Tra gli aspetti più interessanti della circolazione monetaria nella città di Pompei la presenza di tante monete imitative… e di un denario “fuori posto”
di Franco Mazzanti | La circolazione monetaria di Pompei è stata oggetto dei miei studi durante la stesura della tesi di laurea magistrale, con una particolare attenzione per le monete rinvenute nel Foro Triangolare ubicato nella Regio VIII di Pompei.
La suddivisione in Regiones e Insulae è dovuta a Giuseppe Fiorelli, archeologo, numismatico e ispettore della Soprintendenza e del Museo archeologico di Napoli, così come la denominazione di ciascuna delle otto porte della città: Porta Marina, Porta Ercolanense, Porta Vesuvio, Porta di Capua, Porta Nolana, Porta del Sarno, Porta Nocerina e Porta Stabiana.
Qualche cenno storico su una città romana divenuta leggendaria
La celebre cittadina campana sorse come agglomerato di alcuni villaggi, nella valle del fiume Sarno, intorno al IX-VIII secolo a.C.; infatti, in lingua osca il nome della città, Pompei, ha come significato il numerale 5, da ricondursi al numero dei villaggi che si sarebbero uniti per dar origine alla città.
Strabone ci dice che Pompei fu controllata in successione cronologica da Osci, Etruschi e Sanniti. Stranamente non fa menzione dei Greci,nonostante che la presenza greca sia riscontrabile fin dal VI secolo a.C., quando fu costruita la prima cinta muraria.
Inoltre, che i Greci abbiano o meno controllato la città, l’influenza culturale greca è riscontrabile anche dalla costruzione del Tempio di Apollo nel Foro e dal Tempio Dorico nella terrazza meridionale. Gli Etruschi, al culmine della loro potenza, controllarono la città fra il 525 e il 474 a.C. quando, dopo la battaglia di Cuma, la flotta siracusana guidata da Ierone I sbaragliò quella etrusca e riprese il controllo della città.
La riconquista greca segnerà per la città un nuovo periodo di fioritura economica, con la costruzione di una nuova cinta muraria a duplice cortina in opera quadrata, l’abbellimento della città e il suo allargamento in direzione della futura Regio VI.
Verso la fine del IV secolo i Sanniti, scesi dai monti dell’Irpinia e del Sannio, conquisteranno Cuma, Pozzuoli e sicuramente anche Pompei. Durante la dominazione sannita la città fu ricostruita ed ampliata, vennero costruite le Terme Stabbiane, la Basilica, il Teatro Grande, venne isolata l’area del Comitium del Foro e venne ridedicato a Giove il Tempio del Foro.
Con la fine delle guerre sannitiche Roma riuscì a conquistare tutto il Sannio e ad aprirsi la strada verso l’Italia meridionale, in questa occasione Pompei rimase fedele a Roma ottenendo lo status di Municipium conservando la propria autonomia amministrativa.
A Roma, Pompei, rimase fedele durante le guerre puniche e la guerra contro Pirro re dell’Epiro ma, con lo scoppio della guerra sociale, Pompei si ribellò a Roma e si schierò con gli Italici. Al termine della guerra, esattamente come avvenne per gli antri Italici, Pompei divenne colonia romana con il nome di Colonia Veneria Cornelia, secondo il modello delle colonie romane, con a capo un prefectus iure dicundo.
Durante il periodo romano repubblicano la città venne abbellita con la costruzione delle Terme del Foro, l’Anfiteatro, il Teatro Piccolo altrimenti detto Odeion e altri edifici amministrativi. Fatto degno di nota fu la violenta rissa fra Pompeiani e Nocerini scoppiata nell’Anfiteatro di Pompei nel 59 d.C. quando. durante uno spettacolo di gladiatori, iniziarono alcuni screzi tra gli abitanti di Pompei e quelli di Nuceria Alfaterna. I primi erano infatti ancora risentiti per la deduzione a colonia di Nuceria nel 57, a svantaggio della vicina Pompei, che perse così parte del suo territorio agricolo.
