Nel 27 maggio 1824, solennità dell’Ascensione, papa Leone XII (Fabriano 1760 – Roma 1829), nonostante il parere contrario di alcuni cardinali, indice con la Bolla Quod hoc Ineunte Saeculo l’Anno Santo 1825, che dopo l’interruzione del 1800 dovuta agli effetti del “ciclone napoleonico” sull’Europa e la Santa Sede, riprende una tradizione iniziata mezzo millennio prima, col Giubileo del 1300 indetto da Bonifacio VIII.

Leone XII, medaglia anno I in oro (coniati solo 34 esemplari): san Pietro e la legenda del rovescio alludono all’indizione dell’Anno Santo 1825

Con una bolla successiva dal titolo Exultabat spiritus noster il papa estende benefici e indulgenze legati al periodo giubilare e impartisce tutte le disposizioni per l’organizzazione dell’Anno Santo: per l’arrivo dei numerosi pellegrini si rendono così necessari molti lavori di ampliamento e riadattamento di uffici di varie confraternite, come Santa Maria dell’Orazione e Santa Trinità dei Pellegrini.

Leone XII, al secolo Annibale Sermattei della Genga, appartiene a una famiglia di antica nobiltà insignita del titolo comitale, ed è stato eletto nel 1823; appartiene alla corrente degli intransigenti, avversi alla idee rivoluzionarie e l’Anno Santo si inserisce nel suo progetto di nuova cristianizzazione dell’Urbe e della civiltà.

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Un ritratto di papa Leone XII (Annibale Sermattei della Genga) e uno dei mattoni murati nella Porta Santa al termine del Giubileo del 1825

La Curia romana, tuttavia, nutre motivati dubbi, sia per la complessità nel gestire un grande flusso dei pellegrini che per le spese che il bilancio dello Stato Pontificio, “messo al sacco” da Napolone, dovrà sostenere: “Noi abbiamo pubblicato il Giubileo e il Giubileo s’aprirà. Ora la sagra tromba ha squillato: le nazioni cristiane sono convocate: noi faremo il nostro dovere, né temeremo alcun pericolo. Si dirà quel che si dirà: si ha da fare il Giubileo”. Sono però le parole di Leone XII.

Tra le opere di restauro e abbellimento di Roma volute da Leone XII anche la riedificazione della Basilica di San Paolo fuori le Mura celebrata in questa medaglia

Poiché molte chiese erano danneggiate, il papa ordina: “Le Basiliche Patriarcali, e tutte le altre chiese di Roma siano ristaurate, ripulite e ridotte a quella decenza che si conviene ai sagri templj della Capitale del Mondo Cattolico, residenza del Sommo Pontefice, dovendo in essa ammirarsi in special modo la Maestà lo splendore e il decoro della Religione, soprattutto nella circostanza dell’imminente Anno Santo”. Viene anche decisa la ricostruzione della Basilica di San Paolo, danneggiata da un incendio nell’estate del 1823.

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Solenne e di alto livello la medaglia per l’apertura dell’Anno Santo 1825 con legenda nell’esergo del rovescio che recita IANVAS COELI APERVIT: ne è autore l’esperto Giuseppe Girometti

Durante l’Anno Santo 1825 Roma torna capitale della Cristianità, percorsa da processioni dei pellegrini e trasfigurata dalle cerimonie religiose, al punto che il liberale Massimo d’Azeglio la descrive come ridotta “ad un grande stabilimento di esercizi spirituali”.

La sera del 24 dicembre 1824 Leone XII, febbricitante, apre la porta santa di San Pietro; circostanza curiosa, il papa è assistito da due futuri pontefici, il cardinale Francesco Saverio Castiglioni che gli succederà col nome di Pio VIII, e il tredicenne Gioacchino Pecci, che sarà un giorno Leone XIII e che, indicendo il Giubileo del 1900, ricorderà quell’evento.

Anche l’apertura della Porta Santa del Laterano, “arcibasilica” e cattedrale del vescovo di Roma, per questo primo Giubileo del XIX secolo ha la sua medaglia

Consapevole del potere di propaganda delle medaglie, Leone XII ne fa coniare numerose legate all’Anno Santo e che sono qui illustrate: da quella per l’indizione con San Pietro e la legenda TECVM APERIAM VT THESAVROS ANNI SANCTIORIS a quelle per l’apertura e la chiusura della Porta Santa; senza contare quella per un’altra apertura, quella della Porta Santa del Laterano, sede del vescovo di Roma, e la medaglia straordinaria sul cui rovescio la Chiesa raggiante, con calice, ostia e croce, sede sul globo terreste al motto di SEDET SVPER VNIVERSVM. E, naturalmente, la medaglia per i lavori di ripristino della Basilica di San Paolo fuori le Mura.

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Con la legenda ET CLAVSIT, la medaglia di Giuseppe Girometti per la conclusione dell’Anno Santo 1825 vede papa Leone XII dare inizio alla muratura della Porta Santa in San Pietro

L’Anno Santo 1825 rappresenta un passaggio significativo anche dal punto di vista numismatico: si tratta infatti dell’ultimo Giubileo (fino a quello straordinario del 1933-1934) per il quale viene emessa dalla Santa Sede una speciale moneta, la leonina in oro al titolo di 917 millesimi, 23 millimetri per 7,49 grammi di metallo prezioso.

Il dritto della rara leonina in oro coniata nel 1826 dalla zecca di Roma (ma con data 1825) per celebrare l’Anno Santo: sarà, per oltre un secolo, l’ultima moneta giubilare

Curioso il fatto che, pur conosciuta come doppio zecchino, questa emissione abbia il titolo della doppia romana e nei documenti del tempo sia tariffata a 4,40 scudi d’argento.

In realtà, la leonina o doppio zecchino viene battuta in 1909 esemplari nei mesi di aprile e maggio del 1826; i coni sono incisi da Giuseppe Cerbara e il rovescio, in abbinamento al dritto con lo stemma di Leone XII ornato di chiavi e tiara, ripropone all’incirca il soggetto della medaglia straordinaria opera del fratello Nicola Cerbara e coniata l’anno precedente, vale a dire la Chiesa (o la Religione) seduta sul globo, il capo raggiante, nelle mani pisside con ostia e grande croce.

“Purificati i popoli” la Chiesa ha di nuovo adempiuto al suo compito millenario, come ci fa comprendere il rovescio di questa moneta incisa da Giuseppe Cerbara

Stavolta, però la legenda è diversa e legata in modo esplicito all’Anno Santo appena trascorso: le parole POPVLIS EXPIATIS, infatti, significa “Purificati i popoli” e sancisce l’opera riconciliatrice fra Dio e gli uomini compiuta attraverso i riti giubilari.

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La medaglia straordinaria del 1825 opera di Nicola Cerbara, fratello di Giuseppe e anch’egli quotato incisore presso la zecca pontificia

Del resto, come detto in apertura, quello del 1825 è in fondo l’Anno Santo “della rivincita”: Napoleone è scomparso dalla scena, il Congresso di Vienna capeggiato dalla cattolicissima Austria ha ridato all’Europa una parvenza di stabilità e papa Sermattei della Genga può guardare al futuro della Chiesa con maggior serenità. Certo non immagina che il suo successore Pio IX non celebrerà quello del 1850 e che vivrà da “prigioniero in Vaticano” quello del 1875.