Collezionista e ricercatore, con la sua Breve notizia delle monete pontificie Scilla ha inaugurato un settore fondamentale degli studi numismatici

 

di Roberto Ganganelli | Correva l’anno 1715, sedeva sul soglio di Pietro Clemente XI Albani e, in quell’anno, gli incaricati della Curia romana si trovarono a pronunciarsi per la concessione dell’imprimatur non ad un volume teologico o filosofico, bensì ad un’opera numismatica, la Breve notizia delle monete pontificie antiche, e moderne sino alle ultime dell’anno XV del regnante pontefice Clemente XI redatta dal pittore, restauratore ed erudito siciliano Saverio Scilla.

Anno 1715, si pubblica a Roma la "Breve notizia" di Saverio Scilla; nello stesso anno il coltissimo papa Clemente XI fa incidere su questa mezza piastra una citazione da Ovidio: "L'amore per il denaro [è] la ruggine dell'anima"
Anno 1715, si pubblica a Roma la “Breve notizia” di Saverio Scilla; nello stesso anno il coltissimo papa Clemente XI fa incidere su questa mezza piastra una citazione da Ovidio: “L’amore per il denaro [è] la ruggine dell’anima”
Così l’abate Francesco Valesio, influente personaggio nel panorama culturale romano, si esprime: “Avendo per commissione del Reverendissimo Padre Maestro del sacro Palazzo Apostolico letta con diligenza l’opera del Signor Saverio Scilla […] per la novità della materia, e per la varia erudizione la reputo degna d’essere divulgata con le stampe”.

Per parte sua Francesco Bianchini, altro erudito incaricato di giudicare sia la rispondenza del volume ai canoni della dottrina e della morale cattolica che il valore scientifico della Breve notizia, dice: “Nell’opera del Signor Saverio Scilla […] ho riconosciuto molte utili notizie con istile compendioso raccolte, e così avvedutamente distribuite in varj Indici per commodo di ritrovarle, che ancora in riguardo del metodo la giudico degna d’essere pubblicata”.

Saverio di Agostino Scilla, un “figlio d’arte” dalla Sicilia a Roma

Nato a Messina nel 1673, Saverio Scilla era figlio di Agostino (Messina 1639 – Roma 1700), personaggio dal talento poliedrico con interessi nella pittura come nella filosofia e nell’architettura, nello studio dei fossili e nella numismatica (sua è un’opera, incompiuta, dal titolo De numismatibus et antiquitatibus).

Pur trasferitosi a Roma, Scilla rimase sempre legato alla sua Sicilia approfondendo con alcuni studi le figure dei pittori e degli architetti messinesi
Pur trasferitosi a Roma, Scilla rimase sempre legato alla sua Sicilia approfondendo con alcuni studi le figure dei pittori e degli architetti messinesi

Esiliato dalla Sicilia in seguito alla rivolta antispagnola del 1674-1678, Agostino portò con sé, nel corso delle sue peregrinazioni, il piccolo Saverio che crebbe tra Torino e Roma dove gli Scilla si trasferirono definitivamente e dove Agostino morì, dopo aver ricoperto anche la carica di presidente della prestigiosa Accademia di San Luca, nell’anno 1700.

Dal padre, Saverio ereditò sia il l’estro artistico – restaurando, per conto di Clemente XI, un dipinto di Raffaello che era quasi perduto – che uno spiccato interesse per le scienze naturali e gli antichi nummi, passione, quest’ultima, che lo spinse fin dal 1700 a raccoglierne un cospicuo numero.

L’interesse per la numismatica, assieme alla familiarità con la corte pontificia e gli ambienti aristocratici e antiquariali romani, spinsero il giovane ad incentrare la propria raccolta sulla serie papale tanto che, in seguito, sarà la stessa collezione Scilla a costituire, assieme ai tesori conservati in alcuni medaglieri pubblici e privati, la base per la redazione della Breve notizia delle monete pontificie antiche, e moderne.

Duemilatrecento tipi di monete fra musei e collezioni private

L’opera, edita per i tipi dello stampatore Francesco Gonzaga, si apre con una dedica al cardinale Giuseppe Renato Imperiali, presidente della zecca di Roma tra la fine del pontificato di Clemente X, la Sede Vacante del 1676 e l’inizio del pontificato di Innocenzo XI, e dal 1686 tesoriere generale della Reverenda Camera Apostolica.