Agli scontri, che durarono dieci giorni, seguì la sospensione dei giochi gladiatori da parte dell’imperatore Nerone per dieci anni, provvedimento che poi venne sospeso per intercessione dell’imperatrice Poppea, sua moglie.
Nel 62 d.C. la città venne colpita da un violento terremoto che si verificò il 5 febbraio, secondo la cronologia fornita da Tacito, con epicentro nella città di Stabia, di magnitudo intorno al V-VI grado della scala Mercalli. Descritto anche da Lucio Anneo Seneca, il terremoto provocò numerosi danni alle città di Pompei, Ercolano e Stabia.
Nel 79 d.C. – è ben noto a tutti – la città venne nuovamente distrutta e definitivamente abbandonata a seguito dell’esplosione del monte Somma, che diede origine al Vesuvio come lo vediamo ora, e fu seppellita sotto uno strato di 6-7 metri di ceneri che la preservarono quasi intatta fino ad oggi.
L’eruzione del Vesuvio è narrata nella prima e seconda lettera di Plinio il Giovane a Tacito, nelle cui varianti più attendibili dei manoscritti si legge Nomun Kai Septembres cioè nove giorni prima delle calende di settembre, data che corrisponde al 24 agosto.
Questa data era stata accettata come sicura fino ad oggi quando, nuove scoperte archeologiche, hanno messo in dubbio questa datazione come il ritrovamento, nella Casa del Bracciale d’Oro, di un piccolo denario d’argento recante la quindicesima acclamazione di Tito a imperatore, avvenuta l’8 settembre.
Questa scoperta, oltre ad altre come il ritrovamento di frutta carbonizzata, bracieri usati per il riscaldamento e il mosto in fase di invecchiamento hanno convinto gli archeologi a spostare l’eruzione al periodo autunnale.
Circolazione monetaria a Pompei: le monete imitative
Dall’analisi della circolazione monetaria a Pompei, in particolare per il periodo repubblicano, risulta un’alta presenza di monete estere in particolare da Ebusus (attuale isola di Ibiza in Spagna) e, sebbene in quantità inferiore, da Massalia (attuale Marsiglia in Provenza, Francia).
Le monete più antiche, riferibili all’ultimo quarto del IV secolo a.C. sono due esemplari residuali: Uno di Neapolis, proveniente dal deposito rinvenuto del vicolo di Narciso e l’altro di Syracusae rinvenuto nella domus VII, 15, 11, in associazione ad una moneta di Ebusus.
La presenza diffusa di monete è riscontrabile a partire dal III secolo a.C. mentre, a partire dall’ultimo quarto del medesimo secolo e per tutto il II secolo, si assiste ad un incremento sia quantitativo che qualitativo delle serie rappresentate.
Moneta in bronzo della zecca di Ebusus, attuale Ibiza, con il dio Bes che tiene martello e serpente
Fu Clive Stannard, negli anni ’90, il primo ad identificare, a Pompei, la presenza di imitazioni in abbinamento alle monete canoniche di Ebusus e Massalia; nello specifico, le imitazioni delle monete di Ebusus corrispondevamo alla metà del totale mentre le monete imitative di Massalia erano preponderanti rispetto alle canoniche. Queste imitazioni risultavano identificabili sulla base di cinque fattori: a) provenienza dall’Italia centrale; b) assenza di queste monete nei loghi di produzione degli esemplari canonici; c) frequenza di legami di conio; d) legami di conio e iconografici non presenti nelle monete coniate dalle zecche straniere; e) stile, peso e dimensioni differenti.
Le monete imitative di Ebusus erano realizzate in maniera speculare alle originali, ad esempio in esse il dio Kabeiros era rappresentato con la mano sinistra alzata e il serpente nella mano destra anziché il contrario e sul campo compare un simbolo a forma di T, di difficile interpretazione.
