Agile e veloce, effigiata su monete di Alletto e Postumo, la Navis lusoria costituì il nerbo della flotta fluviale per le truppe imperiali nell’Europa centrale
di Roberto Ganganelli | “Nave danzante” o anche “Nave giocosa”: queste le traduzioni per Navis lusoria, il nome di un tipo di piccola imbarcazione militare del tardo Impero romano usata per il trasporto fluviale delle truppe. Azionata da una trentina di soldati rematori e da una vela ausiliaria, la Navis lusoria era agile, aggraziata e dal pescaggio limitato, semplice da manovrare da parte degli stessi legionari con un minimo addestramento.
La fedele ricostruzione di una Navis lusoria romana realizzata in Germania a partire dai resti delle “Navi di Magonza” venuti alla luce nel 1981-1982
Navi di questo tipo rappresentarono mezzi di spostamento efficaci per le truppe di stanza lungo i fiumi vicino al Limes Germanicus, in particolare sul Reno ma anche sul Danubio. E anche se lo storico romano Marcellino menziona queste imbarcazioni, di esse non si è saputo molto fino alla scoperta dei resti di alcune di queste barche a Magonza, in Germania, nei primi anni Ottanta.
Ma facciamo un passo indietro: dopo l’istituzione del castrum di Mogontiacum (l’odierna Magonza) nel 13-12 a.C., le navi della Classis Germanica si stabilirono in questo porto e man mano la flotta venne potenziata, specie quando l’imperatore Giuliano II (331-363) aumentò le misure difensive lungo il Reno nel IV secolo.
Uno dei principali studi condotti sui resti delle imbarcazioni fluviali romane appartenute alla Classis Germanica ed effigiate su alcune monete del III secolo
È noto infatti che nella guerra civile contro Costanzo II (337-361), Giuliano mosse in armi dall’odierna Ulm a Sirmium con 3000 uomini in soli undici giorni: questo significa che con trenta rematori soldati e altri venti legionari a bordo di ogni imbarcazione, l’imperatore intraprese il viaggio avvalendosi di una flotta di sessanta esemplari di Navis lusoria.
Decenni prima, del resto, queste navi erano già impiegate ed erano apprezzate al punto di essere effigiate su alcuni tipi di monete: dei rari doppi sesterzi e sesterzi a nome di Postumo (imperatore negli anni 260-268) e, in seguito, al rovescio di alcuni antoniniani in mistura dell’imperatore Alletto (sul trono nel periodo 293-296).
Un magnifico esemplare di doppio sesterzio a nome di Postumo coniato a Lugdunum nell’anno 261. Al reovescio la prua di una Navis lusoria e la legenda LAETITIA AVG. Altre monete dello stesso imperatore, con legenda FELICITAS ed effigie di una galea al rovescio, esaltano il potenziamento della flotta voluto dall’imperatore
Alla fine, come la storia ci ricorda, Vandali, Suebi e Alani – spostandosi attraverso il Reno – saccheggiarono Mogontiacum (ciò avvenne intorno al 407) e, con la fine del potere romano, la flotta venne abbandonata e, nel tempo, gli scafi si ricoprirono di detriti, fango e terra facendo perdere le proprie tracce.
Sesterzio di Postumo del 261-263 coniato a Lugdunum con prora di Navis lusoria al rovescio: l’imperatore laureato è ritratto sul dritto, rivolto a destra
Nel novembre 1981, tuttavia, dal cantiere di un Hilton Hotel a Magonza emersero resti in legno identificati come parti di un’antica nave. Nel prosieguo delle indagini archeologiche furono poi rinvenute parti di altri quattro relitti che misurati, smontati e, nel 1992, portati al Museum für Antike Schifffahrt vennero sottoposti ad approfonditi studi.
Antoniano a nome di Alletto coniato nel 293-296 da zecca non identificata: al rovescio, una Navis lusoria di cui si distinguonio la forma dello scafo, i remi, l’albero della vela ausiliaria
Quei resti – appartenenti a quattro esemplari di Navis lusoria e a una nave di pattuglia – sono noti oggi come “le navi di Magonza” ed appartenevano alla flottiglia militare imperiale nella regione, la Classis Germanica. Da essi è stata creata una ricostruzione a grandezza naturale di 21 metri di lunghezza per 2,8 di larghezza, in legno di quercia, che oggi fa bella mostra di sé nel museo.
Un diverso conio dell’antoniniano di Alletto del 293-296 su cui l’imbarcazione per il trasporto delle truppe naviga con la prua rivolta a destra
È stato calcolato che una simile Navis lusoria, stretta e relativamente lunga, avrebbe potuto raggiungere sul fiume una velocità di marcia da 11 a 13 km/ e una massima di 18 km/h. Un’imbarcazione “danzante” sulle acque del Reno per consentire alle truppe romane di raggiungere velocemente i luoghi di eventuali insurrezioni o combattimenti, un piccolo capolavoro dell’ingegneria navale romana di cui rimangono testimonianze nella numismatica, specchio mirabile della storia.