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Il cardinale Giuseppe Renato Imperiali, già presidente della zecca pontificia di Roma

Seguono le già citate approvazioni alla stampa, quindi la Breve notizia si sviluppa in una Introduzione e in alcune Notizie generali per tutto l’indice utili a presentare ai lettori le scelte di metodo compiute dall’autore.

Tre le sezioni principali nelle quali è articolato il volume: la prima, Indice delle monete Pontificie di Argento, Oro, di Mistura, e Rame costituisce il repertorio vero e proprio nel quale circa 2300 tipologie e varianti sono classificate per metallo e, poi, per ordine di emissione (da Clemente V, 1305-1314, a Clemente XI, inizio del XVIII secolo) e per zecca.

Scilla classifica come “antiche” le monete coniate fino alla fine del pontificato di Clemente VII (1523-1534), “vecchie” quelle da Paolo III (1534-1549) a Innocenzo X (1644-1655) e “nuove”, infine, quelle emesse dall’Anno Santo 1650 in poi le quali, come sostiene l’autore, “cominciarono ad esser rotonde e ben scolpite”.

L'armetta del cardinale Imperiali all'esergo del rovescio di una celebre piastra con ritratto di Innocenzo XI Odescalchi che mostra san Matteo apostolo ed evangelista
L’armetta del cardinale Imperiali all’esergo del rovescio di una celebre piastra con ritratto di Innocenzo XI Odescalchi che mostra san Matteo apostolo ed evangelista

Alla luce delle conoscenze attuali, tuttavia, tali suddivisioni non appaiono del tutto motivate: non vi sono, infatti, tra le ultime monete del Medici e le prime di papa Farnese, né discontinuità ponderali né, tanto meno, significative innovazioni tecniche o differenze stilistiche di rilievo.

Per quanto riguarda la distinzione tra monete “vecchie” e ”nuove” sarebbe stato più adeguato, casomai, spostare all’inizio del pontificato di Innocenzo X l’avvio della nuova fase che vede la moneta pontificia – soprattutto le specie in oro e in argento – acquisire regolarità tecnica e un più elevato livello qualitativo rispetto ai periodi precedenti.

Annotazioni e linee di metodo per lo studio delle monete papali

La seconda parte della Breve notizia è incentrata su una serie di Annotazioni alle monete nella quale Scilla si sofferma dapprima a descrivere origine ed etimologia dei principali nominali dal notissimo ducato all’altrettanto celebre piastra, fino a monete meno prestigiose come clementi, cavallotti, tredicine e quattrini.

Il frontespizio della "Breve notizia delle monete pontificie" di Saverio Scilla, stampata a Roma nel 1715 per i tipi di Francesco Gonzaga
Il frontespizio della “Breve notizia delle monete pontificie” di Saverio Scilla, stampata a Roma nel 1715 per i tipi di Francesco Gonzaga

Passa quindi a stimarne peso legale e titolo (“Il peso, che noterò, l’ho osservato dalle Monete ruspe, e non tosate, ed in numero considerabile per cavarne lo scandaglio più esatto al possibile”) e, infine, valutarne la rarità attraverso gli esemplari della propria raccolta e quelli osservati “ne’ Musei di Roma, che ne contengono buona copia”.

La terza ed ultima parte della Breve notizia delle monete pontificie è articolata in tredici capitoli, da quello dedicato a Le prime monete pontificie all’elenco commentato Di quali Pontefici si vede il Ritratto nelle Monete, ed in qual-modo senza trascurare brevi annotazioni sulle località dello Stato Pontificio che hanno avuto officina mlonetaria, notizie sulle monete speciali emesse in occasione degli Anni Santi, sugli Incisori de’ conj e sui Motti morali apparsi sulle coniazioni pontificie.

Tutte “visioni tematiche” di grande monernità e in anticipo sui i tempi.

Un’opera non compresa e troppo tardi rivalutata

Negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione, la Breve notizia di Saverio Scilla passò quasi tra l’indifferenza generale, probabilmente, come sostiene Camillo Serafini, per la “distribuzione poco chiara e regolare e la descrizione delle monete troppo sommaria”, ma anche per l’assenza di tavole illustrative che dovette apparire come una gravissima lacuna in un’epoca caratterizzata, non solo per quanto riguarda l’editoria numismatica e antiquariale, da edizioni assai ricche di stampe.

