I monumenti edificati per il passaggio all’aldilà degli imperatori di Roma e dei loro familiari e le raffigurazioni della Consecratio su aurei, denari e sesterzi
di Marco Cardone | Una delle opere architettoniche più spettacolari nella tradizione della Roma imperiale è senza dubbio l’ustrinum, il monumento eretto nel luogo di cremazione delle spoglie degli imperatori scomparsi, ma anche dei loro illustri congiunti.
Così come appare nelle monete coniate in vari periodi, l’ustrinum consisterebbe in una struttura a quattro livelli, il più basso dei quali rappresenta un podio con pilastri agli angoli avente un drappeggio appena accennato di fronte, con tre larghi festoni, e di lato un festone per ciascun angolo.
Il livello successivo forma la camera sepolcrale che accoglie il corpo del defunto. Al centro è un paio di porte con pannelli pieghevoli, affiancate ai lati da due nicchie con statue e sormontate da una cornice. Il livello soprastante ha nicchie a cinque angoli con statue ed una cornice di perle e la parte alta forma un attico da cui pendono drappeggi sul davanti e le cui pieghe sono molto marcate.
Una torcia accesa affianca ciascun angolo del piano più alto che forma un piedistallo sormontato da una quadriga del deceduto, con la sua statua sul carro mentre mantiene una foglia di palma nella sua mano sinistra. Ciascun livello diminuisce in dimensioni a partire dalla base, cosicché la struttura assume una forma piramidale.
Per cremare un corpo umano in tutte le sue componenti c’era bisogno di un calore intenso. I Romani usavano la pira, chiamata rogus, che era costruita con tronchi a mo’ di sbarre, come una cabina di ceppi, eretta in piani via via più piccoli verso l’alto, dove era posto il corpo. Il rogo era alimentato con paglia e altri combustibili naturali e dato alle fiamme. Funzionava come un camino che convogliava il calore verso l’alto, incenerendo il cadavere.
Lo storico romano Erodiano (IV, 2) descrive il rogo in dettaglio: “E’ usanza fra i romani il divinizzare i loro imperatori che muoiono, lasciando dei successori; e questo rito è da loro chiamato apoteosi. In questa occasione un’atmosfera di lutto, insieme ad una festa e religiosa osservanza, è palpabile nella città.
Il corpo del defunto viene onorato con uno splendido funerale; creando una immagine cerea che gli assomigli il più possibile, esponendolo nel vestibolo del palazzo, su di un elevato letto di avorio di grandi dimensioni, pieno di abiti d’oro. La figura è resa pallida, come di un uomo malato. Durante la maggior parte della giornata i senatori siedono alla sinistra del letto, vestiti di nero; mentre donne della nobiltà siedono alla destra, indossando delle semplici vesti bianche, come in lutto, senza indossare alcun oggetto d’oro o collana.
Queste cerimonie continuavano per sette giorni; ed i medici si avvicinavano spesso al letto, osservando il malato ed affermando che peggiorava sempre più. Quando facevano capire che era morto, i più nobili della classe equestre e giovani scelti fra l’ordine senatoriale prendevano il letto, e lo portavano attraverso la Via Sacra, e lo esponevano nel Foro.
Venivano costruite piattaforme con gradini ad ogni lato; su uno dei quali era un coro di giovani nobili, e dall’altro, un coro di donne di alto rango, che cantavano inni e canzoni di preghiera al deceduto, modulati in modo funebre e solenne. In seguito lo portavano attraverso la città verso il Campo Marzio, nella parte più larga del quale era posta una pira rettangolare costruita interamente di ceppi di legna di grosse dimensioni, a mo’ di camera, riempita di fascine, ed ornata esternamente con tendaggi intervallati da immagini d’oro e di argento e quadri.
Su di questo era una camera simile, ma più piccola, con porte e finestre aperte, e su di essa una terza ed una quarta, diminuendo in dimensioni verso l’alto, tanto da paragonarla ad un faro. Nel secondo piano era posto un letto, e vi si accumulavano incenso, aromi, ed ogni tipo di frutto profumato erba o succo; poiché ogni città, nazione, e persona in vista contribuiva a porgere questi ultimi doni all’imperatore.
Quando un gran mucchio di aromi veniva raccolto, una processione di cavalieri e di carri procedeva attorno la pira, con gli uomini indossanti vesti ufficiali, ed indossando maschere che somigliavano i più noti generali ed imperatori romani. Quando tutto ciò era compiuto, veniva appiccato da ciascun lato il fuoco, che facilmente prendeva le fascine e gli aromi; e che si diffondeva dal più alto al più bassopiano, mentre dall’apice, un’aquila veniva lasciata volare nel cielo mentre il fuoco saliva, e che i romani credevano trasportasse l’anima dell’imperatore dalla terra al cielo; e da allora veniva venerato con le altre divinità”.
