Ufficialmente, le riserve auree degli USA ammontano a 8133,5 tonnellate, collocando gli Stati Uniti in vetta alla classifica globale, prima della Germania (3352 tonnellate), dell’Italia (2451,8 tonnellate) e della Francia (2436 tonnellate). Segue la Russia di Putin con 2332 tonnellate ufficiali, mentre la Cina possederebbe “solo” 2191 di metallo prezioso in riserva.
Tornando però alle riserve auree degli USA, secondo una articolo apparso sul quotidiano newyorkese The Sun, uno scambio di messaggi su X ha recentemente riportato l’attenzione sulla loro consistenza e collocazione: l’aggregatore di notizie ZeroHedge ha twittato al responsabile dell’efficienza governativa del presidente Trump, Elon Musk: “Sarebbe fantastico se @elonmusk potesse dare un’occhiata a Fort Knox solo per assicurarsi che le 4580 tonnellate di oro degli Stati Uniti [il resto è in altri caveau, NdR] siano lì. L’ultima volta che qualcuno ha guardato è stato 50 anni fa, nel 1974”.
Ammonterebbero a 8133,5 le tonnellate di riserve auree degli USA, ma il condizionale è d’obbligo
Musk ha candidamente risposto: “Sicuramente le riserve verranno ispezionate almeno una volta all’anno, no?”- Il senatore repubblicano del Kentucky Ron Paul è a sua volta intervenuto, twittando: “No. Facciamolo!”. Ne è nata una discussione su X in cui è stata sollecitata l’approvazione di una legge sponsorizzata dall’ex membro del Congresso Alex Mooney, chiamata Gold Reserve Transparency Act. L’obiettivo dichiarato del disegno di legge è di “prevedere la prima vera verifica delle riserve auree degli USA in più di 65 anni, e successive verifiche ogni cinque anni”.
Si potrebbe pensare infatti che l’America, il paese con la più grande riserva d’oro statale al mondo, periodicamente verifichi le riserve di lingotti come farebbe qualsiasi deposito privato. Tuttavia, a partire dall’ultima ispezione attendibile avvenuta negli anni Cinquanta, le riserve auree degli USA sono state sottoposte solo a ispezioni sporadiche, imperfette e, secondo la definizione di alcuni media, “teatrali”, ossia di sola facciata.
Fort Knox è il più grande (ma non l’unico) deposito federale USA per lingotti e monete
Nel 1974 il governo condusse un’ispezione – ampiamente pubblicizzata – dell’oro di Fort Knox (durante la quale membri del Congresso e alcuni media visionarono, tuttavia, una sola cella dell’enorme deposito), che non poteva in alcun modo essere considerata una verifica contabile. A questo evento di “pubbliche relazioni” seguì un processo un po’ più credibile da parte del General Accounting Office e del Dipartimento del Tesoro, iniziato nel 1974 e concluso nel 1986.
Di recente, però, si è scoperto che circa metà dei resoconti governativi su quell’ispezione sono scomparsi e che i sigilli di alcuni scompartimenti di Forty Knox sembrano essere stati manomessi in momenti diversi. Se il governo federale vuol davvero procedere nella direzione della trasparenza, Musk e il suo team di revisori potrebbero concentrarsi su una delle più grandi questioni aperte degli Stati Uniti.
Da 65 anni non avviene una ricognizione sistematica dell’oro USA: ci riuscirà Elon Musk?
Oltre alle riserve auree degli USA custodite a Fort Knox, infatti, esistono dei deep vault (depositi profondi) di cui in pratica si ignora la collocazione e l’oro di Washington andrebbe verificato oncia per oncia anche in merito a tutti i contratti di leasing, swap e simili che lo vedono protagonista.
Secondo gli esperti, inoltre, si rende necessaria una contabilità completa di tutto l’oro in cui il governo americano, incluso il Board of Governors della Federal Reserve o qualsiasi altra agenzia federale, ha attualmente un interesse diretto o indiretto. Ciò include l’oro USA detenuto da terze parti tra cui, ad esempio, la Banca dei regolamenti internazionali, l’FMI, l’Exchange Stabilization Fund, le banche centrali estere e così via.