In questo esemplare imitativo, simile a quelli rinvenuti a Pompei, le figure sono stilizzate
Completano il quadro delle monete estere di Pompei le monete di Panormus e Massalia, queste ultime, seconde per importanza quantitativa e qualitativa a quelle di Ebusus, rappresentano una serie di Apollo/Toro cozzante per le quali è stata proposta una datazione fra il 121 a.C. e il 49 a.C.
Delle monete imitative di Massalia, in base alle ricerche di Stannard, sappiamo che erano diffuse in Campaniacon una maggior concentrazione a Minturnae mentre erano scarsissime nell’area marsigliese, inoltre presentano la legenda alterata con varie forme di corruzione della forma corretta.Tali alterazioni trasformavano la leggenda corretta MAΣΣA in: AMΣΣ, AOMΣ, AOM, MOΣΣ, MΛΛ ecc…
La situazione cambierà in maniera radicale nel corso del II sec. a.C. quando si affermerà ufficialmente il dominio di Roma. Tuttavia accanto al bronzo romano, fra il II e il I sec. a.C., circoleranno ancora piccole monete di Ebusus e Massalia.
Moneta in bronzo della zecca di Massalia con testa di Apollo e toro cozzante
Fermo restando che sono necessari maggiori studi sulla datazione delle pseudo-zecche, il periodo di attività delle monete pseudo Ebusus/Massalia è stato collocato da Clive Stannard fra il 140 a.C. successivo all’arrivo in blocco di monete ebusitane da Stannard collocabile intorno al 150 a.C., e il 95 a.C., mentre altri studiosi hanno posto il termine della monetazione imitativa al 91 a.C.
Il terminus ante quem per la fine della produzione è data dal tesoretto rinvenuto nei canali di scarico delle Terme Repubblicane (VIII 5, 36), che associa monete pseudo-ebusitane e pseudo-massaliote ai bronzi romani di riduzione semionciale.
Imitazione di esemplare massaliota attribuito ad una zecca clandestina di area pompeiana
Focus sui rinvenimenti monetali dell’Insula 7, 1-15, Regio VIII
Proseguendo con un’analisi più approfondita della circolazione monetaria a Pompei, concentriamoci sull’Insula 7, 1-15, della Regio VIII, di cui mi sono occupato nella mia tesi. In base alle indagini condotte dalla University of Cincinnati (Ohio,USA) nell’ambito del progetto del Pompeii Archeological Research Project: Porta Stabia, nelle campagne di scavo del 2005-2009, la circolazione monetaria nella suddetta Regio VIII è stata suddivisa in nove fasi:
- Periodo 1 – Età arcaica VI secolo a.C.
- Periodo 2 – Età sannitica III secolo a.C.
- Periodo 3 – Età dell’oro II secolo a.C.
- Periodo 4 – Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum I secolo a.C.
- Periodo 5 – Età augustea fine I sec. a.C. inizio I sec. d.C.
- Periodo 6 – Età Giulio-Claudia metà del I secolo d.C.
- Periodo 7 – Età neroniano-Flavia 62-79 d.C.
- Periodo 8 – Età Flavia 79 d.C.
- Periodo 9 – Età contemporanea XIX-XX secolo.
Le monete risalenti al primo periodo sono state individuate solo in alcuni saggi dell’Insula 7, fra questi solo due hanno restituito reperti monetali: il saggio 16.000 (VIII, 7, 5-6) e il saggio 17.000 (VIII, 7, 7-8), per un totale di 2 monete. Per il secondo periodo sono attestati ritrovamenti nei saggi: 10.000 (Porta Stabia), 14.000 (un ampliamento del precedente e 29.000 (VIII, 7, 11) per un totale di 5 monete.
Il terzo periodo segna per Pompei il periodo di massimo splendore che non ha paragoni con i periodi precedenti, in cui benessere e sicurezza sono garantiti dal conseguimento del monopolio socio-economico e politico-militare di Roma al termine della terza guerra punica.
È possibile vedere questo benessere nell’ammodernamento e nell’abbellimento della città come ad esempio il rifacimento del Tempio di Apollo, la pavimentazione della nuova piazza e la costruzione del Macellum, il mercato pubblico.
