Tra i rari esempi di biglietti fiduciari del Meridione, i tre emessi dal comune calabrese ci raccontano una pagina della storia monetaria d’Italia
di Rino Rubino | I biglietti fiduciari – o meglio “abusivi” – si diffusero principalmente verso la fine del 1866, quelli di taglio più piccolo taglio furono emessi da privati e associazioni di categoria, quelli di taglio più elevato invece furono emessi da istituti di credito. Gli stessi circolarono per pochi anni e vennero ritirati dalla circolazione con legge del 30 aprile 1874.
Essi danno voce alla storia locale che viene a volte definita “storia minore”; ci indicano anche come il privato si sostituisca al pubblico per risolvere determinate situazioni e, non ultimo, mette in risalto la stupenda creatività delle nostre genti.
I biglietti fiduciari, moneta d’emergenza nell’Italia unificata
Quella dei biglietti fiduciari italiani fu una monetazione di emergenza e non ufficiale emessa da banche, cooperative, istituzioni, assicurazioni che intendevano risolvere la carenza di moneta spicciola che si era venuta a creare pochi anni dopo l’Unità d’Italia, in particolare dagli ultimi mesi del 1866; la loro circolazione fu tollerata, ma non certo autorizzata dal Governo. Si trattava all’epoca, per la massima parte, di buoni divisionali emessi dai negozianti al minuto di generi alimentari, che maggiormente risentivano della mancanza di valuta spicciola.
Molto interessanti sia come fenomeno storico-economico sia come pubblica manifestazione della fantasia italiana. La dicitura “fiduciari” è dovuta ad uno dei primi studiosi italiani che si è interessato alle banconote, Cesare Gamberini di Scarfea, il quale ha catalogato per la prima volta in modo sistematico le emissioni italiane di questa tipologia di biglietti; anche un altro studioso della materia si occupò di tali emissioni, Paolo Vimercati Sozzi per come si evince dal suo lavoro Dissertazione sui nummi popolari cartacei italiani (Stabilimento Gaffuri e Gatti, 1879): letta all’Ateneo di Bergamo il 21 settembre 1879.
Paolo Vimercati Sozzi è stato tra i primi a occuparsi, nel 1879, di studiare il fenomeno dei biglietti fiduciari italiani, allora del tutto d’attualità
Ecco il testo finale dello stesso Paolo Vimercati Sozzi: “Non avendo il Ministero preveduto a prescrivere che chiunque intendesse emettere Boni fosse tenuto presentargliene il tipo, e stabilire un giornale sul quale venissero annunciati, a tutela pubblica dei riceventi, così nessuno potrà accertare completa la collezione dei Boni (ignorandosene l’esistenza) se non forse con ben accurate indagini. A me basta pertanto averne avuto un sufficientemente ricco numero, per avermi occasionato pel primo questa pubblicazione, che godo sia stata ritenuta per utile, di buon animo augurando ad altri l’opportunità di completarla.”
In realtà la dicitura esatta dei biglietti fiduciari dovrebbe essere “abusivi” perché nessun organo istituzionale, abilitato alla emissione di monetazione aveva decretato la sua emissione. La mancanza di moneta spicciola e la scaltrezza degli italiani fecero il resto, creando una tipologia di biglietti rara e ricercata.
La difficile situazione economica dell’Italia post unitaria
Nel periodo dal 1866 al 1874, si ebbe in Italia il massimo sviluppo di tali biglietti. Sono a tutti noti tanto gli avvenimenti politici e militari del 1866, quanto le perturbazioni economiche che si verificarono e si diffusero in tutto il giovane Regno, in seguito ai decreti 1, 6 e 17 maggio dello stesso anno, che imponevano il corso forzoso dei biglietti della Banca Nazionale nel Regno d’Italia, della Banca Nazionale Toscana e della Banca Toscana di Credito.
Ovunque furono colpiti gli interessi dei commercianti, impiegati, operai e cittadini in genere, e le condizioni peggiorarono ai preparativi della nuova guerra contro l’Austria-Ungheria allo scopo di conquistare Venezia, e il cui esito appariva incerto, aumentavano la sfiducia per il futuro, mentre correva voce che, in caso di sconfitta, le banconote italiane sarebbero diventate carta straccia.
Biglietto da 5 lire della Banca nazionale nel Regno d’Italia appartenente all’emissione del 25 luglio 1866 (courtesy Cartamoneta.com)
Ora, in uno Stato in cui predomina così largamente l’agricoltura, in cui l’attività economica ha la sua sede più nelle campagne che nelle città, è naturale che il circolante debba essere rappresentato da monete metalliche piuttosto che da biglietti fiduciari, accettati soltanto dove gli scambi sono numerosi e frequenti e dove l’istituto emittente è ben conosciuto.
L’anno 1866 s’inizia sotto tristi auspici tanto per la finanza pubblica come per il commercio, e le condizioni dell’una e dell’altro fanno presto risentire la loro sinistra influenza sula circolazione bancaria del nostro paese.
