Una nobile famiglia (non così conosciuta) e il suo ruolo (non certo marginale) nell’epoca d’oro dei Montefeltro raccontati attraverso le monete
di Andrea Cavicchi | Nell’ambito della mostra Ubaldini, Signori degli Appennini (visita qui la pagina Facebook) in corso nella cittadina marchigiana di Apecchio (PU) presso il palazzo appartenuto alla nobile famiglia, è allestita anche una sezione numismatica che ha il compito di far comprendere l’importanza della moneta come documento storico nella ricostruzione del periodo, dei personaggi più significativi e del contesto più ampio del Ducato di Urbino.
Il Ducato di Urbino, infatti, si colloca nella miriade di piccoli e grandi Stati dell’Italia rinascimentale in cui ognuno privilegia gli appartenenti al proprio gruppo familiare e organizza il proprio potere con particolari equilibri da conservare con ogni mezzo militare e civile. I rapporti tra tutti i reggenti di queste potenze sono continuamente soggetti ad alterarsi o a variare per uno o l’altro motivo. Si cercano nuovi matrimoni per conservare o incrementare i propri possedimenti e il proprio peso politico.
All’interno degli equilibri politici del periodo, necessari per poter mantenere l’integrità territoriale o incrementare il proprio potere, si colloca la figura di Guidantonio da Montefeltro (1378–1443). Figlio di Antonio di Montefeltro, conte di Urbino e signore di Gubbio egli, alla morte del padre, gli succede nel 1404. In quel frangente eredita dal padre anche la Compagnia Feltria [1] ed è confermato vicario pontificio da papa Bonifacio IX. Sposa dapprima Rengarda, figlia di Galeotto Malatesta signore di Rimini, che non gli dà eredi e poi, il 26 gennaio 1424, in seconde nozze, Caterina Colonna, nipote di Papa Martino V, la quale dà alla luce ben quattro figlie femmine e il figlio Oddantonio. Senza eredi maschi, alla morte di Guidantonio lo Stato sarebbe infatti tornato alla Chiesa [2].
Nel 1408 Guidantonio viene creato conestabile del re di Napoli Ladislao [3]. Nel giugno 1412, giunti alla pace tra quest’ultimo e il pontefice, si compone un’alleanza tra lo stesso Ladislao, la S. Sede, Firenze e Venezia [4]. Più tardi Guidantonio lascia l’incarico di conestabile e nell’agosto del 1413 diviene capitano delle armate pontificie entrando nella lega con Firenze e Siena contro Ladislao che muore nell’agosto dell’anno successivo.
Valente condottiero, Guidantonio è molto impegnato in ambito militare, al soldo dei papi dal pontificato dell’antipapa Giovanni XXIII, dal 1424 al 1425 ottiene una condotta dalla Santa Sede per quattrocento uomini a cavallo per la quale la Camera Apostolica gli paga 1300 fiorini al mese mentre il censo da lui dovuto al papa, dopo che nel 1429 ottiene il titolo di Vicario della Chiesa, è di 1300 fiorini l’anno. Il 3 settembre 1430 diventa Capitano generale delle truppe fiorentine.
Guidantonio aspira a poter ottenere il diritto di battere moneta, di primario interesse per qualsiasi signore in quanto di assoluto prestigio e fonte di vantaggio economico. Attraverso il matrimonio con la seconda moglie Caterina Colonna, nel 1420, Guidantonio riesce ad ottenere da papa Martino V, di cui Caterina era la nipote, il diritto di coniare monete in oro, argento e mistura (lega di rame e argento) ovunque egli volesse nei suoi possedimenti [5].
Le monete a nome di Guidantonio sono sostanzialmente di tre tipi: il bolognino in argento (Fig. 1), emesso solo dalla zecca di Gubbio, molto probabilmente opera dell’orafo Piermatteo di Salvoro Orfini di Foligno [6], uno dei maggiori e raffinati incisori di allora, richiamato da Guidantonio a fare lo zecchiere e battere quel tipo, e denari piccioli in mistura. Nella zecca di Urbino vengono invece emessi quattrini e denari piccioli. Il 20 febbraio di quell’anno Guidantonio muore durante il pontificato di Eugenio IV, delle cui truppe pontificie era capitano generale. Gli succede il figlio Oddantonio II (1427-1444), primo duca di Urbino, avuto dalla seconda moglie Caterina Colonna, che gli dà finalmente un figlio maschio garantendo così la successione alla casata.