Questo Periodo si divide in due fasi: nella fase 1, corrispondente alla metà del II sec. a.C., sono state ritrovate 5 monete nei saggi 1.000 (VIII, 7,1), 7.000 (VIII, 7, 9-10), 12.000 (VIII, 7, 7-8) e infine nel saggio 24.000 (VIII, 7, 4 Via Stabiana); nella fase 2, corrispondente al tardo II sec. a.C., sono state ritrovate 28 monete nei saggi 10.000 (Porta Stabiana), 14.000 (ampliamento del precedente) e 15.000 (VIII, 7, 9-11).
Nel quarto periodo la guerra sociale segna un periodo di profondo cambiamento che include l’assedio di Silla nell’89 a.C. e la deduzione della Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum. Nello stesso anno Pompei gode degli effetti della Lex Plauta Papiria che concedeva il diritto di cittadinanza romana a tutte le alleate di Roma, questa condizione durerà sono qualche anno, ossia fino a quando Pompei non si ribellerà nuovamente a Silla schierandosi con la fazione di Mario, il che ne determinerà la conquista da parte delle armate sillane.
A questo periodo risalgono ben 28 monete ritrovate nei saggi: 1.000 (fossa non meglio registrata), 9.000 (VIII, 7, 12), 17.000 (VIII, 7, 7-8), 20.000 (VIII,7, 16 dove si trova l’ingresso principale dell’Odeion) e 24.000 (VIII, 7, 1-4).
All’età augustea, quinto periodo, risalgono importanti rimaneggiamenti della città, gli edifici pubblici sono quelli che più di tutti mostreranno i segni di questo cambiamento con la comparsa di monumenti destinati a celebrare gli onori e i fasti del princeps. È di questo periodo che viene ritrovato il maggior numero di monete, ben 335, nei saggi: 1.000, 2.000, 3.000, 6.000, 7.000, 8.000, 11.000, 12.000, 13.000, 14.000, 15.000, 16.000, 17.000, 18.000, 19.000, 24.000 e 29.000.
L’analisi dei reperti numismatici del quinto periodo mostrano che un elevato numero di monete, pari al 52% del campione, non sono state identificate a causa della loro usura, mentre al 27% sono attestate le monete romane repubblicane seguite da quelle greche al 19%, le monete romane imperiali sono attestate solo per il 2% del campione.
Il sesto periodo corrisponde all’età Giulio-Claudia: in questo momento a Pompei si registra una persistente crisi politica soprattutto sotto gli imperi di Caligola e Claudio, cioè quando si decise di riformare gli ordinamenti cittadini, ad esempio, si sa che nel 40 d.C. i decurioni della città nominarono duovir quinquennale l’imperatore stesso mentre fra il 41 e il 52 d.C. nessun magistrato è attestato a Pompei.Le monete ritrovate e datate a questo periodo sono 55, pari al 10.5% dell’intero campione proveniente dalla Insula VIII, 7, 1-15.
In questo periodo si può notare una forte inflessione delle monete greche e repubblicane e un massiccio aumento di quelle imperiali, esse provengono dai saggi: 5.000, 6.000, 8.000, 9.000, 11.000, 12.000, 15.000, 18.000, 24.000 e 27.000.
Il principato di Nerone corrisponde al settimo periodo, in questo momento la vita a Pompei sembra esser tornata alla tranquillità, non si registrano crisi politiche e istituzionali, almeno fino al 59 d.C. anno della ormai famosa rissa fra Pompeiani e Noceri,i cui eventi sono rappresentati in un affresco ora custodito nel Museo Archeologico di Napoli. In questo periodo sono state ritrovate solamente 15 monete, pari al 2.9% dell’intero campione provenienti dai saggi: 5.000 (VIII, 7, 1-2), 9.000 (VIII, 7,12), 16.000 (VIII, 7, 5-6), 18.000 (VIII, 7, 12), 24.000 (VIII, 7, 4), 25.000 (VIII, 7, 5-6).
