risponde Roberto Ganganelli | Eccoci a rispondere ad una nuova richiesta di uno del lettori, il signor Carmelo R. Crupi che ci scrive alla nostra casella email: “Sono un cultore di numismatica borbonica, napoletana e siciliana e del re numismatico.
Complimenti innanzi tutto per aver dato nuova vita online alla mitica rivista Cronaca numismatica. Sono venuto a sapere che un articolo sulla finitura matte proof era stato pubblicato su Cronaca numismatica cartacea n. 207 del maggio 2008.
Purtroppo non posseggo il menzionato numero. E’ possibile ricevere il testo? Oppure potrebbe cogliere l’occasione per riproporlo sulla rivista online, per la serie repetita juvant, come spesso diceva il compianto maestro Mario Traina? Ringrazio e porgo cordiali saluti”.
Il trattamento matte proof è uno speciale tipo di finitura che venne usato soprattutto negli Stati Uniti d’America tra il 1908 e i 1916 ed, occasionalmente, in altri paesi. Messo a punto nell’ultimo decennio del XIX secolo dalla zecca di Parigi, il trattamento matte proof rende satinate e di aspetto granulare le superfici del tondello coniato.
Un simile effetto viene ottenuto mediante una sabbiatura o con un trattamento acido delle impronte dei coni sulle quali si produce, in entrambi i casi, una quantità di microscopici crateri.
Questi, all’atto della battitura del tondello, ammorbidiscono le superfici e gli spigoli del modellato togliendo parte dei riflessi e della luminosità alle superfici della moneta finita.
Nei cataloghi specializzati, come nelle certificazioni della società statunitense di grading PCGS (Professional coin grading service), il trattamento matte proof è indicato in modo esplicito, anche perché, spesso, costituisce un elemento di valorizzazione della moneta.
In Italia, dalle informazioni in nostro possesso, tale sistema non è mai stato impiegato dalla Zecca né è attualmente in uso. Nella foto, un certificato PCGS di un centesimo tipo Lincoln del 1916 ottenuto da conii rifiniti con il trattamento matte proof.