di Antonio Castellani | Alla I Repubblica Romana (1798-1799), e in particolare all’assedio di Ancona, autorevoli fonti attribuiscono un esemplare – unico finora conosciuto – di scudo romano coniato in oro (g 37,2, mm 41, ore 6, contorno liscio) e con, nel campo del rovescio, l’inconfondibile segno di zecca A del capoluogo marchigiano.
La legenda recita come d’uso PIVS SEXTVS PONT MA VI e circonda lo stemma ovale di papa Pio VI Braschi in una ricca cornice decorata con cornucopia e conchiglia, sormontata da una radiosa tiara papale e chiavi incrociate.
Al rovescio AVXILIVM DE SANCTO 1780, personificazione velata della Santa Chiesa raggiante, seduta sulle nuvole, con le chiavi di san Pietro nella mano destra e che estende la sinistra sorreggendo un piccolo tempio a cupola; nel campo interno sinistro, il segno di zecca A; sotto, piccolo stemma di monsignor Giuseppe Vai. Bordo normale.
La moneta è pubblicata da Marco Dubbini e Giancarlo Mancinelli, Storia delle monete di Ancona, Ancona 2009, 7.4 e p. 206, primo paragrafo (questa moneta); inoltre, appare nell’opera di Mario Traina, Gli assedi e le loro monete (491-1861), Bologna 1976, alla voce Ancona, asseddio austro-russo-turco del 1799, pp. 55-75, 3. Per le questioni relative all’argento ossidionale di Ancona si veda anchew Muntoni IV, p. 212, 20 tav. 218; Serafini III, 855; Pagani p. 262 nota; Berman 3001 (Pio VI); Gigante 2005, p. 373, 1; KM 10. 37.20.
“Probabilmente – ipotizzano Dubbini e Mancinelli – si tratta di un omaggio fatto durante l’assedio a qualche personaggio di rilievo” (cfr. op. cit., p. 206). Ma andiamo con ordine. L’assedio alleato e il blocco navale di Ancona durò dal 18 marzo al 13 novembre 1799 e fu effettuato da uno squadrone di otto navi russe e turche e, a terra, da un esercito di truppe provenienti da Austria, Russia e Turchia. Fu questa l’occasione in cui ad Ancona vennero emesse monete d’argento che utilizzavano conii precedentemente usati per scudi d’argento e mezzi scudi dalla zecca di Roma a nome di Pio VI, così come pezzi di rame 2 e 1 di baiocchi locali.
Secondo l’abate Antonio Leoni, in Ancona Ilustrata opera dell’Abbate di Antonio Leoni, anconitano colle risposte ai sigg. Peruzzi, Pignetti ecc., E il compendio delle memorie d’Ancona, Ancona 1832 (Archivio comunale di Ancona, fasc. 2920, p. 100), la nuova zecca era ospitata in una collegiata confiscata e affidata a fiorile (11 aprile) allo zecchiere della Repubblica romana, Luigi Severi. La zecca di emergenza era operativa entro la fine di germile (circa il 19 aprile), e con il sequestro delle proprietà della Chiesa e dei contributi forzati da parte di ricchi cittadini privati, compresa la comunità ebraica, iniziò a battere monete in bronzo, argento e oro. Leoni (op. cit., p. 376), afferma espressamente che fu battuto anche l’oro: “Zecca: ove fu battuta la moneta di rame, di bronzo, d’argento e d’oro: esendo zecchiere il signor Luigi romano. Le monete d’oro, e d ‘argento (piastre e doppie) coniate similitudine alle pontifice, e di egual purezza”.
La monetazione di bronzo fu realizzata col metallo delle campane recuperato dalle chiese locali, l’argento volontariamente donato dai cittadini fu abbassato di titolo (attorno ai 600 millesimi, con aggiunta più che altro di zinco) e battuto con le matrici di Pio VI modificate con un piccolo marchio di zecca A.
Tuttavia, nessuna delle monete in oro sembra essere sopravvissuta tranne l’esemplare qui pubblicato il quale, peraltro, più che un omaggio ad una personalità di rilievo potrebbe trattarsi, sotto assedio, di un puro esemplare di ostentazione, unico come tale e coniato a ribadire, nel più prezioso dei metalli, la resistenza della città a piegarsi ai suoi assalitori mantenendo tutte le proprie prerogative sovrane. Dopo il passaggio in asta al n. 1.111 della vendita n. 11 di Roma Numismatics Limited (7 aprile 2016) della moneta non si sono avute più tracce.