Il penultimo periodo, l’ottavo, è quello risalente all’età Flavia, in questo momento Pompei si stava ancora riprendendo dalle devastazioni provocate dal terremoto del 62 d.C. Nel 79 d.C. la città verrà distrutta dall’esplosione del monte Somma, dalla cui eruzione nascerà il Vesuvio come lo conosciamo oggi, e che cancellerà le città di Ercolano, Stabia e Oplontis.
Di questo periodo sono state ritrovate solo 3 monete, pari al 1% dell’intero campione, provenienti dai saggi; 1.000 (VIII, 7, 1), 18.000 (VIII, 7, 12) e 25.000 (VIII, 7, 5-6). L’ultimo periodo è quello corrispondenti agli scavi del XIX e XX secolo ad opera prima dei Borboni, che a partire dagli anni’70 del XIX secolo realizzeranno i primi sterri e in seguito, dopo l’unità d’Italia, ad opera di Giuseppe Fiorelli, cui si deve la divisione della citta in Regiones e Insulae.
Le monete ritrovate in questo periodo sono 48, corrispondenti al 9.2% dell’intero campione, e provengono dai saggi: 1.000, 2.000, 3.000, 5.000, 6.000, 7.000, 8.000, 9.000, 11.000, 12.000, 13.000, 16.000, 18.000, 24.000, 27.000, 28.000 e infine il 29.000.
Le monete imitative di Ebusus e Massalia dall’Insula VII, 1-15
Le monete di Ebusus ritrovate nell’Insula VIII, 7, 1-15 provengono dai gruppi XII e XVIII che sono stati oggetto delle ricerche di Marta Campo. Il gruppo XII, datato agli anni 225/218-195 a.C. mostra al diritto Bes/Kabeiros nella caratteristica raffigurazione tardo egiziana/punica con la mano destra alzata e serpente nella sinistra, il dio è raffigurato stante, minaccioso, con corpo semi nudo e gonnellino; mentre al rovescio è raffigurato un toro cozzante.
Il gruppo XVIII, datato invece al 200/195-100, presenta lo stesso tipo sia al diritto che al rovescio del precedente gruppo ma in questo caso le raffigurazioni del dio vanno sempre più schematizzandosi e spesso alcune serie presentano un simbolo nel campo a sinistra.
Le monete ritrovate nell’Insula VIII 7, 1-15 (524 pezzi) corrispondono solo a una piccola parte del totale del materiale numismatico rinvenuto nella Regio VIII che ammonta a circa 4.548 monete, di cui 248 provenienti da contesti stratigrafici. Lo scavo in questa Insula ha restituito 27 pezzi attribuibili alla zecca di Ebusus pari al 13% delle monete, due di esse provengono dal gruppo XII mentre le restanti 25 provengono dal gruppo XVIII.
Le monete provenienti da Massalia sono essenzialmente di due tipi che rientrano nella categoria dei così detti piccoli bronzi massalioti. Il primo raffigura al diritto la testa di Apollo rivolta a destra con monogramma e lettera O nel campo, e al rovescio un toro cozzante a destra e con l’etnico MAΣΣA-ΔIHTON. Il secondo tipo è caratterizzato dalla testa di Apollo a diritto, e toro cozzante con leggenda MAΣΣA, con le lettere ΔA in esergo, sul rovescio.
Gli scavi hanno restituito apparentemente solo pochi esemplari di questa zecca, infatti a causa del pessimo stato di conservazione delle monete, è stato possibile attribuire a Massalia solo 8 esemplari. Non è però possibile escludere che alcune monete catalogate come imitazioni possano in realtà appartenere alla zecca di Massalia. I risultati preliminari delle analisi eseguite col metodo della fluorescenza a raggi X hanno rivelato una certa differenza composizionale degli elementi in traccia, quali il Fe, fra le monete originali e le imitazioni.