Fig. 1 | Zecca di Gubbio | Oddantonio di Montefeltro, bolognino
Oddantonio, erede legittimo del grande stato del Montefeltro, territorio ricco, esteso e popoloso, ebbe breve vita. Guidantonio, nonostante i suoi sforzi, non era riuscito a porre le basi per una collaborazione certa e stabile tra Federico, suo figlio naturale, e Oddantonio, che poco prima aveva ottenuto da papa Eugenio IV la concessione del vicariato apostolico. Purtroppo quest’ultimo viene mal consigliato da due suoi ministri, il protonotario apostolico Manfredo de’ Pii di Cesena e Tommaso di Guido dell’Agnello da Rimini, entrambi dipendenti da Sigismondo Malatesta che mirava a porlo in odio dei propri sudditi mostrando una sua cattiva conduzione della cosa pubblica.
All’inizio del 1444, con la ripresa della guerra nella Marca d’Ancona, le truppe sforzesche conquistano la città di Cagli senza che Oddantonio si preoccupasse della difesa ma per fortuna l’intervento militare del fratellastro Federico riesce a riprenderne il controllo. La sua inettitudine militare, le ampie spese per la guerra e la sua colpevole dissolutezza a corte produssero una situazione economica critica con un indebitamento e un conseguente inasprimento delle tasse.
Queste scelte portarono il malcontento generale e ad una congiura, originata e forse architettata da Federico, che provocarono il suo assassinio in un tumulto popolare. A nome di Oddantonio vennero battuti solo rari piccioli in mistura esclusivamente nella zecca di Gubbio. Il picciolo con l’effigie di Sant’Ubaldo a nome di questo duca viene sicuramente coniato dopo il 25 aprile 1443 perché sulla moneta è riportato il termine DVX (Fig. 2), titolo che Oddantonio ottenne solo dopo questa data [7].
Fig. 2 | Zecca di Gubbio. Oddantonio di Montefeltro, denaro piccolo
Guidantonio da Montefeltro, oltre a Federico, aveva avuto anche una figlia naturale, Aura, che il 25 agosto 1420 aveva sposato Bernardino Ubaldini della Carda [8], conte di Apecchio, capitano di ventura e comandante vicario della Compagnia Feltria. É questa la connessione ufficiale tra i Montefeltro e gli Ubaldini Della Carda, famiglia che da questo momento entra a pieno titolo nella storia rinascimentale del centro Italia.
Quando Aura rimase incinta, vista l’impossibilità della contessa Rengarda di dare un erede al conte di Urbino, si pensò forse di lasciare nascosta la sua gravidanza e di attribuire la nascita di un figlio maschio del conte Guidantonio ad una nobildonna di cui non si sarebbe fatto il nome perché non sposata, Elisabetta degli Accomanducci, dalla quale, si disse, il 7 giugno 1422 nacque il piccolo Federico nel castello di Petroia. La sua nascita fu tenuta segreta per circa due anni e resa nota solo in seguito.
Dal matrimonio tra Aura e Bernardino Ubaldini, nel 1423, era nato ufficialmente un unico figlio, Ottaviano, il quale, come un fratello, Federico gradì sempre avere a lui vicino nella sua corte d’Urbino e alla sua morte lasciò tutore del figlio Guidobaldo e reggente pro tempore del Ducato di Urbino. Con la nascita di Oddantonio, figlio legittimo, l’altro figlio naturale Federico era stato affidato a Giovanna Alidosi, signora di Mercatello, Sant’Angelo in Vado e di altri castelli della Massa Trabaria, vedova di Bartolomeo Brancaleoni. Ella aveva una figlia, Gentile, coetanea del piccolo Federico. All’età di otto anni verrà combinato tra loro un matrimonio, celebrato il 4 aprile 1443, con cui Federico acquisirà i beni della moglie.
