Le prime coniazioni di monete “ad acqua” nella Repubblica di Lucca

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Dalle proposte per coniazioni di monete “ad acqua” all’esperimento di trafila di mastro Antonio Moretti

 

di Giuliano Marchetti (in memoriam) | Nella seconda metà del secolo XVII una serie di cause concorse a limitare fortemente l’operato della zecca lucchese e la battitura di monete.

La Serenissima Repubblica di Lucca aveva da poco concluso la costruzione delle nuove mura, un’opera grandiosa costata, alla fine, quasi un milione di scudi d’oro e che lasciò praticamente vuoti i forzieri della Camera Pubblica.

La concorrenza mercantile, inoltre, stava provocando una situazione economica difficilmente sostenibile. Molte famiglie lucchesi furono coinvolte in eclatanti fallimenti e, come se ciò non bastasse, anche i commerci interni iniziarono a segnare il passo.

Lucca – Barbone del 1669 (Ag, g 3,32 mm 24, Cni 696)
Lucca – Barbone del 1669 (Ag, g 3,32 mm 24, Cni 696)

Una Repubblica in emergenza monetaria

La necessità di batter moneta divenne sempre più scarsa, tant’é che per gran parte dell’anno la zecca rimaneva chiusa. Inoltre, i processi di lavorazione comportavano ancora la trafilatura a mano per la quale occorrevano “non meno di quattro persone” e un grande dispendio di tempo: cosa, questa, che incideva notevolmente sui costi di battitura.

All’inizio del 1680 la zecca era praticamente in disuso, a causa degli alti costi di gestione e della cronica penuria di fondi a disposizione della “Camera Publica”.

Il 7 gennaio 1682 il Consiglio Generale della Repubblica, nonostante le difficoltà finanziarie dello Stato, decise tuttavia di riorganizzare e ristrutturare la zecca, se non altro per motivi “d’immagine”, e per far ciò conferì nuovi e maggiori poteri ai Commissari di Zecca portando il loro numero da tre a sei per i successivi cinque anni.

L’ufficio dei Commissari era stato istituito a Lucca nel 1371 ed era composto da tre “spettabili cittadini” nominati direttamente dal Consiglio Generale. Il loro incarico durava un anno e il loro compito era quello di soprintendere a tutti i lavori che avvenivano in zecca, pagare gli operai, far eseguire le necessarie manutenzioni e così via. Il cosiddetto “Offitio” dei Commissari di Zecca rimase attivo fino al gennaio 1801.

Lucca – Duetto del 1686 (Mi, g 1,18 mm 18, Cni 718)
Lucca – Duetto del 1686 (Mi, g 1,18 mm 18, Cni 718)

Una zecca in difficoltà e da riprogettare

Nella relazione di fine mandato redatta per il Consiglio Generale, i Commissari di Zecca in carica per l’anno 1682, oltre a descrivere i numerosi problemi incontrati nel loro “offitio”, riferirono di aver provato a batter moneta per la festa dell’Esaltazione della Santa Croce, il 14 settembre, pervenendo a conclusioni tutt’altro che positive.

Infatti: “Havendo volsuto far l’esperienza per scudi 300 incirca battuti per la festività di Santa Croce, trovammo che a pena se ne stava in capitale”.

Secondo quanto stabilito dal Consiglio Generale, le spese per le operazioni di trafilatura e battitura non potevano superare un valore pari ad una frazione percentuale del valore totale delle monete coniate: per esempio per i “barboni” i costi non potevano superare il 4% del valore complessivo.

La trafilatura a mano, è chiaro, non permetteva più di rispettare questi parametri, e anche le paghe per i lavoranti erano troppo esigue. Da qui le lamentele dei Commissari all’Eccellentissimo Consiglio. Inoltre, non di rado, occorreva aggiungere il costo della “addolcitura” dell’argento, poiché sul mercato non sempre si trovavano pani di quel metallo di bontà accettabile.

