Poco dopo le Idi di marzo fu coniato un denario raffigurante la “cometa di Cesare”, la più luminosa dell’antichità, ricordata anche nelle Egloghe di Ovidio
di Roberto Ganganelli | Idi di marzo dell’anno 44 avanti Cristo: una delle date più celebri nella storia dell’umanità, il giorno in cui Giulio Cesare veniva assassinato con 23 pugnalate inferte da un gruppo di senatori che volevano fermarne l’inarrestabile scalata al potere.
Dopo la Guerra civile (49-45 a.C.) e la definitiva vittoria su Pompeo, infatti, Giulio Cesare non aveva più ostacoli sul proprio e cammino e, dopo aver assunto la carica di dittatore a vita nel 44 a.C., ed aver persino designato un successore (proprio come un re), sembrava in procinto di smantellare la vecchia Repubblica per accentrate tutto il potere di Roman nelle mani di un solo uomo.
La morte di Cesare sconvolse Roma ma non frenò la fine della Repubblica, ormai in piena crisi. La figura dell’uomo forte al comando venne ripresa dai successori del condottiero, Marc’Antonio e Ottaviano che si contesero il potere e, quando Ottaviano prevalse, iniziò la lunga e gloriosa età imperiale.
In quell’anno di sconvolgimenti politico istituzionali, il 44 a.C. per l’appunto, accadde anche un evento astronomico eccezionale che in molti interpretarono come un segno divino legato al cesaricidio e che finì anche per essere immortalato anche su uno dei più rari denari della serie repubblicana.
A nome del magistrato P. Sepullius Macer la moneta (Crawford 480/5b) raffigura al dritto il profilo laureato di Giulio Cesare a destra con, dietro la nuca, la stella a otto punte, e davanti a CAESAR IMP. Al rovescio Venere in piedi rivolta a sinistra con in mano una Vittoria e uno scettro, davanti MACER, dietro P SEPVLLIVS.
“La cometa di Cesare” o “la grande cometa del 44 a.C.” è probabilmente la più famosa cometa appparsa nell’antichità, se si esclude quella che condusse i Magi a Betlemme per l’epifania di Gesù. I suoi sette giorni di visibilità nel firmamento furono interpretati dai Romani come un segno della divinizzazione del dittatore assassinato poco tempo prima.
Fu visibile, secondo gli studi più attendibili, dal 18 al 25 di maggio ed, essendo una delle sole cinque comete conosciute con una “magnitudine luminosa assoluta”, era perfettamente visibile anche di giorno e potrebbe essere stata la cometa più luminosa per la quale esistono documenti storici.
La sua orbita non era periodica quindi – con tutta probabilità – “la cometa di Cesare” in seguito si disintegrò. I calcoli orbitali più recenti stimano che l’orbita parabolica della cometa la collocherebbe attualmente a più di 800 anni luce dal Sole.
Il poeta Virgilio scrive nella nona delle sue Egloghe che “la stella di Cesare è apparsa per illuminare i campi”. Un segno di luce in un momento di profonda tristezza per i Romani, come sembra sottolineare il rovescio dei questo rarissimo denario su cui Venere, che pure tiene nella mano destra una Vittoria alata, ha il capo chino in segno di lutto; allo stesso modo la Vittoria Alata che tiene in mano è inginocchiata e porge (a Giulio Cesare, ovviamente) una corona in segno di omaggio; infine Venere, con la mano sinistra, tiene uno scettro che termina con una stella, ma rivolto verso il basso.
L’astro di Cesare, o almeno la sua visione politica, tuttavia non erano destinati a un definitivo tramonto: lo dimostra quanto fatto in seguito, in primis, dal suo amato Ottaviano il quale, raggiunto il potere, nel 19-18 a.C. rese omaggio al DIVVS IVLIVS e alla sua stella – sia in senso figurato che astronomico – facendo coniare un altro denario (Crawford 99) sul quale “la cometa di Cesare” e la sua lunga coda brillano al rovescio guidando, per mano di colui che era divenuto Augusto, il destino di Roma.
Anche grazie a quel provvidenziale evento celeste – l’apparizione di quella che poco poeticamente gli astronomi hanno classificato C/-43 K1, la “cometa di Cesare” – si consolidò dunque il mito, la storia prese una direzione diversa, gli imperatori si avviarono a diventare dei.