Dalla piccola zecca di Carmagnola, oggi in provincia di Torino, durante la reggenza di Margherita di Foix per il figlio Michele Antonio marchese di Saluzzo, nel 1516 uscì una delle monete più belle e particolari del Rinascimento italiano: il tallero da 40 grossi.
Margherita di Foix (al centro dell’affresco) in preghiera in abiti vedovili
Coniato in argento per un peso di circa 37,85 grammi, caratterizzato da un imponente diametro di oltre 45 millimetri, il tallero da 40 soldi riporta sul dritto l’iscrizione X MARGARITA DE FVXO MARCHIONISA SALVC AR T C I5I6 e il busto a sinistra della nobildonna con lungo velo vedovile. Il tutto entro cerchio cordonato.
Al rovescio la legenda DEVS PROTECTOR ET REFVGIVM MEVM J JC con stemma intagliato e partito di Saluzzo e Foix, appeso ad un albero sradicato e sfrondato; in alto tra i rami, uccellino. Il tutto entro cerchio cordonato. Asse a 180°.
Il dritto del rarissimo tallero da 40 soldi con ritratto di Margherita di Foix coniato nel 1516
La moneta, di estrema rarità, è passata all’asta non più di 4-5 volte nell’ultimo mezzo secolo ed è classificata dal CNI al n. 138, da Ravegnani Morosini al n. 14 (R4), dal MIR al n. 137 (R3). E’ altresì riportata nelle opere dell’Armand (II, 123, n. 14), del Pollard (n. 145) e dello Scher (115, n. 34).
Questo tallero, del peso corrispondente a 40 grossi, è anche stato oggetto di studio da parte di diversi esperti di numismatica, ma nonostante ciò, l’interpretazione della sigle J JC alla fine della legenda del rovescio è ancora dibattuta.
Il rovescio della moneta è un autentico capolavoro di araldica e simbolismo
Tre sono le interpretazioni più accreditate: l’Hill vi legge una errata trascrizione di ETC. Armand e Forrer vi riconoscono invece le sigle dell’incisore tedesco Giovanni Clot (Januae Johannes Clot) operante a Genova nella metà del XVI secolo.
Infine, vi è l’ipotesi del Ravagnani Morosini, a nostro giudizio la più plausibile, che vi identifica le sigle dei fratelli Da Clivate, appaltatori della zecca di Carmagnola dal 19 gennaio 1515. Il conio, non firmato, dovrebbe essere opera di Benedetto da Brioso, amico dei da Clivate, a cui tra l’altro furono affidati i lavori della chiesa di San Giovanni.
Margherita di Foix, seconda moglie di Lodovico II Marchese di Saluzzo, fu donna raffinata e colta e al tempo stesso dal carattere deciso. Nel 1504, alla morte del marito, assunse la reggenza per il figlio Michele Antonio e di fatto governò il marchesato per 24 anni fino alla di lui morte, avvenuta nel 1528.
Il castello di Carmagnola come appare oggi
Fu sempre Margherita di Foix ad imporre la successione del terzogenito Francesco, più mansueto del fratello maggiore Giovanni Ludovico. L’albero secco e sradicato raffigurato al rovescio rappresenta la morte di Ludovico di Saluzzo, mentre lo stemma con le armi di Saluzzo e Foix appeso ai rami, indica la volontà da parte della vedova e del figlio di continuare l’opera di Ludovico e la dinastia. Ciò che Margherita, effettivamente, con caparbietà e forza non comuni per una donna del suo tempo, riuscì a fare.
Per quanto concerne la presenza dell’uccellino rimandiamo al Dizionario ragionato dei simboli di Giovanni Cairo, (Milano 1922), dove il volatile viene identificato con lo sforzo di salvare l’anima amata dal naufragio della morte. Tale interpretazione è suffragata dalla legenda del rovescio. Ravegnani Morosini, nella sua opera, ventila l’ipotesi che possa trattarsi di una medaglia, ma il peso, corrispondente esattamente a 40 grossi, ci fa ritenere che invece si tratti di una effettiva moneta, per quanto di limitata produzione o, forse, di ostentazione.