Questa ulteriore operazione, per di più, conduceva ad un calo del peso complessivo dovuto non solo alla presenza di impurità nel metallo ma, soprattutto, alla tecnica di addolcitura che era giudicata dagli stessi commissari non redditizia rispetto a quella usata da molte altre zecche, cioè la fusione in crogioli di terra.

D’altronde, questo secondo metodo necessitava di persone assai esperte, introvabili a Lucca per ammissione degli stessi Commissari.

Il fosso, appena entro le nuove mura di Lucca, lungo il quale venne realizzata la prima trafila per monete alla fine del XVII secolo
Il fosso, appena entro le nuove mura di Lucca, lungo il quale venne realizzata la prima trafila per monete alla fine del XVII secolo

La Commissione per affiancare i Commissari

Il 9 aprile 1682, il Consiglio Generale, discutendo sull’effettiva impossibilità di battere moneta “traendo utili accettabili” decretò che tre cittadini lucchesi (nella fattispecie i signori Francesco Burlamacchi, Jacopo Sardini e Francesco Bernardini) affiancassero i Commissari di Zecca in carica nell’esaminare la questione e con l’obbligo di riferire entro quindici giorni. Il 24 aprile venne presentata al Consiglio Generale una relazione con tre possibili soluzioni.

La prima proponeva di far venire da fuori “persone assai perite”. In questo modo si sarebbero risolti molti problemi nella conduzione, ma i loro stipendi sarebbero stati sicuramente a carico della “Camera Publica” visto che era impossibile rifarsi con la battitura.

Lucca – San Martino da 15 (Ag, g 6,11 mm 28, Cni 687)
Lucca – San Martino da 15 (Ag, g 6,11 mm 28, Cni 687)

La seconda proponeva di affidare l’officina monetaria in gestione ai mercanti lucchesi, i quali avrebbero battuto moneta per loro conto quando ce ne fosse stata la necessità accollandosi le spese e pagando allo stato un “honesto profitto”.

La terza proponeva, infine, di dare in appalto la zecca “al maggior offerente” cioè ad un privato che, accollandosi tutte le spese, si impegnava a battere moneta “buona” per la Repubblica traendo per se un utile considerato accettabile dal Consiglio Generale.

Riguardo a quest’ultima ipotesi, nei mesi successivi venne stilata una normativa composta da ventuno articoli alla quale si sarebbe dovuto attenere l’eventuale vincitore dell’appalto.

Alla fine, tuttavia, nessuna delle tre ipotesi venne considerata realizzabile dal Consiglio Generale che invitò i Commissari di Zecca a trovare altre soluzioni.

La nomina di mastro Antonio Moretti e la sua ruota ad acqua

Il 6 aprile dell’anno successivo i responsabili dell’officina monetaria, in una loro riunione, discussero per la prima volta del modo di trafilare utilizzando una ruota ad acqua così come proposto da mastro Antonio Moretti, un bolognese abitante a Lucca che aveva una ruota ad acqua a Porta San Pietro, lungo i fossi.

I Commissari decisero anche di fare una prova con la ruota di mastro Antonio calcolando la spesa necessaria per battere “una fusa di moneta il cui peso non passi i tre denari il pezzo”.

La prova si rivelò di grandissimo interesse e il risparmio che si ottenne rispetto alla trafilatura a mano sfiorò il 60%. Ecco la trascrizione della relazione inviata dai Commissari di Zecca al Consiglio Generale riguardo a tale prova (fonte: A.S. Lucca):


Calcolo del vantaggio che si ricaveria dalla ruota a acqua è come appresso

Calcolo delle spese che si fanno per battere una fusa di moneta il cui peso non passi tre denari il pezzo.