Dopo la cremazione, le ceneri erano poste nell’ustrinum in pietra che era spesso realizzato a guisa della pira funeraria – o somigliante al mausoleo di Alicarnasso – e costruito vicino al luogo della cremazione.
La costruzione rappresentata sulle monete emesse in occasione delle celebrazioni funebri non è dunque il rogo per la cremazione vero e proprio, bensì l’ustrinum. I numismatici, tuttavia, spesso continuano a chiamare il soggetto della moneta semplicemente pira funeraria quando, invece, si dovrebbe chiamare più correttamente ustrinum, o santuario.
Denario in argento coniato dopo il 161 d.C. in seguito alla divinizzazione di Antonino Pio. Sul D/ DIVVS ANTONINVS con il busto a destra. Sul R/ CONSECRATIO con la pira funeraria (in realtà l’Ustrinum Antoninorum che accoglieva i resti dei membri della famiglia imperiale di Antonino Pio) a quattro piani decorata con ghirlande e sormontata da una biga
Sesterzio emesso da Marc’Aurelio. Sul D/ DIVVS ANTONINVS, la testa nuda del Divo Antonino Pio a destra. Sul R/ CONSECRATIO, S C, l’ustrinum decorato e sormontato dalla quadriga. RIC III 1266 (Marcus Aurelius)
Come si può osservare nelle monete (aurei, denari e sesterzi) emessi sotto Marc’Aurelio in occasione della morte e divinizzazione di Antonino Pio, la descrizione di Erodiano viene pienamente confermata: in queste monete dedicata da Marco Aurelio alla memoria del padre adottivo, ritroviamo i tendaggi nei vari piani, le immagini d’oro e di argento nei piani superiori e, soprattutto, la camera presente al secondo piano. Quello che invece non è citato da Erodiano, ma che osserviamo in tutte le monete coniate per l’occasione, è la presenza della quadriga in cima al monumento funebre.
Aureo coniato sotto Marco Aurelio nel 161 d.C. Sul diritto DIVVS ANTONINVS, con testa nuda di Antonino Pio a destra. Sul rovescio CONSECRATIO, con l’Ustrinum di quattro piani, sormontato da quadriga. RIC III 435 (Aurelius); BMCRE 55 (Aurelius & Verus); Cohen 163
L’idea che l’anima del divinizzato fosse trasportata in cielo dall’aquila è invece riportata su sesterzi coniati in occasione della divinizzazione di Faustina Maggiore e raffiguranti la moglie dell’imperatore portata in cielo da una figura femminile alata che nelle realtà veniva, per ovvi motivi, rappresentata dal maestoso volatile.
Sesterzio coniato per la divinizzazione di Faustina Maggiore
La camera sepolcrale posta al secondo piano potrebbe corrispondere alla struttura raffigurata sulle monete coniate in occasione della divinizzazione di Antonino Pio, così come vari altri personaggi imperiali. Quello che spesso possiamo ritrovare sono monete che presentano sul diritto la testa del personaggio divinizzato e sul rovescio un edificio a struttura rettangolare, frequentemente con una fiamma che ne scaturisce dalla porzione superiore, e con le porzioni in muratura apparentemente rivestite in marmo, mentre al centro è posta una porta. In letteratura la struttura raffigurata viene sovente descritta come un altare, forse per somiglianza alla struttura dell’Ara Pacis augustea, ma è possibile che si trattasse proprio della camera sepolcrale, anche perché somigliante con la porzione rettangolare presente al secondo piano dell’ustrinum raffigurato nelle altre monete menzionate in precedenza e descritta proprio da Erodiano come una “camera […] ma più piccola, con porte e finestre aperte”.
Denario a nome del DIVUS ANTONINVS
Anche le spoglie di Lucio Vero vennero accolte nell’Ustrinum Antoninorum, il quale accoglierà anche, in ordine di tempo: Faustina Madre nell’ottobre del 140 d.C., Antonino Pio, morto dopo una febbre di tre giorni il 7 marzo del 161 d.C., Lucio Vero, morto forse di peste nel febbraio del 169 d.C. e Faustina Figlia nel 175 d.C.
Sesterzio coniato per la divinizzazione di Faustina Madre
Denario emesso per la divinizzazione di Faustina Figlia
Ciò che rimane oggi di questi monumenti è molto poco. La colonna di Marco Aurelio, attualmente in piazza Colonna, sorgeva al centro di un complesso monumentale, costituito dal Tempio di Marco Aurelio (sul quale si trova oggi Palazzo Montecitorio), dall’Ustrinum Antoninorum (sul quale sorge oggi Palazzo Wedekind), dal portico Vipsanio (dove è il palazzo della Rinascente) e da altri edifici, i cui resti furono trovati costruendo la Galleria Colonna.