Immagini dalla pagina Facebook della mostra Ubaldini, Signori degli Appennini
Bernardino Ubaldini, che fino ad allora aveva combattuto per Firenze, all’improvviso, per un accordo non mantenuto da parte di quella città, passa al soldo di Filippo Maria Visconti duca di Milano. Per garantire la pace tra Milano, alleata di Guidantonio, e papa Eugenio IV, nel 1433 egli è costretto a dare in ostaggio Federico che andrà a Venezia e Ottaviano che verrà inviato a Milano. A causa della peste che insorge a Venezia, Federico viene trasferito presso i Gonzaga a Mantova.
Qui frequenta una scuola all’avanguardia, la Ca’ Zoiosa di Vittorino da Feltre, all’interno della quale, seguendo l’esempio dei grandi uomini dell’antichità, si potevano apprendere i valori di lealtà che ogni principe doveva seguire. Viene a lui impartita la formazione scolastica delle Arti liberali attraverso l’insegnamento della Dialettica, Grammatica e Retorica e soprattutto di Astronomia, Musica, Aritmetica e Geometria che costituiranno fondamento per la formazione intellettuale di Federico e per l’indirizzo culturale della sua futura corte.
Vittorino, attraverso la didattica, trasferirà a Federico anche l’importanza alla responsabilità sociale, alla frugalità e alla sobrietà, all’autodisciplina dando valore anche alle attività ginniche. Valente uomo d’armi, Federico si mette in evidenza fin dalla prima giovinezza per la sua acuta intelligenza e per la sua incredibile abilità politica che dimostra durante tutta la sua vita.
Nel 1437 Bernardino, ammalato, è costretto a lasciare la compagnia “Feltria” a Federico che ne assume la guida e prima di morire lo raccomanda a Filippo Maria Visconti affinché lo prenda sotto la sua protezione con tutti i suoi duemila quattrocento soldati. Raccomanda il figlio quindicenne anche a Niccolò Piccinino perché lo istruisca e lo tenga sotto le sue insegne fino alla maggiore età. Più tardi arriverà a ricoprire la carica di comandante della Lega italica.
Il 23 luglio 1444, dopo l’assassinio del Duca Oddantonio, Federico è acclamato dal popolo urbinate signore di tutte le terre e città dello Stato d’Urbino. Egli aveva infatti la legittimazione come figlio naturale di Guidantonio [9], avuto prima del matrimonio con Caterina Colonna, ottenuta da Martino V con bolla del 20 dicembre 1424 [10]. Il Reposati riporta il testamento secondo cui già nel 1429 Guidantonio aveva chiarito la sua successione [11] e lo designava come erede del casato Montefeltro nel caso di malaugurata morte prematura del figlio Oddantonio. Federico, il mattino successivo alla morte del fratello, prese possesso di Urbino dopo aver firmato i ventuno capitoli che dettavano le condizioni che il nuovo signore avrebbe dovuto osservare.
Nel 1445 viene scomunicato per aver acquistato la signoria di Fossombrone da Galeazzo Malatesta senza autorizzazione papale. Solo nel 1447 il nuovo papa Nicolò V lo legittima pienamente al potere proclamandolo vicario apostolico in temporalibus sospendendogli la scomunica. Federico nel 1446 deve contrastare alcune opposizioni interne tra cui la congiura di palazzo fomentata da Sigismondo Pandolfo Malatesta nella quale sono coinvolti importanti esponenti della famiglia e della corte.
Immagini dalla pagina Facebook della mostra Ubaldini, Signori degli Appennini
L’anno seguente, una rivolta a Fossombrone, sempre provocata dal signore di Rimini, viene soppressa nel sangue con tre giorni nei quali la città è messa a ferro e fuoco a dimostrazione di cosa sarebbe capitato a chi si fosse ribellato. Presto, come aiuto nell’amministrazione dello stato, farà rientrare da Milano il fratello che era consigliere personale del duca Visconti. Federico, a causa degli importanti incarichi militari che lo costringevano a rimanere a lungo assente poteva in tal modo lasciare con fiducia Ottaviano a governare al suo posto, proprio perché era fratello autorevole e quindi in grado di sostituirlo alla pari e con sua piena fiducia.
