La proposta di legge del sindaco di Stazzema rischia di assestare un altro colpo al collezionismo; ma siamo sicuri che la damanatio memoriae paga?
di Roberto Ganganelli | Ci ha scritto tramite la nostra pagina Facebook (clicca qui e seguici) il lettore Marco Tomasini: “Come certamente saprete, il sindaco di Stazzema sta raccogliendo firme per una legge di iniziativa popolare contro la propaganda fascista e nazionalsocialista. Gradirei sapere dagli esperti che lavorano per la vostra rivista se la suddetta legge, una volta approvata, potrebbe influenzare il collezionismo di monete, alcune delle quali riportano simboli del fascismo e del nazismo”.
Per dare una risposta al signor Tomasini e a tutti quei collezionisti che hanno avuto lo stesso dubbio, rileggiamo innanzi tutto il testo della proposta di legge di iniziativa popolare che è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 260 lo scorso 20 ottobre.
Il testo della proposta di legge di iniziativa popolare
“Art. 1. – 1. Nel capo II del titolo I del libro secondo del codice penale, dopo l’articolo 293 è aggiunto il seguente: «Art. 293-bis. – (Propaganda del regime fascista e nazifascista). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque propaganda i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero dei relativi metodi eversivi del sistema democratico, anche attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne fa comunque propaganda richiamandone pubblicamente la simbologia o la gestualità è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. La pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo se il fatto è commesso attraverso strumenti telematici o informatici». 2. All’articolo 5, primo comma, della legge 20 giugno 1952, n. 645, le parole: «sino a» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a».
Art. 2 – 1. Al Decreto Legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito in Legge 25 giugno 1993, n. 205, recante «Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa» all’art. 2 dopo il comma 1 aggiungere il seguente: «1-bis. Qualora in pubbliche riunioni di cui al comma 1, l’esposizione riguardi emblemi o simboli riconducibili al partito fascista o al partito nazionalsocialista tedesco, la pena di cui all’art. 2 comma1, è aumentata del doppio»”.
Una legge, per essere giusta, deve essere chiara
E’ propabile che il problema del commercio a scopo collezionistico si ponga, effettivamente, a motivo di quell’espressione – “vendita di beni” – che, nella sua disarmante genericità, di fronte a un giudice potrebbe far finire nello stesso calderone le 2 lire del 1940 e la bottiglia di vino “nero” di Predappio, la croce di ferro di un reduce del fronte russo e un busto a grandezza naturale, in policarbonato, del (mai compianto) Adolf Hitler.
Tra gadget nostalgici e oggetti del passato, apologia del fascismo o del nazismo e testimonianze storiche, tuttavia, come sempre c’è da fare una netta distinzione; e questa si verifica, ben prima che nelle eventuali sedi giudiziarie, nella mente stessa di coloro che possiedono, collezionano ed eventualmente commerciano questo tipo di oggetti.
La moneta italiana, la medaglia, il francobollo del ventennio o gli stessi di produzione tedesca del periodo hitleriano – lo stesso vale per francobolli, distintivi, medaglie – rappresentano per migliaia di collezionisti le “tessere di un mosaico”, delle sorgenti di conoscenza “tascabili”, dei frammenti di passato da salvare dalla dispersione; e, questo, non perché l’epoca di cui sono espressione sia da rimpiangere né, tanto meno, da invocare come modello per il futuro, ma solo per quell’istinto innato che accomuna gli appassionati di numismatica, militaria, medaglistica, filatelia, modernariato.
È un “sentire” che, nella stragrande maggioranza dei casi, è parte di un hobby, di un passatempo, spesso non privo di un valore aggiunto di tipo culturale e che solo in pochi casi declina in “nostalgia”, revanscismo o, peggio, in apologia di reato. Non dimentichiamo, poi, che la damnatio memoriae non è quasi mai garanzia di non ripetere gli errori storici.
Non dimenticare Stazzema, non dimenticare il passato
Quella della strage di Sant’Anna di Stazzema – 560 morti, di cui 130 bambini, trucidati nell’agosto del 1944 dalle SS con la collaborazione attiva di vari italiani ai rastrellamenti – è una memoria che non deve né perdersi né finire “annacquata” da quanti, senza memoria diretta né indiretta, confondono le brutalità del passato, in modo semplicisitico quanto preoccupante, con falsi miti di “onore”, “fierezza” e “patriottismo”.
Non c’è patria senza memoria e, per i veri collezionisti, non c’è memoria senza oggetti. Se la legge raggiungerà le cinquantamila firme necessarie, approderà in Parlamento e sarà approvata senza modifiche, riteniamo che il problema del commercio di monete, medaglie e oggetti “fascisti” o “nazisti” purtroppo si porrà, proprio per quel margine di “discrezionalità di lettura” che i giudici hanno e che – si è visto, purtroppo, in altri casi, sia per le monete antiche che per documenti postali “di provenienza statale” – ha portato all’equazione “collezionismo uguale reato”, con danni enormi per tante persone oneste che credevano di dedicarsi solo a una forma di passatempo innocente.
Non dimentichiamo Stazzema, dunque, né il Binario 21 o le violenze perpetrate da una parte di italiani su tanti innocenti quando le ideologie totalitarie avevano fatto smarrire l’anima alla nostra gente. Ma lasciamo che i collezionisti siano liberi, oggi e in futuro, di mostrare a figli e nipoti un album di monete, un vassoio di medaglie o una raccolta di buste e cartoline complete, non “purgate” da un distorto concetto del politically correct.
Per saperne di più
Per saperne di più sull’eccidio di Sant’Anna di Stazzema del 12 agosto 1944 potete visitare questo sito. Se volete firmare la proposta di legge di iniziativa popolare seguite invece le indicazioni riportate in questa pagina.