  • Per fondere libbre 80 materiale
  • nella Zecca del Palazzo ———- lire 7 soldi 10 all’acqua ———- lire 7 soldi 10
  • Per tagliare piastre fuse
  • nella Zecca del Palazzo ———- lire 1 soldi 16 all’acqua ———- lire 1 soldi 16
  • Per trafilarli
  • nella Zecca del Palazzo ———- lire 36 soldi – all’acqua ———- lire 5 soldi –
  • Per cuniarli al torchio
  • nella Zecca del Palazzo ———- lire 42 soldi – all’acqua ——— lire 7 soldi 10
  • Per la spesa di punsoni
  • nella Zecca del Palazzo ———- lire 16 soldi – all’acqua ——— lire 4 soldi –
  • Per ricuocere
  • nella Zecca del Palazzo ———- lire 5 soldi 12 all’acqua ——— lire 5 soldi 12
  • Per i taglioli
  • nella Zecca del Palazzo ———- lire 12 soldi – all’acqua ——– lire 18 soldi –
  • Per il mastro di Zecca
  •  nella Zecca del Palazzo ———- lire 8 soldi – all’acqua ——– lire 4 soldi –

 lire 128 soldi 18 lire 53 soldi 8


La trafilatura e la coniazione ad acqua: una soluzione possibile

Vista la redditività del nuovo metodo proposto per trafilare, il Consiglio Generale prese in considerazione l’idea di costruire una nuova officina dotata di una ruota ad acqua per le trafile ed incaricò i Commissari di indicare possibili aree all’interno della città dove far sorgere il nuovo edificio.

Dovendo installare una ruota ad acqua, i luoghi migliori erano quelli lungo il corso dei fossi che circondavano la vecchia cinta muraria del XIII secolo.

Alla fine furono individuati tre possibili siti: il primo a Porta San Pietro accanto, alla bottega di mastro Antonio Moretti, che aveva il vantaggio di essere vicinissimo alle nuove mura della città così da poter essere sorvegliato dall’alto giorno e notte; il secondo in un’area alla Fratta, dove si poteva sfruttare la ruota di un “fabbicante di lana”, il Franchi; il terzo, infine, a Porta San Jacopo “nelle case” di un certo Benedini.

In quest’ultimo sito, alcuni anni prima, già esisteva un’officina monetaria condotta da Jacopo e Valentino Berti, zecchieri veneziani, che nel 1668 avevano ottenuto la concessione dal Consiglio Generale di batter moneta per conto terzi.

Lucca – Luigino del 1668 (Mi, g 1,79 mm 21, Cammarano 193)
Lucca – Luigino del 1668 (Mi, g 1,79 mm 21, Cammarano 193)

I fratelli Berti, due zecchieri veneziani a Lucca

I Berti, in realtà, usarono la zecca lucchese per coniare luigini in bassa lega a imitazione quelli di Francia e di Dombes, monete all’epoca molto usate negli scambi commerciali con l’Impero Ottomano dato che, in quelle terre, il luigino era apprezzato – più che come moneta – come oggetto decorativo e usato per comporre pendenti ed altri gioielli.

Nel 1670 venne scoperta la truffa, ma i Berti riuscirono a fuggire lasciando dietro di loro solo una scia di debiti. Un creditore dei Berti, Domenico Pieri, riuscì ad impossessarsi delle attrezzature presenti nella zecca di San Jacopo e di nascosto le ripose in un magazzino a Viareggio.

Solo dopo sedici anni, nel 1686, Il Consiglio Generale venne a conoscenza di questi “ordegni ad uso di zecca”. Essendo anche la Repubblica creditrice dei Berti, il Consiglio Generale, avvalendosi del proprio diritto di prelazione, decretò la confisca di quei beni su proposta dei Commissari.

Di quell’attrezzatura abbiamo un minuzioso inventario. Il coniatore di zecca Bartolomeo Nerici, esaminandola, la trovò “robba molto a proposito del bisogno, ritrovandosi tra trafile ognuna di esse un pezzo solo le quali sono necessarie per la ruota ad acqua essendo quelle che presentemente hanno servito molto frante”.

