Antonino Pio esaltò con belle monete i novecento anni di Roma celebrando Romolo, Remo e il mito di fondazione
di Francesco Billi | Così come nel mondo moderno, anche nel mondo antico esistevano le “monete commemorative” che, spesso, per gli eventi più importanti venivano coniate per vari anni formando vere e proprie “serie.
Per i giochi secolari del 147
Gli anni che precedettero i giochi secolari del 147 a Roma, in particolare, nella monetazione imperiale furono caratterizzati da emissioni programmatiche a nome dell’imperatore Antonino Pio (138-161 d.C.) che presentano una serie di interessanti iconografie ispirate al mito delle origini dell’Urbe.
L’intento di preannunciare e preparare la cittadinanza alle solenni celebrazioni dei novecento anni della capitale imperiale, si intrecciò con la tematica propagandistica del “rinascimento” romano.
Infatti l’Età dell’Oro, che Antonino riconosceva nel suo Principato, venne costantemente richiamata come un ritorno alle radici leggendarie della romanità.
Questo contesto ideologico si espresse nei tre metalli coniati (oro, argento e lega di rame) attraverso un ricco repertorio di tipi di rovesci.
Talvolta, essi si presentano in continuità con il consueto linguaggio monetale romano, altre volte decisamente più originale.
Le monete per i novecento anni di Roma
Di certo al secondo caso appartiene la scena, particolarmente vivace, di un asse degli anni 140-144, raffigurante Marte mentre sorprende Rea Silvia nel sonno. Questo tipo si ispirava alla versione del mito secondo cui Marte fu il seduttore della vestale Rea Silvia, che lo rese padre dei gemelli Romolo e Remo e, quindi, di tutto il popolo romano.
La celebrazione del fondatore Romolus appare sui rovesci monetali in almeno altre due iconografie: la prima è quella della lupa che allatta i gemelli nel lupercale (cioè la grotta dov’era rintanata), anche se la caverna non venne sempre raffigurata.
La seconda iconografia, invece, ritrae direttamente la figura intera di Romolus che procede verso destra a testa nuda, in abiti militari, portando con sé un’asta e un trofeo. Al repertorio riguardante le origini di Roma sono riconducibili anche le serie enee con scrofa che allatta i porcellini: la scena ci riporta alla tradizione virgiliana dell’Eneide e all’intento di nobilitare l’Urbs collegandola alla città di Troia.
Infatti nel libro VIII del poema (42-46), parlando di Ascanio, figlio di Enea e fondatore di Albalonga, si legge il seguente presagio: “Ed ecco per te giacerà […] sotto gli elci della riva, una grande scrofa sgravata d’un parto di trenta capi, bianca, sdraiata al suolo, bianchi intorno alle poppe i nati […].”.
Da Troia a Roma, Enea e la natura eroica della stirpe
Quanto la natura eroica della stirpe romana fosse un tema centrale nella propaganda antoniniana è confermato anche da un affascinante aureo (140-143 d.C.) ispirato alla fuga di Enea da Troia, insieme al padre Anchise e al figlio Ascanio.
Nell’elenco delle iconografie degli anni 140-144, rivelatrici di un vero e proprio programma politico orientato alle celebrazioni per i novecento anni di Roma, meritano di essere inserite anche le emissioni enee del 143-144 caratterizzate, al rovescio, da una coppia di ancilia: scudi ovali di foggia particolare, retaggio dello strato più antico del culto di Marte ereditato dalle genti italiche mamertine.
Infine, a margine dei tipi mitologici, vanno citati i sesterzi dedicati alla Dea Roma come Roma Aeterna, ritratta con elmo e lunga veste, seduta sul trono mentre tiene un’asta e il Palladium.
Tutto per propagandare, attraverso quei formidabili mezzi di comunicazione che erano e sono le monete, nove secoli di storia gloriosa.