Federico e Sigismondo Pandolfo Malatesta furono spesso in contrapposizione tra loro per motivi economici e territoriali fino allo scontro finale nella battaglia del Cesano dopo la quale Sigismondo perse tutti i suoi domini eccetto Rimini e Federico incrementò di molto i territori del suo Ducato. Durante la Signoria del conte Federico si inizia la produzione in larga scala di bolognini d’argento (Fig. 3), esclusivamente nella zecca di Gubbio, ponendo questa città in primissimo piano rispetto a tutte le altre del Ducato, e si prosegue la coniazione dei denari piccioli in mistura, cioè in lega d’argento e rame anche nella zecca d’Urbino.
Fig. 3 | Zecca di Gubbio. Federico di Montefeltro, bolognino
Ben otto furono le licenze concesse a diversi zecchieri e incisori. A Corrado di Battista di Gubbio venne rilasciata più volte concessione di battere moneta piccola a Gubbio e una volta per coniare il denaro picciolo con monogramma di Federico ad Urbino (Fig. 4). Quello di battere moneta, uno dei maggiori privilegi cui si aspirava, venne rilasciato agli eugubini forse come prova tangibile della loro lealtà dato che Gubbio era posta all’estremo confine del territorio ducale. Grande era comunque l’affetto di Federico verso Gubbio dimostrato in molteplici forme come la profonda devozione al patrono Sant’Ubaldo.
Papa Sisto IV, non riuscendo ad assediare Città di Castello per toglierla alla famiglia Vitelli, decise di dare l’incarico a Federico di Montefeltro. Fu convocato il nipote del papa, il cardinale Giuliano della Rovere, ad Apecchio, e il 21 agosto del 1474, in cambio della città, Federico venne insignito da papa Sisto IV del titolo di duca d’Urbino nonché di gonfaloniere di Santa Croce e di capitano generale; lo stato di Urbino venne innalzato a Ducato.
Nel frattempo il re di Napoli Ferdinando I d’Aragona gli consegnò l’onorificenza del Collare dell’Ermellino e il re d’Inghilterra Edoardo IV gli concesse l’Ordine della Giarrettiera, simboli del grande apprezzamento che gli veniva tributato dentro e fuori dei confini italiani. Dopo aver ottenuto il titolo di duca Federico fece coniare a Gubbio denari piccioli in mistura, la lega di argento e rame, e per la prima volta nella zecca di Fossombrone, con la particella DVX anziché COMES associata al suo nome.
Fig. 4 | Zecca di Gubbio. Federico di Montefelto, denaro piccolo
Federico nel 1460 aveva sposato in seconde nozze Battista Sforza dalla quale aveva avuto otto figlie ed un unico figlio maschio, Guidobaldo I. Nato a Gubbio, il 24 gennaio 1472 rimane orfano della madre. Alla morte di Federico gli succede a soli dieci anni e suo tutore è Ottaviano Ubaldini che esercita il potere per lui fino alla sua maggiore età. Ottaviano, d’altra parte, era proprio colui che già precedentemente, nelle situazioni nelle quali Federico era impegnato in campagne militari per lungo tempo, curava in sua vece l’amministrazione dello Stato. Questa situazione non comportò quindi alcuna modifica sostanziale alla normale conduzione del Ducato.
Il 17 settembre 1474, ricevuto il mantello ducale, Guidobaldo aveva cavalcato per Urbino e da qui era andato in visita a Gubbio ed in altre città del Ducato, ben accolto per i suoi modi raffinati che avevano sempre lasciato un buon ricordo di lui. Furono a lui inviati i messaggeri dalle città di Napoli, Milano e Firenze delle cui truppe il padre Federico era stato comandante, e subito gli venne rinnovata la condotta paterna. Le truppe dei Montefeltro erano infatti ritenute molto valenti in ambito militare.
