È sul mercato da pochi giorni quella che è la moneta di maggior diametro e peso della storia dell’Italia unita, e probabilmente di tutti i tempi, la 25 euro per Michelangelo coniata in puro argento dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato al peso di un chilogrammo e con diametro di ben 80 millimetri.
Con soli 200 esemplari prodotti e prezzo di emissione di 1500 euro questa moneta oversize che celebra i 550 anni dalla nascita del grande scultore, pittore e architetto completa la gamma delle emissioni dedicate al Buonarroti (approfondisci qui) e, ovviamente, non poteva non far parlare di sé il mondo del collezionismo.
Iniziamo da quanti hanno dichiarato il loro “pollice verso” (gesto di nobile origine romana che, oggi, è tornato di moda con i social sotto forma di dislike): alcuni collezionisti la considerano una coniazione esagerata, speculativa, addirittura “che non si può nemmeno definire una moneta ma una medaglia” invocando una tradizione “purista” e una “misura” – poche monete, per lo più celebrative di storia e arte – dalla quale la Zecca italiana si sarebbe allontanata troppo.
Ci sono poi i “tiepidi”, ossia quanti sostengono che la moneta sia bella e interessante ma troppo cara – con il chilogrammo di argento fino che viaggia sugli 830 euro circa – e che, dunque, il premio che l’officina monetaria si attribuisce sia sproporzionato. Ci sono, però, anche tanti collezionisti che hanno accolto la 25 euro per Michelangelo con entusiasmo e che, nell’ultimo click day del 4 marzo, hanno fatto piazza pulita degli esemplari disponibili nell’e-shop IPZS facendo schizzare fino a 2500 euro il prezzo richiesto sul mercato secondario.
Dove sta la ragione? Probabilmente al solito posto, ossia non da una sola parte; credo che, in ogni caso, non ci sia motivo di gridare allo scandalo perché la Zecca ha compiuto determinate scelte di innovazione e differenziazione dei suoi prodotti. Il mondo cambia e la moneta cambia con il mutare della cultura, della società, dei gusti e, ovviamente, del mercato numismatico.
Non è poi vero che esistevano – già millenni o secoli fa – le monete di ostentazione, i multipli in oro coniati in talmente pochi esemplari da contarli sulle dita di una mano affinché l’imperatore o il principe di turno li utilizzassero per dimostrare il loro potere e la loro ricchezza? E cosa dire dei massimi nominali d’argento di Genova di grande modulo – monete d’uso a tutti gli effetti – o i multipli di zecchino di Venezia? Qualcuno li considera forse “pacchiani”?
Nel Giornale de’ Letterati stampato a Pisa nel 1793 si attribuisce allo storico e politico Cassiodoro, vissuto fra V e VI secolo, la frase “le monete emesse ai nostri tempi ci faranno ricordare nei secoli futuri”. Vera o meno che sia l’origine di queste parole, un senso c’è: la moneta riflette il sentire dell’epoca in cui nasce e, come uno specchio, riflette oggi – come lo farà in futuro – le tante sfaccettature di un paese e di una società.
Ho scritto più volte, in trent’anni di giornalismo numismatico, che considero il collezionismo un’espressione di libertà individuale: riportando il concetto alla 25 euro per Michelangelo, intendo dire che ciascuno è libero di pensarla come vuole su questa moneta, ma che credo sia miope mettere all’indice questa o altre novità solo perché sono troppe, o troppo care, oppure… troppo pesanti o troppo colorate.
La moneta oversize da 25 euro per Michelangelo è stata una sfida artistica e produttiva, col suo diametro e il suo rilievo “da medaglia” e credo che, almeno sotto questo aspetto, nessuno abbia qualcosa da obiettare. Come lo è stata la creazione dell’oncia Flora e fauna e, personalmente, spero che simili emissioni – “con juicio”, parafrasando Manzoni – proseguano anche in futuro.