Questa rarissima moneta in oro della Repubblica – lo statere del giuramento – ebbe un importante ruolo di propaganda durante la Seconda Guerra Punica
di Roberto Ganganelli | E’ certamente una delle monete più rare e significative della serie romana repubblicana lo statere – risalente circa al 218-216, coniato in oro per 6,82 grammi di peso – che al dritto riporta i volti laureati dei Dioscuri, sotto forma di ritratto gianiforme.
Al rovescio la scena del giuramento con due guerrieri, uno romano e l’altro che rappresenta gli alleati italici, in piedi l’uno di fronte all’altro, von le lance e che toccano, con le loro spade, un maiale tenuto da una terza figura inginocchiata tra loro. In esergo, ROMA.
La bibliografia principale della moneta è: Sydenham 69; Bahrfeldt 1 e pl. I, 8; Crawford 28/1; Kent-Hirmer pl. 7, 14; Historia Numorum Italia 332).
Una moneta, detta dai numismatici “l’oro del giuramento”, che ha una storia ed un’importanza tutte particolari. La Seconda Guerra Punica, infatti, fu uno degli eventi determinanti nella storia di Roma, all’epoca città-stato ma desiderosa di diventare potenza imperiale.
Il conflitto durò quasi una generazione e mise alla prova il governo, i militari e il sistema di alleanze che Roma aveva faticosamente costruito in Italia e oltre. La guerra causò anche un’enorme crisi economica: per pagare lo spese militari, infatti, lo stato romano fece ricorso al credito per la prima volta nella sua storia, sollecitando prestiti dai principali cittadini e dall’alleato Ierone II, re di Siracusa.
Una tensione che si riflette nella monetazione di Roma: non solo la monetazione d’oro divenne necessaria per la prima volta nella storia di Roma, ma il corso degli eventi costrinse a un cambiamento epocale.
Il sistema monetario romano, infatti, iniziò a basarsi sempre di più sul denario d’argento piuttosto che sul bronzo, che aveva perso l’80% del suo valore nei soli primi sei anni di guerra.
Il fatto che i Romani alla fine prevalsero è notevole, dato gli inizi del conflitto ebbero esiti terrificanti. Nonostante Annibale avesse perso un occhio mentre attraversava l’Appennino, le sue abilità strategiche erano intatte: nell’imboscata del Lago Trasimeno nel 217 uccise 15.000 uomini e ne prese 10.000 prigionieri; e a Canne il numero di Romani e alleati che uccise o catturò raggiunse forse i 50.000.
La devastazione delle singole comunità in tutta Italia dovette risultare incomprensibile e così i Romani risposero emettendo una moneta d’oro destinata a sostenere il loro sforzo bellico sia in senso finanziario che politico e propagandistico.
La testa gianiforme dei Dioscuri (Castore e Polluce) sul dritto senza dubbio aveva lo scopo di ricordare l’intervento miracoloso e risolutivo dei gemelli nella battaglia del Lago Regillo e far sì che nessuno dubitasse in ulteriori aiuti divini.
Il rovescio degli mostra una scena di giuramento in cui due soldati toccano le punte delle loro spade a un maiale tenuto da un inserviente. Il soldato a destra, non barbuto, giovane e corazzato, è un romano, mentre l’uomo a sinistra, barbuto e senza armatura, personifica tutti i suoi alleati italici.
Il significato della scena è chiaro: Roma volle spiegare ai suoi alleati che la guerra contro Cartagine doveva continuare ad essere uno sforzo cooperativo. Ciò risultò di fondamentale importanza perché Roma non solo aveva bisogno delle alleanze per sopravvivere all’invasione di Annibale, ma volle far capire a tutti che il vero obiettivo dei Cartaginesi nell’invasione dell’Italia non era tanto, o soltanto, quello di conquistare l’Urbe e i suoi territori, bensì di sottomettere anche tutti i suoi alleati.