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Il bel frontespizio dell’opera del 1696 del gesuita padre Filippo Bonanni dedicata alla numismatica pontificia

Ambizione dell’autore sarebbe stata quella di pubblicare, negli anni seguenti, un’edizione ampliata ed aggiornata simile, per impostazione, a quelle del padre gesuita Filippo Bonanni sulle coniazioni pontificie apparse alla fine del XVII secolo distribuendone i contenuti in tre tomi in folio dedicati, rispettivamente, alle monete fino a Clemente VII, a quelle da Paolo III ad Urbano VIII e a quelle da Innocenzo X a Benedetto XIII.

Ai repertori si sarebbero aggiunti, per mano dello stesso Scilla, i disegni di oltre 1500 esemplari scelti, più alcune tavole dedicate ai segni di zecca, ai simboli di interpunzione delle legende e ai tipi di caratteri che appaiono sulle monete pontificie.

Saverio Scilla morì tuttavia, ancor giovane, nel 1735, senza poter realizzare questa seconda edizione.

Le vicende della collezione Scilla fra Vaticano e raccolte private

Undici anni dopo la morte di Saverio, nel 1746, gli eredi offrirono al cardinale Domenico Passionei, bibliotecario di Santa Romana Chiesa, la raccolta numismatica formata da 5067 esemplari, assieme a cinque tomi in folio contenenti le impronte di 4114 monete realizzate dallo Scilla e ad una copia annotata dall’autore della Breve notizia affinché l’intero patrimonio fosse acquisito e opportunamente conservato.

Fu il cardinale Domenico Passionei, bibliotecario di Santa Romana Chiesa, a seguire le trattative per l'acquisizione della collezione Scilla
Fu il cardinale Domenico Passionei, bibliotecario di Santa Romana Chiesa, a seguire le trattative per l’acquisizione della collezione Scilla

Benedetto XIV Lambertini diede autorizzazione ad avviare le trattative di acquisto e, a partire da una stima iniziale di 2000 scudi romani, monete e disegni furono acquistati per 800 scudi ai quali ne vennero aggiunti 150 per un ulteriore lotto di 81 piastre: si trattò di una delle acquisizioni di monete pontificie più importanti effettuate dalla Biblioteca Vaticana nel corso del XVIII secolo.

Alcuni anni dopo, nel 1754, la collezione Scilla ebbe un proprio medagliere in legno pregiato, costato 370 scudi, nel quale venne sistemata assieme ai disegni.

L’importante raccolta, tuttavia, era destinata di lì a poco a perdere buona parte della sua consistenza.

Clemente XIV Ganganelli, per completare la serie delle monete pontificie, autorizzò infatti monsignor Alberico Archinto, suo maggiordomo, a reperire sul mercato quelle mancanti, oltre che attraverso acquisti, mediante la cessione di esemplari duplicati.

E' dedicata all'arricchimento dei Musei Vaticani la medaglia annuale del 1771 di Clemente XVI: pur sensibile alle arti, il Ganganelli scelse di immettere sul mercato parte della collezione Scilla
E’ dedicata all’arricchimento dei Musei Vaticani la medaglia annuale del 1771 di Clemente XVI: pur sensibile alle arti, il Ganganelli scelse di immettere sul mercato parte della collezione Scilla

Tale pratica, adottata, per dirla con Serafini, “con una deplorevole facilità e con condannabile criterio”, portò così la collezione Scilla a ridursi in breve tempo ad appena 2595 esemplari.

Naturalmente, come testimonia il catalogo redatto nel 1773, vennero conservate tutte le grandi rarità, quali lo scudo d’oro di Benvenuto Cellini per Clemente VII con l’Ecce Homo e gli scudi d’oro per Modena e Piacenza a nome di Leone X e dello stesso Clemente VII, ma altre monete notevoli, anche in oro e in argento, entrarono a far parte delle collezioni private che, in quegli anni, si andavano formando presso molte famiglie aristocratiche di Roma.