Ecco di seguito l’elenco completo il quale ci da una precisa idea di che cosa si poteva trovare in una zecca con trafile ad acqua del secolo XVII (fonte: A.S. Lucca).


Inventario delli stivigli per zecca fatti venire da Viareggio in n° casse 8 e ritrovati come appreso ad’ 13 Decembre 1688 e riposti in tarpea in casse 6 come segueno

 Cassa numero 1

  •  no 4 balzi di ferro inacciariti e torniati di libbre 162
  • no 6 rotelle nuove di bronzo “ 62
  • no 1 pezzo di ottone lavorato per trafila “ 3. 6
  • no zeppe di ferro per taglioli “ 8

 Cassa numero 2

  •  no 4 balzi di ferro inacciariti e torniati per tralile di libbre 175
  • no 7 rotelle di bronzo nuove “ 69
  • no 2 pezi pieni di piombo et altro in tutto “ 41
  •  diverse viti con madreviti e chiavi per taglioli e trafile “ 25

 Cassa numero 3

  •  no 1 morza grossa con la sua chiave e vite “ 118
  • no 1 detta piccola con viti e chiavi “ 55
  • no 2 viti di ferro inacciarite per il torchio una intagliata  e l’altra solo disegnata “ 144

 Cassa numero 4

  •  no 1 piastra per trafila di ferro “ 59
  • no 1 detta abbozzata “ 38
  • no 2 morzetti a mano con due chiavi “ 8. 6
  • no 2 ganasce di bronzo conpre(n)sivi 6 pe(..)tti
  •  ferro in dette per due taglioli “ 195
  • no 8 rotelle di bronzo “ 81

Cassa numero 5

  • no 2 balzi per trafila come gli altri “ 72
  • no 2 cosciali di ferro per una trafila aggiustati “ 123
  • no 1 vite per il torchio intagliata “ 64
  • no 2 piastre di ferro abbozzate con una chiave da morza e una madrevite “ 80

Cassa numero 6

  •  no 1 pila di ferro con sue viti per cugni del torchio “ 12
  • no 1 altera detta per altro servitio, o (sia maniglia ? ) “ /
  • no 1 piastra per trafila “ 32
  • no 44 cugni inacciariti senza impronta “ 58
  • no 1 mazza usata inacciarita “ 21
  • no 1 mazzetto e martelletto inacciariti buoni “ 13. 6
  • no 42 cugni inacciariti senza intagliare “ 66
  • no 1 (mazzetta) grossa a mano “ /
  • no 1 p(aro) (..este) e 4 scalpelli per intagliare lime “ /
  • no 1 dente da (morza) “ 1
  • no 2 lime grosse usate “ /
  • no 1 paro tanaglie da fucina “ /
  • no 3 lime consumate “ /
  • n0 3 denti da morza “ /
  • n0 12 scalpelli d’acciaro e 6 lime usate “ 13
  • n0 1 madrevite con 4 mastii “ /
  • n0 3 pezzi ottone lavorato per trafile “ 11

Casse due da fiaschi

  • no 1 morza “ 116
  • no 1 detta “ 96
  • no 1 paro forbici grosse con i suoi perni e zeppe “ 78
  • no 1 cosciale di ferro per trafila sbozzato con altri ferri attenenti et un paro tanaglie per fucina “ 134

e furono fatte puonere nelle stanze delle munitioni di cortile.


 

Di grande interesse, per conoscere nei dettagli l’operatività di una zecca del XVII-XVIII secolo ci appaiono di questo documento, in particolare, i dettagli relativi agli utensili, ad esempio il “cosciale di ferro”, e quelli attinenti ai materiali creatori (si trovarono “no 42 cugni inacciariti senza intagliare”).

