La moneta più rara al mondo: chi l’avrebbe mai detto… Sabato pomeriggio: bella giornata di sole, specie per essere l’inizio di febbraio. Rispondo a qualche mail, un’occhiata allo smartphone, solite notifiche. Va da sé che, nell’epoca della “profilazione” degli utenti – ossia, il web ci mostra in evidenza notizie in base alle nostre ricerche frequenti – a me come a voi appaiono spesso contenuti nei cui titoli compare la fatidica parola “moneta”.
Ogni tanto apro qualche link – un clic, ormai, non si nega a nessuno – e mi imbatto nel solito titolo roboante che, in questo caso, recita La moneta più rara al mondo? Appartiene proprio a questo paese (cliccate qui).
“La moneta più rara al mondo”: scopriamola insieme…
Nel catenaccio si legge “Alcuni fattori determinano la rarità di una moneta: il numero, la valutazione storica e la domanda dei collezionisti”. Fino a qui tutto bene, mi dico.
Subito dopo mi rendo conto, tuttavia, che le mie parole suonano come quelle della voce narrante nel film L’odio di Mathieu Kassovitz premiato a Cannes nel 1995: “Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: ‘Fino a qui, tutto bene’”.
Sì, perché l’articolo prosegue: “Non possiamo fare una vera classifica mondiale delle monete rare proprio perché ci sono diversi fattori variabili che influiscono, tra cui il passare del tempo. I 20 centesimi italiani a testa d’aquila del 1866, per esempio, sono tra i più introvabili al mondo.
Presentano un errore di conio che li rende più preziosi. Sono anche molto ambiti dai vari collezionisti internazionali. Tra le monete italiane più rare al mondo ci sono anche le 100 lire del 1956, prodotte solo nell’arco di un anno ed in quantità limitata.
Inoltre, si aggiunge il centesimo del 1946 coniato per un breve periodo durante la ricostruzione post-bellica. Infine ci sono anche le 5 lire del 1950, delle quali esistono solo 5 mila esemplari. Queste sono solo alcune delle monete più rare, e il loro valore è variabile”.
La numismatica, argomento “acchiappa clic”
Così – dopo cinquanta righe di volo nel vuoto, tra paragrafi a caso e punteggiatura latitante – mi schianto sul marciapiede dell’ignoranza e mi chiedo, per l’ennesima volta, se la numismatica sia, per la stampa generalista e i “blog” (le virgolette sono volute), qualcosa da trattare alla stregua della ricetta del mascarpone, dei colori di tendenza delle ciabatte da spiaggia e dei consigli per una perfetta depilazione (tutti argomenti degnissimi, beninteso).
Certo, non posso che concordare sul fatto innegabile che “i 20 centesimi italiani a testa d’aquila del 1866 sono tra i più introvabili al mondo”: infatti, non sono mai esistiti. Ma dove li ha scovati l’autore? Ci scriva, per favore: sarà lo scoop numismatico dell’anno e cederemo volentieri l’onore della firma.
Quel centesimo del 1946, poi, è un capolavoro: “coniato per un breve periodo durante la ricostruzione post-bellica”. Ma coniato dove? In Italia? Tra la luogotenenza, il brevissimo periodo di Umberto II e la Repubblica? I pezzi da un centesimo erano ormai un ricordo, già da anni, a causa della guerra e della svalutazione.
Per quanto riguarda le 100 lire del 1956, invece, sono state prodotte in “appena” 99,8 milioni di esemplari e, non soltanto nei convegni numismatici, ma anche nell’ultimo mercatino di provincia te le tirano dietro. Per non parlare delle 5 lire del 1950 battute in ben 114.790.000 (centoquattordici milioni settecento novantamila) pezzi: sarebbe questa la moneta più rara al mondo?
Andiamo avanti: “Il centesimo del 2002 di San Marino presenta, per errore, la scritta EURO CENT al contrario”. “In che senso?” mi chiedo sollevando gli occhi al cielo come Mimmo, l’immortale personaggio di Bianco rosso e Verdone, dal momento che ignoro l’esistenza di questa ennesima ed incredibile rarità (e, per inciso, ignoro anche cosa si intenda dicendo che la scritta è “al contrario”).
Monete rare per davvero e bufale online
Va da sé che di monete davvero eccezionali per rarità, pregio storico e valore commerciale come l’aureo di Bruto (leggi qui), lo statere di Panticapeum (leggi qui) o le 20 lire Elmetto “dei marescialli” (leggi qui) il post ignora l’esistenza, ma sarebbe chiedere troppo.
Il resto lo lascio alla vostra lettura (è carnevale ogni scherzo vale, che l’articolo sia una boutade?); personalmente, resta l’amaro in bocca per il modo in cui l’ennesimo autore senza competenza in materia si è messo a pontificare di numismatica solo perché un post finisse in pasto a più lettori possibile, generando disinformazione e confusione.
D’ora in poi, per favore, a ciascuno il proprio mestiere.