Collocazione dei principali monumenti funerari imperiali rispetto all’odierna Roma, dal volume A Pictorial Dictionary of Ancient Rome, E. Nash 1961
Il Palazzo Wedekind sorge dove, in passato, era il palazzo del vice gerente del Vicariato di Roma e dei notai della Reverenda Camera Apostolica. Gregorio XVI lo fece demolire e ne fece costruire dall’architetto Camporese un altro, con un portico di dodici colonne ioniche, provenienti dagli scavi di Veio. Nel nuovo palazzo aveva sede la Posta pontificia, fino al 1879, quando venne acquistato dal banchiere Wedekind, che lo trasformò radicalmente su progetto dell’architetto Gargiolli: l’orologio attuale che sovrasta la facciata venne installato in sostituzione dei due orologi preesistenti.
Palazzo Montecitorio è posto nella omonima piazza, il cui toponimo è oggetto di diverse interpretazioni. Una è quella che derivi dai vicini Saepta, luogo ove si riunivano i cittadini, divisi in centurie, per essere chiamati (dal latino citare, chiamare) alle votazioni. C’è anche chi ha considerato l’epiteto “accettatorio” (mons acceptorius) in relazione alla funzione di discarica di rifiuti o, più verosimilmente, di terra di riporto e la conseguente creazione di un grosso cumulo (mons), magari in occasione degli scavi di fondazioni proprio della colossale colonna di Antonino Pio, o per ricoprire le acque stagnanti della zona, visto che furono ritrovati in passato resti di palafitte, a significare che il luogo era paludoso.
L’estrazione del lotto davanti alla Curia Innocenziana: in questo dipinto a olio di Giovanni Paolo Pannini del XVIII secolo si può ancora vedere nella sua sede originaria il basamento della Colonna di Antonino
Il palazzo Montecitorio, che quindi sorge presso i due monumenti funebri di Antonino Pio e di Marco Aurelio, ha una storia che inizia nel 1653, quando il principe Nicolò Ludovisi acquistò la casa del cardinale Capponi ed altre poste in vicinanza, per costruire il proprio palazzo. Venne incaricato del progetto Gian Lorenzo Bernini, ma i lavori subirono ben presto un rallentamento fino a bloccarsi per mancanza di denaro. Quarant’anni dopo i lavori ripresero, dopo che papa Innocenzo XII acquistò l’edificio per sistemarvi i tribunali della giustizia civile e penale e la direzione della polizia. Carlo Fontana ed il figlio Francesco terminarono quello che nel 1697 si chiamerà la “Curia Innocenziana”, con il compromesso che i curiali avrebbero pagato una tassa a favore dei poveri e degli infermi, ragion per cui, su due bassorilievi, si legge ancora l’iscrizione: “Ospitii Apostolici Pauperum et Invalidorum“.
La colonna Antonina venne eretta in memoria di Antonino Pio dai figli adottivi Marco Aurelio e Lucio Vero. Era realizzata in granito rosso con un diametro di quasi due metri ed una altezza di quindici metri circa e, come possiamo vedere da monete dell’epoca, era sormontato da una statua dell’imperatore.
Denario coniato sotto Marco Aurelio. Sul D/ DIVVS ANTONINVS, con il busto di Antonino Pio a destra, drappeggiato sulla spalla sinistra. Sul R/ DIVO PIO, la colonna sormontata dalla statua che mantiene un’aquila ed uno scettro. RIC III 440
Fu nel 1703, durante i lavori di ampliamento del palazzo che furono rinvenuti i resti di una costruzione di età imperiale, l’Ustrinum Antoninorum, e di fronte alla facciata nord apparve ciò che rimane della colonna Antonina: il basamento in marmo bianco, ora collocato nel cortile della Pigna in Vaticano, insieme ad un frammento della colonna con iscrizione.
Nel 1764 si cercò con scarso successo di ripararla ed alcuni pezzi vennero poi utilizzati nel 1787 nell’obelisco di Augusto, attualmente al centro di piazza Montecitorio e che in precedenza costituiva la meridiana del grosso orologio solare in Campo Marzio.
Del basamento sono conservate tre delle quattro facciate. La principale di queste rappresenta proprio l’apoteosi di Antonino Pio e di Faustina, sua moglie ed era posizionata verso il monumento funebre: un genio alato, identificato con l’Eternità, porta Antonino e la Moglie Faustina in cielo. L’imperatore mantiene uno scettro con in cima un’aquila, mentre altre aquile lo circondano. La figura che in basso a sinistra mantiene l’obelisco è la personificazione del Campo Marzio, mentre la dea Roma saluta la coppia imperiale, mentre poggia su uno scudo che raffigura la lupa ed i gemelli.
Sulla superficie opposta è l’iscrizione dedicatoria. La terza superficie mostra la scena descritta da Erodiano con il Decursio, ovvero la processione di cavalieri durante la manifestazione funebre ed indossanti abiti ufficiali ed insegne militari.