di Andrea Keber | La dominazione scaligera sulla città di Vicenza inizia nel 1311, quando le truppe di Cangrande della Scala scacciano il presidio dei Carraresi padovani. Tra gli uomini di fiducia di Cangrande Della Scala troviamo Baiardino Nogarola che dal 1312 al 1329, ad eccezione del biennio 1317-1318 (quando viene sostituito da Uguccione della Faggiola) ricopre la carica di podestà di Vicenza. Durante il suo governo Cangrande decide di emettere un grosso aquilino, avente lo stesso valore nominale delle emissioni meranesi ma di una lega inferiore, a nome della città di Vicenza (il grosso meranese circola al valore di 20 denari, mentre quello emesso da Cangrande contiene argento per soli 19).
Cangrande, forse per ringraziare il suo fedele Baiardino Nogarola, concede al suo stretto collaboratore di inserire il proprio stemma al dritto di questa moneta; lo scudo a bande merlate è infatti riconoscibile come lo stemma araldico dei Nogarola.
Il periodo di coniazione, in base a confronti stilistici con le emissioni di altre zecche limitrofe, è attribuibile alla seconda fase di podestaria del Nogarola. Gli studiosi sono concordi nell’attribuire a Vicenza la coniazione dei grossi aquilini con la scritta CIVITAS VICENCIE: il grosso aquilino è moneta dunque scaligera da attribuirsi al podestà Bailardino Nogarola che l’ebbe a battere in virtù di una sub-concessione del diritto imperiale di zecca.
L’aquilino fu dunque una sorta di concessione degli Scaligeri all’amor patrio vicentino; tuttavia si ritiene ragionevole assegnarne l’effettiva battitura alla zecca di Verona piuttosto che pensare all’apertura di una nuova officina monetaria in Vicenza.
Il Corpus Nummorum Italicorum. Volume VI. Veneto. Zecche minori riporta un’unica variante dell’aquilino di Vicenza descrivendo, alla fine dell’iscrizione del dritto, la mancanza di un globetto. Helmut Rizzolli, invece, nel Corpus Nummorum Tirolensium Medievalium descrive invece, al rovescio, la rosetta posta sopra il braccio della croce come ingòobata nella stessa. Analizzando invece il dritto di vari esemplari si può, tuttavia, inserire come elemento variante (e quindi, distintivo di coni differenti) anche la disposizione dell’iscrizione in relazione al disegno dell’aquila imperiale.
Negli esemplari che ho potuto esaminare si osservano i seguenti casi: la lettera T (n. 4 in figura) è incisa proprio sopra degli artigli della zampa; la lettera T (n. 5 in figura) è posta sempre sopra gli artigli, ma spostata leggermente a destra (per chi guarda); la lettera T (nn. 1-3) è posta in modo obliquo a destra o a sinistra degli artigli; la lettera T (n. 2) è posta in prossimità della coda. La varietà di coni utilizzati per la produzione del grosso aquilino di Vicenza è la prova che questa moneta è stata coniata durante un periodo non breve e deve aver avuto una produzione non marginale.
Per saperne di più: Vittorio Emanuele III, Corpus Nummorum Italicorum. Primo tentativo di un catalogo generale delle monete medievali e moderne coniate in Italia o da italiani in altri Paesi. VI, Veneto (zecche minori). Dalmazia-Albania, 1922; Ottorino Murari, Il denaro aquilino grosso di Vicenza in Nova Historia 8, 1956; Ottorino Munari, Gli aquilini di tipo meranese delle zecche italiane in Numismatica e antichità classiche IX, 1980; Raffaele Paolucci, La zecca di Vicenza, breve storia in Panorama Numismatico 20, 1987; Federico Pigozzo e Helmut Rizolli, L’area monetaria veronese. Verona e il Tirolo, Bolzano 2015; Andrea Saccocci, William R. Day Jr, Michael Matzke, Elina Screen, Medieval European Coinage. Volume 12. Northern Italy, 2016.