Fig. 5 | Zecca di Gubbio. Guidoblado I di Montefeltro, denaro piccolo
Guidobaldo fu nominato capitano generale degli eserciti della Lega tra il duca di Milano e il re di Napoli dal quale venne assoldato per 15 mila ducati d’oro e un periodo di tre anni. Anche Firenze gli riconobbe una provvigione di 3600 fiorini e nel 1484 papa Innocenzo VIII gli rinnovò l’investitura del Ducato d’Urbino, già concessa al padre Federico, del quale fu al soldo. Nel febbraio 1488 Guidobaldo sposa Elisabetta Gonzaga ma non ha da lei figli. All’inizio del 1494 ha la condotta della Serenissima alla quale si affianca quella di Alfonso II d’Aragona e alla morte del pontefice gli viene rinnovato l’incarico dal successore Alessandro VI durante la discesa di Carlo VIII in Italia. Acquisita in tutta Italia la fama di valente capitano, Guidobaldo stipula con i fiorentini una condotta di 30 mila ducati d’oro l’anno.
Fig. 6 | Zecca di Gubbio. Guidoblado I di Montefeltro, quattrino
Scontento del trattamento ricevuto, nel marzo 1496 Guidobaldo inizia a militare per Ferdinando II d’Aragona, d’accordo con i veneziani. Nel giugno 1496 è da Alessandro VI nominato Capitano generale e Gonfaloniere di S. R. E. ed affiancato da Giovanni Borgia, figlio del papa. Combatte contro gli Orsini ma ferito viene fatto prigioniero e solo la Serenissima sembra preoccuparsi della sua liberazione. Il Montefeltro passa al servizio dei veneziani con 12 mila ducati all’anno. Il 27 luglio muore Ottaviano Ubaldini della Carda, che lo stesso Guidobaldo definisce “bono et honorevole padre”, e nel maggio 1497, affrontate molte campagne militari, ha la possibilità di rientrare nel Ducato. Durante il primo periodo di regno emette solo denari piccioli per la zecca di Gubbio con busto frontale di S. Ubaldo e stemma feltresco, o campo inquartato e palo con chiavi decussate e triregno, simbolo del suo ruolo di gonfaloniere di S. R. E. e comandante generale delle truppe pontificie, sormontati da corona ducale (Fig. 5).
Fig. 7 | Zecca di Gubbio. Guidobaldo I di Montefeltro, grosso
Nel 1502 Guidobaldo ingenuamente concede a Cesare Borgia detto “il Valentino” il transito sulle sue terre fornendogli anche vettovaglie e artiglierie per la conquista di Camerino ma il Valentino occupa Cagli, 10 mila pontifici nottetempo si introducono ad Urbino, e Cesare Borgia vi si insedia il 22 giugno 1502.
Immagini dalla pagina Facebook della mostra Ubaldini, Signori degli Appennini
Guidobaldo è costretto a fuggire e si rifugia a Venezia. Il 28 agosto del 1503 egli ritorna al comando del Ducato dopo la parentesi dell’occupazione da parte di Cesare Borgia. Dopo il suo rientro vengono emessi a suo nome molti quattrini, monete che avevano ormai ampia circolazione all’interno dei territori pontifici. Sono battuti in numerose zecche come Gubbio su cui viene riportata l’immagine di S. Ubaldo, o Urbino (Fig. 6), Casteldurante (attuale Urbania) e Fossombrone sui quali per la prima volta vi è la rappresentazione del ritratto del duca. Nella zecca di Urbino si cominciano ad emettere anche monete di più grande modulo in argento, i grossi, con il patrono San Crescentino stante e a cavallo che trafigge il drago (Fig. 7).
Note al testo
[1] La Compagnia reltria era un piccolo esercito di ventura nota per il suo valore militare, composta di trecento lance e qualche centinaio di fanti. Inizialmente entità tattica di cavalleria comprendente due combattenti a cavallo e un paggio di supporto, più tardi sarà allargata a cinque uomini e cinque cavalli. (SCATENA G. 1980, p. 12, nota 7).
