Il “grosso agontano”, più comunemente noto come “agontano”, il cui nome ovviamente gli deriva da quello della città che per prima lo emise intorno agli anni 80 del secolo XIII, Ancona, fu subito ben accettato dal mercato in particolare quello dell’Italia centrale, ma non solo.
“Nomen omen“: l’agontano, moneta simbolo del capoluogo marchigiano
Che la zecca di Ancona sia stata la prima ad emettere questa particolare ed importante tipologia di grosso dal valore di denari 24 è un dato di fatto (“agontano” = “anconetano”).
Inoltre – ipoteticamente – se questa tipologia di grosso fosse stata emessa da un’altra zecca prima di quella anconitana ne avrebbe, giustamente, preso il nome e nelle pratiche di mercatura dell’epoca avremmo trovato, ad esempio, il ravennate di Ravenna o addirittura il ravennate di Ancona e non l’agontano di Ancona o l’agontano di Ravenna, come, invece, sono sempre indicate tali monete. Un po’ come è avvenuto per il “bolognino” che ha preso il nome dalla prima zecca che lo ha coniato, quella di Bologna.
Il grosso agontano di Ancona, tipo base imitato da varie officine monetarie del Centro Italia
Evidentemente, il suo valore di denari 24 e la buona lega, la lineare croce patente incisa al suo drittp e la semplice, ma bella, raffigurazione al rovescio di San Ciriaco stante, contribuirono non poco al suo successo, tanto che varie officine monetarie ritennero commercialmente interessante, ed anche redditizio, il fatto di imitarlo.
Come già rammentato in altra sede, tutte queste zecche devono aver avuto degli stretti contatti tra di loro, perché alcune loro emissioni sono praticamente identiche e la distinzione avviene solamente per le differenti legende che ne permettono una corretta identificazione.
La prima emissione di grossi agontani anconetani, dal peso medio di g 2,40, perché a questa molte altre ne seguirono di peso calante, venne imitata nelle Marche solo dalla zecca di Ascoli. Al di fuori di questa regione lo troviamo imitato dalle zecche toscane di Arezzo e Volterra ed anche da quelle emiliane di Ravenna e Rimini.
La produzione di agontani di Rimini e i “segni segreti”
La zecca riminese presenta una interessante e vasta produzione di agontani che si possono distingere per stile e per i numerosi “segni” identificativi: punti, crocette, piccoli anelli, roselline ecc. che troviamo impressi di fianco alla piccola croce da cui inizia la legenda del D/ o di fianco alla testa del santo al rovescio.
A questa nutrita serie di simboli, dopo accurato studio, è possibile aggiungerne altri tre segni sconosciuti alla letteratura fino ad oggi pubblicata: una specie di T o T rovesciata a seconda da dove la si guardi con un puntino sopra, una piccola croce o X ed una “barretta”. La loro unicità, inoltre, consiste nell’essere stati incisi solamente sul bordo del R/ all’altezza della lettera E di GAVDECIVS.
I primi due “segni”, T e X, sono presenti solo sull’emissione che può essere considerata la prima dell’agontano riminese, la più vicina temporalmente all’emissione del prototipo anconetano, che, inoltre, presenta le stesse caratteristiche stilistiche dell’agontano ravennate e volterrano, tanto da poter ipotizzare che sia stata la stessa mano ad incidere i loro conii. La stessa mano che ha inciso l’aureola intorno al volto dell’arcivescovo di Rimini, Ravenna e Volterra.Ravenna, molto probabilmente, per rendere la moneta ancora più simile alle altre.
Da sinistra i volri dei ritratti su rovesci di agontani di Rimini, Ravenna e Volterra: i tre santi vescovi mostrano notevolissime somiglianze
Agontano di Rimini con segno T sul bordo del rovescio, sopra la lettera E di GAVDECIVS
Esemplare di agonatno riminese con simbolo X sopra la lettera E della legenda . PP . S . GAVDECVIS . (ex Inasta 110, n. 2283)
Il terzo “segno”, ossia la “barretta” è presente solamente su di una emissione di agontano di Rimini, probabilmente di poco successiva e caratterizzata, soprattutto, dal viso del santo molto più definito.
Agontano di Rimini con segno ꟷ sopra la E del nome del santo (ex Inasta 89, n. 1522)
Altra particolarità di questi “segni” é che non sempre sono presenti su tutti i grossi appartenenti a quelle emissioni nelle quali sono stati individuati; infatti, moltissimi altri esemplari ne sono privi.
Due esemplari di grosso agontano di Rimini privi dei “segni segreti” (in alto, ex Inasta 69 parte 2, n. 182 e, in basso, ex Inasta 105, n. 2205)
E’ plausibile ritenere, quindi, che questi nuovi “segni” possano essere considerati come dei “segni distintivi” di zecchieri, al momento sconosciuti, che, con questo “dettaglio“, hanno voluto distinguere in modo inequivocabile la loro produzione.
Rimane, tuttavia, il dubbio su di una loro precisa identificazione ed interpretazione, ma, poiché niente è casuale nella monetazione medievale, all’epoca il motivo della loro presenza ed in quella particolare posizione doveva essere ben evidente.