Prima che il metallo prezioso arrivasse da Oltreoceano, le colonie del Nuovo Mondo erano costrette ad importare moneta dalla Spagna

 

Una miniera d'argento nelle colonie spagnole in un'antica stampa
Una miniera d’argento nelle colonie spagnole in un’antica stampa

a cura della redazione | Sembra impossibile, eppure per ovviare alla mancanza di moneta nel Nuovo Mondo il governatore di Siviglia Nicolàs de Ovando – era il 1506 – decise l’invio nelle colonie di due milioni di maravedis, da coniarsi in Spagna.

Paradossalmente, dunque, nonostante nel Nuovo Mondo l’argento abbondasse fin troppo generosamente, si acquistarono, tramite mer­canti genovesi, testoni per ben 283 quintali d’argento e quasi la stessa quantità di rame per portare a termine l’operazione. E la fabbricazione di questa massa di monete non era ancora terminata nel maggio del 1511.

Un continente ricchissimo ma senza monete

Garcilaso de la Vega, poeta e letterato spagnolo del XVI secolo
Garcilaso de la Vega, poeta e letterato spagnolo del XVI secolo

La mancanza di moneta metallica era, infatti, totale nelle colonie d’Oltreoceano, dato che quando gli Spagnoli invasero ed occuparono le Indie, la moneta vi era sconosciuta.

Leggiamo a questo proposito un eloquente passo del poeta e letterato Garcilaso de la Vega: “[…] ancora ai miei tempi che furono sino al 1560, come pure nei venti anni che seguirono, non si trovava moneta nella mia terra, e gli Spagnoli al suo posto per comprare e per vendere usavano pesare l’argento e l’oro”.

Negli scambi i nativi tradizionalmente usavano ricorrere al baratto oppure, sia come mezzo di scambio sia come misura di valore, facevano uso di semi di cacao, di piume, di tessuti, d’oro in polvere o di piccoli pezzi di stagno o di rame a forma di T.

Anche i coloni Spagnoli ricor­sero per i pagamenti a sostituti della moneta metallica essendo questa ovunque rara e difficile da trovarsi. Quando si faceva uso d’oro in polvere o d’argento in pani si distingueva tra il metallo che era stato saggiato dagli uffici competenti (e sul quale era stata quindi pagata un’imposta) ed il metallo non saggiato, chiamato “corrente”.

Nell’area di Buenos Aires, sino alla fine del Cinquecento, la mancanza di moneta metallica era totale e ancora nel dicembre del 1574 il cabildo di Córdoba dichiarava che non si trovava in quella terra moneta con cui contrattare.

Alcune curiosità dai documenti d’epoca

Hispaniola sarebbe stata la prima colonia a ricevere una rimessa di monete coniate sempre a Siviglia; altre rimesse di una certa consistenza furono effettua­te dalla madre patria alle colonie nel 1523 e poi ancora nel 1531.

Questi invii di moneta dalla madrepatria erano comunque troppo limitati per avere un impatto sull’economia delle colonie. Un documento del 1547 fa riferimento ad un pugno di monete esistente in Panama, un altro documento cita un individuo che possedeva qualche reale a Guayaquil ed un ultimo documento rivela che, verso la fine degli anni Quaranta del secolo, il solo luogo dove i reali si potevano trovare era Portoviejo.

Le prime zecche del Nuovo continente

Carlo e Giovanna la Pazza (1516-1556): 2 real coniati a Città del Messico  nel periodo 1542-1555
Carlo e Giovanna la Pazza (1516-1556): 2 real coniati a Città del Messico nel periodo 1542-1555

Già nelle istruzioni date dai sovra­ni spagnoli il 23 aprile 1497 fa capolino la loro inten­zione di stabilire una zecca a Santo Domingo. Nello stesso periodo, per ovviare agli inconvenienti derivanti dalla mancanza di mone­ta, si decise di coniare in Spagna, con il metallo ricevu­to dalle Indie, moneta da destinarsi alle colonie.

L’11 maggio 1535 venne emanato l’ordine per la istituzione di una zecca a Città del Messico, con l’autorizzazione a battere moneta d’argento: multipli e sottomultipli del real, cioè pezzi da 3, 2, mezzo e un quarto; era esclusa la coniazione dell’oro.

Due anni dopo, il 18 novembre 1537, il governatore del vicereame di Nueva España, Antonio de Mendoza ordinava la sospensione della coniazione dei reali da 3, che si confondevano facilmente con i pezzi da 2, e autorizzava la battitura di monete da 8, 4, 2 e da mezzo reale.

La cavalcata trionfale delle pezze da otto

Saliva così alla ribalta, quasi di soppiatto, il pezzo da 8 chiamato ufficialmente real de a ocho, che diventerà la pieza española por antonomasia, il pezzo destinato a diventare il fulcro dei traffici e delle transazioni internazionali.

Nuovo Regno, rarissima moneta da 8 real del 1652: fa parte del fiume d'argento monetato che dalle Americhe passò l'Altantico verso l'Europa
Nuovo Regno, rarissima moneta da 8 real del 1652: fa parte del fiume d’argento monetato che dalle Americhe passò l’Altantico verso l’Europa

Ma per qualche tempo l’autorizzazione restò lettera morta. I primi reales de a ocho videro la luce solo più tardi, nei primi anni del regno di Filippo II, probabilmente in Messico. Non solo, ma all’inizio queste monete non furono ben accette. La loro coniazione fu addirittura sospesa tra il 1543 e il 1545 perché la loro fabbricazione risultava troppo laboriosa e costosa, produceva uno scarto eccessivo e perché non erano molto graditi”.

Poi, nel 1537 le cose cambiarono data l’insistenza con cui la gente richiedeva una sempre maggior quantità di pezzi da 8. L’11 dicembre 1558 le Cortes di Valladolid lamentavano che le zecche producevano sempre meno monete da mezzo reale e sempre più da 4 e da 8.

In seguito vennero aperte altre zecche: nel 1574 quella di Potosì, poi Santo Domingo, Lima e la fabbricazione di moneta d’argento in loco, con l’argento prodotto nelle Americhe, continuò a ritmo serrato.

E fu una vera inflazione di monete: basti pensare che con l’argento delle monete da otto reali, rifuse, le zecche europee continuarono per decenni a battere le loro monete.