Due sono i problemi principali riguardo queste monete e il primo è l’individuazione del luogo di produzione delle suddette, dal momento che le prime località da scartare sono proprio i luoghi di produzione degli originali. Nonostante queste monete siano state rinvenute in altri luoghi della Penisola, la maggior concentrazione si registra proprio nell’area vesuviana.
Il secondo problema è esclusivamente giuridico e riguarda le motivazioni che hanno spinto alla coniazione di monete di imitazione, che sicuramente era dovuta alla necessità di sopperire alla scarsità di monete di piccolo conto. Stannard ipotizzava che l’introduzione di queste monete possa essere avvenuta attraverso i cambiavalute, destinati a cambiare moneta di grosso conto con valuta di conto locale da spendere per le questioni quotidiane.
Sempre secondo Stannard l’arrivo di monete a Pompei è da collocarsi intorno al 150 a.C., in un periodo antecedente alla presa di Majorca e Minorca da parte di Lucio Cecilio Metello nel 123 a.C. che peraltro coinvolse solo parzialmente l’isola di Ebusus, mentre l’attività vera e propria della zecca iniziò intorno al 140 e durò forse fino al 95 a.C., nel caso in cui la fine della coniazione fosse fatta coincidere con la presa della città da parte di Silla, oppure al 91 a.C. se si prende in considerazione il ritrovamento di un dal tesoretto rinvenuto nei canali di scarico delle “Terme Repubblicane” (VIII 5, 36), che associa monete pseudo-ebusitane e pseudo-massaliote ai bronzi romani di riduzione semionciale.
È stato ipotizzato che il motivo della massiccia importazione di prototipi e relative imitazioni fosse dovuta alla carenza di metallo vile e all’impossibilità di Roma di rifornire le sue alleate di valuta di piccolo conto, pertanto le monete in metallo nobile che arrivavano a Pompei venivano cambiate da dei cambiavalute con dei nominali bronzei di piccolo taglio, utili per le transazioni quotidiane. Si suppone che le zecche emittenti i prototipi, che poi venivano imitati a Pompei, fossero a conoscenza dell’esistenza della zecca pompeiana ma che tuttavia ne tollerassero la sua attività.
Un asse repubblicano coniato al tipo del Giano bifronte e della prora navis
Oltre alle monete di Ebusus e Massalia e relative imitazioni, sono state trovate numerose monete provenienti da diverse città, in primis le romane appartenenti alle serie dell’aes grave con la raffigurazione, sul rovescio, di una prora di nave da guerra.
Gli aes graves erano monete in bronzo, inizialmente prodotte attraverso la coniazione fusa per poi passare alla coniatura a martello. Il valore del bronzo che contenevano era legato alle unità di peso romane, con un valore iniziale di una libbra latina (273 g), che poi passò ad essere pari ad una libbra romana (327 g). Gli aes graves furono prodotti a partire dagli inizi del IV a.C., e venivano emessi nell’Italia centrale da diverse popolazioni.
Le monete siculo-puniche a Pompei e nel suo territorio
Fra le altre monete straniere ivi rinvenute vi erano, in gran quantità, le monete siculo-puniche prodotte per conto di Cartagine verso la fine del V secolo a.C. in Sicilia, più per la necessità di pagare le milizie mercenarie che per uso locale.
La monetazione cartaginese era così importante che vale la pena dedicare qualche riga a questa città. La monetazione vera e propria di Cartagine inizia solo nel corso del IV secolo a.C. e adotterà il tipo della testa di Core/Demetra al diritto e il tipo del cavallo stante o al galoppo davanti una palma sul rovescio.
Caratteristica unica della zecca punica era la regolarità dei conii di dritto e rovescio che costituisce un unicum nella monetazione antica. Nel corso del III secolo a.C. il piede si riduce a 7,6 grammi e il metallo è utilizzato in leghe sempre più ricche d’argento, fino a determinare emissioni in elettro. Fra il 350 e il 270 vi furono emissioni in elettro (lega di oro e argento), ove inizialmente le percentuali di oro e argento erano uguali, in un secondo momento il contenuto d’oro iniziò a diminuire,a causa della I guerra punica e della rivolta libica.
