Papa Peretti e la zecca di Montalto, sua città natale: monete rare uscite dalla felice mano di Guglielmo Tronci
di Cesare Costantini | L’apertura della zecca di Montalto, avvenuta con bolla pontificia promulgata da Sisto V Peretti il 4 luglio 1587 e successivamente affidata in appalto allo zecchiere Francesco Bonmattei, fa parte del contesto di varie opere munifiche volute dal papa per la sua terra d’origine, le Marche.
Non bisogna dimenticare infatti che egli, pur essendo nato a Grottammare solo perché i suoi genitori erano dovuti temporaneamente fuggire dal loro paese d’origine, vi fecero ritorno molto presto e lì, il futuro papa, trascorse la sua infanzia entrando ancor giovane in un convento francescano del posto, dal quale sarebbe poi iniziata la sua brillante carriera ecclesiastica.
La zecca di Montalto: monete e artisti incisori
Per quanto riguarda i nominali, la zecca di Montalto produsse testoni d’argento, baiocchi e quattrini di mistura e, naturalmente, le famose piastre e mezze piastre d’argento.
La zecca di Montalto ha certamente prodotto in quantità baiocchi e quattrini di mistura, in più modesta quantità testoni d’argento, con coni eseguiti dall’incisore operante nella stessa, mezze piastre d’argento e, in esigua quantità, piastre in argento, ma queste ultime due con coni probabilmente non eseguiti in loco.
Ad un attento esame, infatti, le stesse risultano di stile assai diverso dalle altre monete montaltesi e da un confronto stilistico con gli esemplari della piastra per Roma di primo tipo, opera dell’incisore Guglielmo Tronci di Pisa, il paragone rivela come anche i due nominali argentei di Montalto siano prodotti dalla stessa mano (il ritratto del pontefice non lascia spazio a dubbi).
Il Tronci, però, non poteva firmare i coni di entrambe le monete in quanto la zecca marchigiana era in appalto, come accennato, al Bonmattei ed il suddetto incisore operava invece presso la zecca “centrale” di Roma
Ciò suggerisce che detti coni possano essere stati preparati alla zecca della capitale e successivamente inviati a quella di Montalto per la effettiva battitura delle monete.
E ciò potrebbe essere avvenuto realmente, vista l’esiguità dei pezzi coniati, anche perché alla zecca di Montalto si ebbero non pochi problemi inizialmente per la installazione dell’officina in paese, con pochi strumenti a disposizione per produrre punzoni, coni e quant’altro necessario per lo svolgimento dell’attività.
Monete di Montalto anche se (forse) coniate altrove
Voglio precisare che, a prescindere da come siano andate realmente le cose, è mia opinione che tali monete debbano essere catalogate, come attribuzione numismatica, tra le monete di Sisto V per la zecca di Montalto – recandone altresì il nome – ed il fatto di stabilire dove queste monete possano eventualmente essere state battute – dato che potrebbe sorgere anche questo dubbio – non solo risulta di impossibile decifrazione ma, ai fini dell’argomento oggetto dell’intervento, non essenziale poiché credo sia ben più interessante stabilire non il luogo della battitura delle monete, ma chi ha eseguito i loro coni.
Le emissioni montaltesi, oltretutto, raffigurano soggetti legati alla figura del pontefice, alla sua devozione – che era anche quella popolare del luogo – ed ai patroni della sua “patria carissima”: le mezze piastre, ad esempio, hanno nel rovescio la rappresentazione della Madonna in trono fra i santi Lorenzo ed Apollonia, rispettivamente protettore e protettrice della comunità marchigiana.
Per concludere, merita anche attenzione la questione dell’incisore dei coni, che richiamando quanto già detto potrebbe essere con certezza (il condizionale è necessario poiché, purtroppo, mancano documenti che provino l’attribuzione) il Tronci, attivo presso la zecca di Roma negli anni III, IV e V di pontificato sistino, subentrato nella gestione dal 1587 ai soci Neri e Spadio.
La prima piastra pontificia della storia è “francescana”
Gugliemo Tronci è passato alla storia della monetazione italiana dal momento che fu l’artista che ebbe il privilegio di eseguire i coni per la prima piastra in argento emessa nello Stato Pontificio.
Si tratta di quella, celeberrima, con san Francesco che riceve le Stimmate, e nella quale, se osservata sotto un profilo artistico, per meglio sostenere l’attribuzione allo stesso incisore anche dei pezzi per Montalto si scopre una inequivocabile analogia stilistica con gli esemplari prodotti col nome di quest’ultima.
Di sicuro c’è il fatto che i coni non possano essere prodotti dell’altrettanto abile mano dell’incisore Domenico Poggini.
Questo, non solo perché egli era cresciuto e conosciuto artisticamente maggiormente quale artista specializzato nella produzione medaglistica, ma anche perché sotto papa Sisto V il Poggini realizzò soltanto medaglie per gli anni 1587 e 1588 non eseguendo, almeno a quel che risulta, alcun conio per la battitura di monete.
Infine, come di regola normalmente quando si affronta il tema dell’analisi storico-artistica delle monete, anche l’esame dell’esecuzione stilistica del ritratto di Sisto V rivela una mano diversa da quella che ha disegnato il suo profilo per le belle piastre romane e montaltesi.