Risale al 313-314 un aureo di Licinio che segna la rottura dell’alleanza con Costantino, destinato a diventare “il Grande” e unico imperatore
di Roberto Ganganelli | Figlio di umili contadini della Dacia, Licinio nacque in Moesia attorno al 265 e, come altri giovani della sua epoca, per elevare la propria condizione decise di servire sotto le armi di Roma. Durante la sua carriera militare divenne amico di Galerio del quale fu uno dei fedelissimi in Persia e, alla morte di Flavio Valerio Severo (fine 306 – inizio 307) venne elevato al ruolo di augusto nel 308.
Una porta spalancata verso il potere imperiale, dunque, per l’ambizioso Licinio, sebbene in quadro di equilibri di potere piuttosto fluidi e mutevoli. Licinio iniziò infatti il proprio regno con Galerio come collega, mentre Costantino e Massimino Daia erano, rispettivamente, cesari in Occidente e Oriente.
A complicare le cose vi erano poi Massenzio, che controllava alcune province occidentali, e suo padre Massimiano che sperava di riottenere il potere perduto. Così, nel febbraio 313 Licinio si recò a Milano e incontrò Costantino, fresco della vittoria di Ponte Milvio: i due si allearono e promulgarono assieme l’Editto di Milano. Ma l’idillio fra i due era destinato a durare ben poco, come testimonia l’eccezionale moneta al centro di queste righe.
Un aureo di Licinio dalla collezione Raffaele Garrucci
Si tratta di un bellissimo e raro aureo coniato a Serdica nel 313-314: al dritto LICINIVS AVGVSTVS, testa laureata a destra con legenda IOVI CONSERVATORI AVGG; al rovescio Giove in piedi a sinistra, clamide sopra la spalla sinistra, con in mano la Vittoria su globo e scettro; aquila ai piedi a sinistra, con ghirlanda nel becco, N in campo destro, •SER• in esergo.
Venti millimetri per 5,15 grammi di metallo prezioso: l’esemplare che qui vediamo fa registrare il suo primo passaggio in asta nel 1914 e, ad esitarlo nella vendita XXXIV del 5 maggio, al lotto 1553, è la ditta Dr. Jacob Hirsch che lo indica come proveniente dalla collezione di Raffaele Garrucci (1812-1885), eminente archeologo e numismatico.
Classificato RIC 3, Depeyrot 11/2, Cohen 106, Alföldi 243 e Calicò 5126a, questo aureo è importante dal punto di vista storico perché la data in cui fu coniato segna “l’inizio della fine” nei rapporti l’imperatore Licinio e il suo collega Costantino (che, peraltro, gli era anche cognato avandogli data in sposa la sorellastra Costanza).
Serdica, una zecca per due contendenti
C’è anche una certa “ironia” nel fatto che l’aureo qui illustrato sia stato coniato a Serdica, la stessa zecca che aveva emesso “amichevoli” monete con il ritratto di Costantino e al rovescio il Sole e legenda SOLI COMITI AVGG NN (RIC 4), che avevano lo scopo di sottolineare la coesione tra i due imperatori.
Sostenendo che Licinio aveva ospitato un individuo che aveva ordito un complotto per rovesciare Costantino, infatti, quest’ultimo diede inizio a una guerra e, nel 314, Licinio venne sconfitto a Cibalae e sopraffatto ancora nel 315 nella battaglia del Campus Ardiensis.
Seguì un breve periodo di pace, che tuttavia si interruppe nel 321 quando Costantino mise in rotta una banda di Sarmati sconfinando in una regione controllata da Licinio, un fatto che si ripeté anche nel 323: a quel punto, fu guerra totale.
Licinio ne uscì nettamente sconfitto sia per terra che per mare fino alla decisiva vittoria di Costantino a Crisopoli nel 324; così, Costantino assunse il controllo esclusivo dell’Impero non prima di aver giustiziato – come prassi – l’ingombrante cognato.
Simboli opposti per due personaggi diversi
Le differenze tra i due personaggi si evidenziano anche nelle scelte riguardo al simbolismo. Mentre Costantino evidenziò la sua nuova fede utilizzando il simbolo Chi-Rho sugli stendardi militari (uno stile di stendardo divenuto noto come labarum), Licinio rafforzò invece il suo legame con la tradizione continuando a usare motivi “pagani” sia sulla sua moneta, come in questo aureo, sia sugli stendardi.
Il suo uso coerente dell’iconografia tradizionale romana, in particolare quella di Giove per quanto riguarda la moneta (leggi qui un ulteriore approfondimento), può essere visto dunque sia come motivato dal desiderio di creare una distinzione tra se stesso e il suo avversario, Costantino, sia come un riflesso delle sue vere credenze religiose.