Piccolo bronzo siculo-punico con al dritto il palmizio e al rovescio protome equina
A differenza delle prime due, assai problematica sembra essere la serie di monete di bronzo, si ipotizza che siano state contemporanee a quelle d’oro. In definitiva, se le monete d’oro di Cartagine e le Tetradracme d’argento prodotte in Sicilia, chiamate monete siculo-puniche, sono ben databili non si può dire lo stesso per quelle di bronzo. Durante la II guerra punica furono coniate monete puniche in Spagna, Sardegna e sud Italia, ciononostante non ebbero mai le stesse qualità stilistiche e iconografiche delle monete Cartaginesi.
Le guerre puniche segnarono la fine del periodo d’oro della monetazione cartaginese, dato che le sue ultime emissioni furono qualitativamente e quantitativamente inferiori alle prime. Furono attribuite a Utica le emissioni copiate direttamente dagli ultimi Trishekels, queste ultime preannunciano l’intromissione di Roma negli affari africani. Cartagine continuerà a coniare piccole monete fino alla sua totale distruzione ad opera dei romani nel 146 a.C.
Alcune conclusioni
In conclusione, l’osservazione delle monete evidenzia, in particolare per il periodo repubblicano, una presenza particolarmente significativa di monete estere provenienti soprattutto da Ebusus e, sebbene in minor quantità, da Massalia. Fu Clive Stannard il primo a confermare la massiccia presenza di monete di Ebusus e Massalia a Pompei, oltre che la presenza di numerose imitazioni riconducibili proprio a queste due zecche.
L’alto numero di queste monete e delle loro rispettive imitazioni a Pompei, ci fa intuire che la suddetta città doveva godere di una economia molto aperta e cosmopolita, molto più dinamica e disinvolta nell’utilizzo di moneta straniera di quanto solitamente considerato.
Le monete di Ebusus ritrovate nella Insula VIII 7, 1-15 provengono dai gruppi XII e XVIII che sono stati oggetto delle ricerche di Marta Campo. Circa la metà delle monete che recano tipi ebusitani sono imitazioni, per quanto riguarda Massalia, le imitazioni sembrano essere preponderanti rispetto ai prototipi.
Sempre secondo Stannard l’arrivo di monete a Pompei è da collocarsi intorno al 150 a.C., in un periodo antecedente alla presa di Majorca e Minorca da parte di Lucio Cecilio Metello nel 123 a.C. che peraltro coinvolse solo parzialmente l’isola di Ebusus, mentre l’attività vera e propria della zecca iniziò intorno al 140 e durò forse fino al 95 a.C. nel caso in cui la fine della coniazione fosse fatta coincidere con la presa della città da parte di Silla, oppure al 91 a.C. se si prende in considerazione il ritrovamento di un tesoretto rinvenuto nei canali di scarico delle Terme Repubblicane (VIII 5, 36), che associa monete pseudo-ebusitane e pseudo-massaliote ai bronzi romani di riduzione semionciale.
È stato ipotizzato che il motivo della massiccia importazione di prototipi e relative imitazioni fosse dovuta alla carenza di metallo vile e all’impossibilità di Roma di rifornire le sue alleate di valuta di piccolo conto, pertanto le monete in metallo nobile che arrivavano a Pompei venivano cambiate da dei cambiavalute che avrebbero dovuto cambiarle con dei nominali bronzei di piccolo taglio che fossero utili per le transazioni quotidiane.
Quel denario di Tito che sposta l’eruzione all’autunno del 79 d.C.
Molto si sa sulla circolazione monetaria a Pompei grazie agli studi di Stannard, Frey Copper, Campo, Pardini e ultimo, ma non per importanza, Ranucci; tuttavia, nuove e curiose scoperte renderanno in futuro necessari ulteriori studi sulla circolazione monetaria di Pompei, sulla sua storia e sulla sua fine. Una fra tutte è la scoperta di un denario di Tito che ritarderebbe di un paio di mesi l’eruzione del Vesuvio, inizialmente fissata al 28 agosto del 79 a.C.