Lucca – Panterino del 1683 (Mi, g 0,64 mm 27, Cni 714)
Lucca – Panterino del 1683 (Mi, g 0,64 mm 27, Cni 714)

1713: finalmente operativa la nuova zecca idraulica

Lucca riuscì ad avere una nuova zecca ad acqua sotanto nel 1713, cioè circa trent’anni dopo la primissima proposta dei Commissari, in questo studio illustrata, di trafilare con il sistema idraulico, più veloce ed economico rispetto a quello tradizionale.

In quel lungo periodo si susseguirono altri progetti, relazioni e dispute su come e dove realizzarla. Tutto è conservato nei libri mastri dei Commissari di Zecca, presso l’Archivio di Stato di Lucca, e da essi abbiamo tratto gli avvenimenti riguardanti questo progetto.

Un progetto organico relativo alla costruzione della nuova zecca, secondo il quale doveva essere eretta a Porta San Pietro, lungo i fossi cittadini e che fu invece realizzata, nel 1701, in prossimità delle mura (odierno baluardo San Colombano) dove il fosso forma un’ansa.

La pianta della prima zecca idraulica impiantata a Lucca (elaborazione del disegno originale conservato presso l’Archivio di Stato di Lucca). Legenda: (1) “Stanza per l’Ill.Offizio”; (2) “Stanza per il zecchiere”; (3) “Stanza per i taglioli”; (4) “Stanza per uso de’ Bianch[imento] e per Fonderia”; (5) “Stanza per il carbone”; (6) Trafila; (7) “Andito”; (8) “Stanz[ino] per il cugnatore”; (9) “Orto”; (10) Condotta forzata; (11) Fosso principale
La pianta della prima zecca idraulica impiantata a Lucca (elaborazione del disegno originale conservato presso l’Archivio di Stato di Lucca). Legenda: (1) “Stanza per l’Ill.Offizio”; (2) “Stanza per il zecchiere”; (3) “Stanza per i taglioli”; (4) “Stanza per uso de’ Bianch[imento] e per Fonderia”; (5) “Stanza per il carbone”; (6) Trafila; (7) “Andito”; (8) “Stanz[ino] per il cugnatore”; (9) “Orto”; (10) Condotta forzata; (11) Fosso principale
Nei documenti vengono descritte accuratamente le dimensioni dei locali (espresse in braccia per le misure lineari e in canne per quelle di superficie) ed i costi per realizzare ogni opera necessaria. Ricordiamo che un braccio lucchese corrispondeva a metri 0,5904 mentre una canna a metri quadrati 5,5790.

Interessante è la pianta, che permette di stabilire l’ubicazione dei singoli locali (tra i quali la “stanza per i taglioli”, la “stanza per uso di bianch[itura] e per fonderia” e quella “per il zecchiere”) per svolgere le varie fasi della lavorazione.

Tra cataratte, saracinesche e “macchine dei balzi”

L'edificio della prima zecca lucchese per coniazioni di monete “ad acqua”
L’edificio della prima zecca lucchese per coniazioni di monete “ad acqua”

Nel fosso venne creato uno slargo per avere una maggiore quantità d’acqua che, tramite la chiusura di una cateratta o saracinesca, faceva aumentare il livello, creando una gora.

L’acqua metteva in movimento le trafile o “macchine dei balzi” ottenendo, attraverso successivi passaggi, l’assottigliamento del metallo che, nella stanza dei taglioli, veniva poi ridotto a tondelli per successiva la coniazione.

Questa piccola officina, il cui edificio è ancora oggi in parte esistente e visibile, dette così alla Repubblica di Lucca la possibilità di sperimentare la forza idraulica nella coniazione.

In tal modo, veniva finalmente risolto l’annoso problema della competitività economica con le zecche degli altri Stati favorendo quella ripresa e regolarizzazione delle coniazioni che caratterizzerà gran pare del XVIII secolo.

Crediti

Le immagini delle monete sono tratte dal libro di Mirco Pezzini Zecca di Lucca. Monete dal VII al XVIII secolo (senza indicazione di editore e città, ma Lucca 2006). Le foto dell’edificio della zecca sono di Roberto Ganganelli.