La Breve notizia, testo fondante della numismatica pontificia

A testimoniare la passione collezionistica e gli studi di Saverio Scilla rimangono oggi, complessivamente, circa metà degli esemplari da lui raccolti tra il 1700 e il 1735 nonché il corpus dei disegni – bellissimi, e ancora da studiare – e le pagine della Breve notizia che, seppure quasi ignorata dai contemporanei, venne in seguito utilizzata come fonte per la redazione di vari trattati riguardanti sia la moneta pontificia che, più in generale, la numismatica italiana medioevale e moderna.

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Medaglia di Tommaso Mercandetti del 1806 dedicata a Ludovico Antonio Muratori il quale, nelle sue opere sulla numismatica, riconosce i meriti della “Breve notizia” di Saverio Scilla

Ludovico Antonio Muratori, ad esempio, cita l’opera del messinese nelle sue Dissertazioni sopra le antichità italiane (Milano, 1751) occupandosi, nella Dissertazione XXVIIDella Zecca, e del diritto o privilegio di battere Moneta – di denari pontifici antiquiores.

Muratori, inoltre, riconosce a Saverio Scilla un esplicito ruolo quando scrive, nelle stesse pagine: “Ma da che da Clemente V fu trasportata in Francia ed Avignone la Corte Pontifizia, allora da’ Papi si ripigliò l’uso della zecca con vigore, né mai più fu interrotto. Molte di quelle monete, per quanto porta l’istituto mio, ho raccolto io dalle Vite de’ Papi di Avignone del Baluzio, dal libro di Saverio Scilla, e dal più copioso di Benedetto Fioravanti, siccome da alcuni musei de’ miei amici. Alcune d’oro, altre d’argento, o pure di rame”.

Il cardinale Giuseppe Garampi, studioso a sua volta di monetazione dei papi, attinge allo Scilla per la sua opera, poi rimasta incompleta
Il cardinale Giuseppe Garampi, studioso a sua volta di monetazione dei papi, attinge allo Scilla per la sua opera, poi rimasta incompleta

Anche Giuseppe Garampi, nei suoi Saggi di osservazione sul valore delle antiche monete pontificie (Roma, 1776, incompleto) trae dalla Breve notizia molte informazioni oltre che, naturalmente, il quadro di riferimento generale sulle emissioni dei papi mentre, in tempi più recenti, Angelo Cinagli ed Edorardo Martinori fanno uso del lavoro di Saverio Scilla per la redazione, rispettivamente, de Le monete de’ Papi descritte in tavole sinottiche (Fermo, 1848) e degli Annali della Zecca di Roma (Roma, 1917-1922).

Ultimo, in ordine di tempo, Francesco Muntoni che, nei suoi quattro volumi dal titolo Le monete dei Papi e degli Stati Pontifici (Roma, 1972-1973), prende spunto in modo evidente dal metodo scilliano corredando il proprio lavoro con una serie di apparati – tra gli altri, gli elenchi delle autorità, degli incisori e degli zecchieri con simboli ed armette, delle legende con relative fonti, dei pesi e dei titoli legali delle monete – di cui il numismatico siciliano aveva già intuito l’importanza ai fini di un’opera completa, versatile e fruibile.

Si tratta, probabilmente, della dimostrazione più evidente di quanto moderno e originale sia stato l’approccio seguito da Saverio Scilla nei confronti di una disciplina, la numismatica, che in Italia, nel XVIII secolo, stava muovendo i primi passi con la pubblicazione di opere fondamentali come quelle di Filippo Argelati, Vincenzo Bellini e Guido Antonio Zanetti ma che, a livello metodologico, non aveva ancora raggiunto una piena maturità.

Da queste sintetiche considerazioni sull’opera e sulla collezione numismatica di Saverio Scilla appare dunque evidente come le “molte utili notizie” raccolte all’inizio del XVIII secolo rappresentino ancora oggi, nonostante la bibliografia successiva e, in particolare, le pubblicazioni novecentesche, un patrimonio in termini di conoscenza.

La Breve notizia resta dunque, dopo più di tre secoli, un’opera in anticipo rispetto ai tempi e testamento di un personaggio ancora oggi esemplare che fu sia collezionista che studioso, attento al mercato antiquario e conoscitore profondo delle raccolte museali.