L’ipotesi di una eruzione nella stagione autunnale è suffragata da numerose evidenze archeologiche che lasciano supporre che i pompeiani si stessero apprestando ad affrontare la stagione fredda al momento della fatidica eruzione.
Relativo alla XV acclamazione imperatoriale, un denario di Tito di questo tipo, rinvenuto negli scavi di Pompei, sposterebbe la data dell’eruzione dalla fine di agosto all’autunno del 79 d.C.
Un’altra grande scoperta che avvalora l’ipotesi autunnale dell’eruzione vesuviana è la scoperta di due dimore di pregio con preziose decorazioni venute alla luce nella Regio V di Pompei. Le due città sono la Casa con Giardino, con il bel portico affrescato e gli ambienti decorati da vivaci megalografie, e la Casa di Giove.
Un’iscrizione a carboncino, in particolare, traccia tangibile di un momento di vita quotidiana, supporta la teoria che la data dell’eruzione fosse avvenuta ad ottobre e non ad agosto, La scritta è, infatti, datata al sedicesimo giorno prima delle calende di novembre, corrispondente al 17 ottobre. Vi si legge “XVI (ante) K(alendas) Nov(embres) in[d]ulsit
pro masumis esurit[ioni]”, ovvero “Il 17 ottobre lui indulse al cibo in modo smodato”.
Un testo ovviamente slegato dal contesto dell’eruzione, ma interessante come testimonianza di vita quotidiana, forse la presa in giro ad un pompeiano, come molti altri, molto amante della buona tavola.
Alcune indicazioni bibliografiche per saperne di più
Barello Federico – Archeologia della moneta – Roma, 2014.
Campo Marta – La moneda de Ebusus y su proyecciòn mediterranea, in Ebusus y Pompeya, ciudades maritimas. Testimonios monetales de una relacion Cadiz, 2013.
Ciardiello Rosaria – Alcune riflessioni sulla Casa del Bracciale d’Oro di Pompei, in Annali dell’Università degli studi Suor Orsola Benincasa, Vol. 1, Archeologia, Studi e ricerche sul campo – Napoli, 2011-2012.
Conticello Baldassarre – Pompei, guida archeologica – Istituto Geografico De Agostini – Novara,1987.
Frey Cooper Suzanne e Stannard Clive – Les imitations pseudo-Ébusus / Massalia en Italie centrale: typologie et structure,présence dans les collections et dans les trouvailles de France, in Revue Numismatique n. 166 – Parigi, 2010.
Manfredi Lorenza Ilia – Iconografia e leggenda. Il linguaggio monetale di Cartagine, in Bollettino di Archeologia Online -Edizione speciale del XVII International Congress of Classical Archaeology, Roma 22-26 Sept. 2008 – Roma, 2008.
Pardini Giacomo – Consumo e produzione di moneta a Pompei tra tarda e primo impero, in Annali dell’Istituto Italiano di Numismatica n. 59 – Roma, 2013.
Pardini Giacomo – Rinvenimenti monetari e circolazione a Pompei. Le monete della Regio VIII,7, 1-15 – Salerno, 2017.
Percivaldi Elena – Pompei, dalla Regio V altre due splendide dimore ricche di affreschi e mosaici. E un’iscrizione che sembra confermare la data di ottobre (e non di agosto) dell’eruzione del 79 d.C. In Storie e Archeostorie: Il notiziario di arte, storia e archeologia di Elena Percivaldi – Milano, 2018.
Ruozi Roberto – Touring Club Italiano, Guida d’Italia. Napoli e dintorni – Milano, 2008.
Stannard 2013 = Stannard Clive – Are Ebusustan coins at Pompeii, and the Pompeian pseudo-mint, a sign of intensive contacts with the island of Ebusus?, in Ebusus y Pompeya, ciudades maritimas. Testimonios monetales de una relacion – Cadiz, 2013.