso del fuoco nella pop art non è nuovo; lo hanno usato – con finalità ed esiti differenti – maestri come Alberto Burri, Andy Warhol e Yves Klein tuttavia, come sottolinea Vittorio Sgarbi, “[Dicò], da una parte, rivela una concezione pragmatica dell’arte, per cui quello che conta è l’oggetto che riesci a elaborare, non ciò che agiti attorno a esso, dall’altra conferisce all’atto della bruciatura una connotazione che, pur esente da afflato mistico, è comunque di natura materiale, di spiritualità aggiunta, sovrapposta, verrebbe da dire, aumentata, trasferendo nell’oggetto, così modificato, un’impronta indissolubile della propria personalità”.
La personalità di una banconota a suo modo eccezionale – un capolavoro “classico” di stile, di finezza incisoria uscito dalla matita di Gugliemo Savini e dal bulino di Trento Cionini – si fonde così con la materia plastica trasparente e deformata dal calore, che genera una sorta di guscio discontinuo ma che, tuttavia, non intacca l’oggetto al suo interno.
Materializzare la memoria in una capsula del tempo
L’opera intitolata 500.000 Lire ci appare dunque simile ad una materializzazione della memoria: il tempo, la realtà fattuale, le mutazioni della società dapprima incapsulano e poi aggrediscono il ricordo (della lira, in questo caso) senza, tuttavia, togliere a coloro che hanno vissuto – sia concretamente che a livello emozionale – l’esistenza e l’uso di quelle banconote, sprazzi di onirico colore e il vivido, dettagliato aspetto estetico di quello che è stato “il canto del cigno” della valuta italiana prima dell’euro.
E, per quanti non hanno materialmente speso quelle lire, l’opera di Enrico Dicò si propone come una capsula del tempo, aperta e proiettata nel futuro grazie a quel potere evocativo che solo l’arte è in grado di esercitare sull’anima e sulla mente dell’uomo.
Per saperne di più sulle opere dell’artista Enrico Dicò potete accedere al suo sito ufficiale cliccando qui. Per scoprire invece le opere di Mari Roldán, artista spagnola che dipinge capolavori famosi del passato usando le banconote come “tela”, invece, cliccate qui.