Tre figure femminili e il Campidoglio per un magnifico testone firmato Hamerani | Una moneta finora interpretata da alcuni numismatici in modo frettoloso
di Roberto Ganganelli | DIGNIS VICTORIAM, vale a dire “La vittoria ai meritevoli” (dal II libro dei Maccabei, 15, 21): questo è il motto che appare sul raro testone in argento dell’anno VI di pontificato (1705-1706) di papa Clemente XI Albani (esiste anche, esemplare unico al Medagliere Vaticano, una quadrupla identica ma con indicazione dell’anno VII).
Una coniazione ambita dai collezionisti di monete papali e che rappresenta – grazie alla fenomenale incisione dei coni di Ermenegildo Hamerani – uno dei capolavori figurativi della numismatica settecentesca.
Non l’unico, del resto, dal momento che proprio con Clemente XI, per dirla con Edoardo Martinori (cfr. Annali della zecca di Roma. Sede Vacante 1700 – Clemente XII 1730-1740, Roma 1921, p. 11) tale fu la varietà di soggetti monetati – monumenti, vedute, santi, madonne, allegorie – “che in questa raccolta la medaglia ha preso il posto della moneta”.
Il testone dell’anno VI, un capolavoro firmato Hamerani
Negli esemplari meglio conservati del testone (Muntoni 64, mm 32, g 9,1 circa), sul ritratto al dritto si coglie – oltre alla bonaria e acuta fisionomia dell’Albani, vista in vari, fedeli dipinti dell’epoca – una serie di dettagli stupefacente che rende eccezionalmente realistici il delicato tessuto del colletto, il peso della stola intessuta di ricami araldici e decorativi e perfino la superficie di spesso velluto del camauro.
Al rovescio, l’Hamerani tratteggia invece una vera e propria “cartolina romana”: piazza del Campidoglio di scorcio col Palazzo Senatorio in prospettiva, a sinistra, e di prospetto – sullo sfondo – parte della facciata del Palazzo Nuovo.
In primo piano tre figure femminili che Francesco Muntoni, nel classificare queste monete, liquida erroneamente come “le tre Grazie” (cfr. Le monete dei papi e degli Stati Pontifici. Volume III, Roma 1972-1974, pp. 65); le Grazie, tuttavia, nella mitologia greca erano figlie di Zeus e rivestivano il ruolo di tre divinità benefiche che dispensavano splendore, gioia e prosperità nella natura e tra gli uomini. Cosa c’entra quel motto che auspica “la vittoria ai meritevoli”?
Osserviamo con attenzione le tre figure femminili al rovescio
Le fanciulle sul testone di papa Albani, basta osservare con attenzione, presentano infatti degli attributi che le qualificano in modo preciso: quella a sinistra regge una tela, quella di destra stringe nella mano un martello e quella al centro solleva un compasso. Sulle tre figure aleggia in cielo una corona d’alloro simbolo, appunto, di gloria e merito.
Si tratta, perciò, delle personificazioni della Pittura, dell’Architettura e della Scultura ma, al contrario di quanto scritto da alcuni autori, la moneta non si riferisce genericamente all’istituzione di un’Accademia di Belle arti a Roma per opera del pontefice.
Ai tempi di Clemente XI l’Urbe aveva già, da secoli, quella di San Luca per la quale – a mo’ di premio – anche per lo stesso papa Albani si conoscono belle medaglie con l’evangelista all’opera nel dipingere la Vergine col Bambino.
Ciò che volle fare il pontefice, di davvero originale, ce lo ricorda ancora Martinori (ibid., p. 26, nota 2): “Clemente XI istituì un concorso in Campidoglio, che dal suo nome si chiamò Clementino, assegnando diversi premi a quei giovani che meglio riuscissero nelle arti”.
Il Concorso Clementino e l’Accademia di San Luca
Lo fece nel 1702, proprio in seno all’Accademia di San Luca, e il concorso ogni tre anni iniziò ad assegnare a pittori, scultori ed architetti dei premi consistenti appunto in medaglie, in occasione di cerimonie che si svolgevano in Campidoglio alla presenza del pontefice. Le medaglie destinate ai giovani, promettenti artisti erano caratterizzate da una sigla sull’anello esterno, IUVEN, il cui significato è evidente: sono di grande rarità.
Nel 1705, dunque, il concorso era alla sua seconda edizione, un’edizione nella quale, fra gli altri, a Roma esordì un giovane e talentuoso Filippo Juvarra guadagnandosi il primo premio di architettura con il progetto di “un regio palazzo in villa per il diporto di tre illustri personaggi”.
Il testone dell’anno VI (1705-1706) di papa Albani, perciò, rappresenta una moneta commemorativa a tutti gli effetti, simbolo dell’amore per la bellezza e la cultura di un grande pontefice, e piccolo capolavoro essa stessa. Chissà che l’Hamerani – giovane pure lui, che era nato nel 1785 – non l’abbia bulinata con così tanta cura anche per dimostrare che ottimi talenti di nuova generazione non esistevano solo nelle “arti maggiori”?