[2] Per il gioco delle alleanze Guidantonio fasposare tre delle quattro figlie rispettivamente con Alessandro Sforza Signore di Pesaro, con Domenico Malatesta Signore di Cesena e con Guidaccio Manfredi Signore di Faenza.
[3] MENICHETTI P. L. 1987, p. 166. Ladislao di Durazzo venne nominato re di Napoli nel 1386, ma poiché ancora bambino, la madre fu reggente fino al 10 luglio 1400 data in cui egli fu re fino al 3 agosto 1414.
[4] MENICHETTI P. L. 1987, p. 167.
[5] Ex Cod. Comitum Urbini fol. 93 – THEINER A. 1964, tome toisieme (1389-1793), pp. 262-263, n. CXC.
[6] Piermatteo Orfini, orafo e tipografo a Foligno durante il periodo di Guidantonio di Montefeltro, nel 1438 fu incaricato da Corrado III Trinci di coniare monete in oro, argento e mistura per la zecca di Foligno. Questo mandato però funzionò solo fino al 1439 allorché Eugenio IV, spinto dal cardinale Vitelleschi che aveva in odio la famiglia Trinci, diede ordine di attaccare e sottomettere la città. Caduti i Trinci, Piermatteo si allontanò da Foligno, forse perché compromesso con loro.
[7] Per il documento di elevazione a Duca di Oddantonio cfr. THEINER A. 1861-1862, vol. III, n. 298, p. 351, doc. n. XIII.
[8] UBALDINI F. A. – Vita di Bernardino della Carda e dell’illustrissima famiglia degli Ubaldini da Biblioteca Universitaria Urbino, Fondo Comune, Rep. III, C. 21 – Anche in S.A.S.G., Fondo Armanni, III, C 3.
[9] Cfr. SER GUERRIERO da GUBBIO Cronaca, p. 42 – FILELFO Vita di Federico d’Urbino in Atti e Memorie R. D. S. P. per le provincie delle Marche Ancona, 1901, p. 266, G. BROGLIO TARTAGLIA Cronaca Malatestiana, Ms. della Biblioteca Gambalunga di Rimini f. 185 v., FRA GIROLAMO MARIA DA VENEZIA Cronica della Città d’Ugubbio, Ms. in appendice a Ser Guerriero da Gubbio.
[10] Arch. Segreto Vaticano, Armadio LX, t. 21, f. 112 e 113.
[11] Nel testamento di Guidantonio, stilato già nel 1429, è messo in chiaro chi dovessero essere i suoi successori ed eredi: in prima battuta il figlio legittimo Oddantonio e nel caso in cui questo fosse morto senza figli il legittimato Federico. Questo in parte è il documento: “In tutte le mie possessioni e terre e case e cose, lascio mio erede universale Oddantonio mio figlio legittimo e naturale e voglio sia Signore Rettore e Governatore generale di tutto quello possiedo e possederò al tempo della mia morte oltre i lasciti che io ho fatto; ma se dopo me rimanesse un altro figlio maschio voglio che Oddantonio sia Signore d’Urbino, Casteldurante, Peglio, Moltefeltro e del resto di là. Et il secondo di Gubbio e quello che debbo avere o Assisi o lo scambio secondo mi ha promesso N. S. e la metà delle possessioni d’Urbino e del Montefeltro e se non si avesse altro che Assisi gli lascio Frontone e la metà del Montefeltro che tutto questo volevo fosse d’Oddantonio ed in caso che uno morisse senza figliuoli maschi legittimi e naturali rimangano all’altro et sic de singulis usque ad ultimos; e quando di me non rimanesse nessun figliuolo maschio legittimo e naturale, che Dio non voglia, né niun figliuolo de’ miei figliuoli legittimi e naturali maschi lascio mio erede universale Federico mio figliuolo legittimato universalmente (Rogatione Bartolomeo del già Brugaldino degli Ansaldi Notaro, li 18 marzo 1429)” (REPOSATI R., I, p. 143, nota 86).