È l’anno 1748 e, come periodicamente accade, tra Venezia e Vienna c’è tensione. Al centro della questione, stavolta, c’è il Patriarcato di Aquileia. Dato che la giurisdizione di questa importante sede vescovile si estende fino al Friuli, quindi a cavallo tra la Repubblica di Venezia e l’Impero, regola vorrebbe che i patriarchi vengano nominati alternativamente dai due governi.

Tuttavia, sin dalle origini il patriarca di Aquileia dispone di un “coadiutore” e, dato che il papa riconosce ogni volta il coadiutore, a sua volta, come patriarca, il seggio patriarcale non resta di fatto mai vacante; se si aggiunge che il primo patriarca è stato nominato da Venezia, ecco l’oggetto del contendere: la corte di Vienna non riesce ad esercitare il suo “diritto all’alternanza” sul Patriarcato.

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Anno 1748: il braccio di ferro fra Venezia e Vienna su Aquielia è in corso, ma dal rovescio dell’osella di Pietro Grimani non traspare alcun segno di ciò

L’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo, quanto mai decisa di carattere, certa di porre fine a questo stato di cose che ritiene intollerabile, un’autentica beffa al potere imperiale perpetrata dalla piccola Venezia. Il Senato della Serenissima, tuttavia, per parte sua continua a dirsi contrario ad ogni modifica anche perchè i Veneziani, stante la tradizione per cui san Marco avrebbe predicato per la prima volta il Vangelo proprio ad Aquileia, si attribuiscono un “privilegio” sull’occupazione di questa sede vescovile.

Ci pensa tuttavia papa Benedetto XIV Lambertini, nominato arbitro, a sbrogliare la matassa decidendo che il patriarca trasferisca il suo seggio a Udine, mentre ad Aquileia deve essere insediato un vicario. Va da sé che i Veneziani trovano la decisione inaccettabile, tanto da richiamare il loro ambasciatore da Roma e inviare due navi da guerra davanti al porto pontificio di Ancona.

L’Austria, secondo l’arbitrato del papa, richiede così di avere un arcivescovo per la propria parte del Friuli e una bolla di papa Lambertini del 6 luglio 1751 mette la parola fine sulla controversia, istituendo le due sedi arcivescovili distinte di Udine e di Gorizia al posto dello storico e controverso patriarcato.

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Sul dritto della moneta, invece, ecco il doge implorare san Marco il quale, tuttavia, distoglie lo sguardo come ad allontanare le speranze 

Nel 1748 quella bolla è ancora lontana dall’essere concepita e approvata, ma quanto la questione sia sentita a Venezia ce lo dimostra l’osella dell’anno VIII del doge Pietro Grimani. Al rovescio della moneta donativo troviamo la classica iscrizione PETRI | GRIMANI | PRINCIPIS | MVNVS | A. VIII | 1748 entro cartella ornata sorretta da leone. E fin qui, tutto rientra nella norma.

C’è tuttavia un dettaglio del dritto che colpisce: il doge, infatti, è genuflesso a braccia aperte alla destra di san Marco il quale, tuttavia, è seduto in trono mentre scrive il Vangelo ma distoglie lo sguardo dal supremo magistrato veneziano, rivolgendo lo sguardo verso sinistra. Su questa rara osella immaginiamo l’intenzione del doge di evocare l’intercessione del patrono per un esito della questione su Aquileia favorevole alla Serenissima, ma l’evangelista con il capo rivolto altrove sembra quasi far capire di non poter far nulla per esaudire la supplica della sua Venezia.

Risolta la questione di Aquileia, blandita la potente Maria Teresa d’Asburgo, l’energico papa Benedetto XIV sottolinea la fine del Patriarcato con una medaglia

E tanto fa Benedetto XIV che, una volta consolidato il nuovo status delle sedi di Udine e Gorizia, al fausto evento dedica nel 1754 perfino la propria medaglia annuale, incisa da Ottone Hamerani e sul cui rovescio i due arcivescovi si stringono concordi la mano all’insegna del NOVO ECCLESIARVM FOEDERE (“La nuova alleanza delle chiese”) dato che finalmente si può parlare finalmente, anche se Venezia mastica amaro, di TRANQVILLITAS RESTITVTA.