L’Italia, costituitasi in nazione, non aveva esercito, non aveva marina, non arsenali, non porti, non strade ruotabili, non strade ferrate, non un ordinamento amministrativo uniforme; e dopo aver sostenuto le guerre e le altre spese della rivoluzione, creò un esercito, creò una flotta, creò porti, creò arsenali, costruì strade ferrate, strade ruotabili.
La Terza guerra d’indipendenza, con la sconfitta di Lissa del 1866, getta l’opinione pubblica e la classe politica in uno stato di confusione di cui risente anche l’economia
Per questi numerosi compiti non erano certo sufficienti i capitali del paese; ma la simpatia che godeva l’Italia avevano ispirato fiducia ai capitalisti esteri, i quali si erano affrettati a mandare da noi i loro capitali, per concorrere alle spese iniziate su vasta scala dal governo.
Ma questi concorsi e sussidi, dati sotto forma di prestiti, non potevano durare a lungo, perché le risorse del paese non erano proporzionate ad un tale intempestivo e rapido sviluppo, e perché i debiti, accumulandosi l’uno sull’altro, accrescevano la cifra degli interessi da pagarsi sopra un bilancio in condizioni già poco florido.
Mancano le monete? Usiamo marche da bollo e vaglia
La prima naturale conseguenza economica si ebbe con la penuria della moneta divisionale. Occorreva porre un rimedio. Già a soli cinquanta giorni dal primo decreto che ho citato, la Banca Nazionale nel Regno d’Italia e la Banca Nazionale Toscana avevano emesso biglietti da 10, 20 e 50 lire, senza che per questo venisse a ristabilirsi la quantità di cartamoneta fra il biglietto di grosso taglio e quello minore.
Oltre a ciò il biglietto minimo di cui era autorizzata l’emissione, del valore di 10 lire, rappresentava sempre una forma elevata e poco adatta alle minute contrattazioni indispensabili alla popolazione.
Poiché la stampa dei biglietti andava a rilento, il Governo fu costretto con decreto 15 giugno 1866 a valersi delle marche da bollo del tipo per cambiali, da lire 5, 10 e 15 mettendole pur esse in circolazione a corso forzoso. Tale espediente non ebbe però buon esito, per cui dopo solo quattro mesi, vi fu posto termine anche a seguito della scoperta di contraffazioni per apposizione di riga di inchiostro nero, sovrapposta alla marca, che cancellavano il DA BOLLO, talché furono ritirate marche per un importo superiore all’ iniziale emissione.
E’ di eccezionale rarità la marca da bollo usata come moneta da 15 lire della Banca nazionale nel Regno d’Italia dell’emissione 13 giugno 1866 (courtesy Cartamoneta.com)
A questa caotica situazione monetaria deve aggiungersi la deficienza di monete metalliche divisionali. Era infatti scomparso ogni taglio in argento da lire 5, 2, 1, 0,50 e 0,20 che emigrarono all’estero, il che produsse notevoli disagi.
Allo scopo di mettere riparo a questo stato di cose il Banco di Napoli, la Cassa di Risparmio di Parma e qualche importante municipio avevano emesso fedi di credito, o vaglia al portatore da 5 lire, che ebbero notevole gradimento; ed in precedenza per prima la Banca del Popolo di Firenze, aveva emesso buoni di cassa da una lira, trovando l’immediato favore del pubblico.
E tale esempio venne subito imitato con un’ampiezza talmente stupefacente che diede immediata misura della necessità monetarie. Furono le banche popolari, di recente istituzione (1864), le casse di risparmio, le camere di commercio, i monti di pietà, i “luoghi pii” (orfanotrofi e ospedali), le amministrazioni provinciali e municipali, le società operaie, che – autorizzate dal Governo e con opportune garanzie – emisero buoni di cassa divisionali dal taglio delle 3 lire fino a 5 centesimi, che vennero ovunque ben accolti ed accettati.
Il Consiglio di Stato si oppone alle emissioni private ma…
Nel frattempo il Consiglio di Stato con apposito parere a data 25 giugno 1866 si dichiarò avverso alle emissioni private. Ma sulla scorta di tali insperati risultati sorsero i cosiddetti biglietti fiduciari (“abusivi”) che diedero origine ad una circolazione strana, multiforme, accettata solo in campo locale.
Si trattava in genere di piccoli negozianti, che in massima parte senza alcun permesso e senza garanzie, emisero buoni di cassa di cui si prometteva il cambio presso l’emittente in biglietti legali, a multipli e spesso per cifre non inferiori al decuplo dei biglietti divisionali.
Uno tra i tanti biglietti fiduciari emessi da comuni italiani: si tratta del taglio da 50 centesimi del Municipio di Serravalle Scrivia, oggi in provincia di Alessandria (courtesy Cartamoneta.com)
Fra questi emittenti privati, qualcuno forse con malizia, trascurò di indicare i luoghi di emissione e le modalità del cambio; altri si servirono artatamente di nomi antiquati ed in disuso per indicare la località di emissione.
Si aggiunga che ognuno emetteva valori a piacimento o che meglio credeva si confacessero al suo commercio, per cui se ne stamparono di tutti i tagli, con disegni diversi, su carta filigranata o comune, spesso volutamente tanto leggera e scadente che potesse mal resistere all’uso. Inoltre anche i nomi delle litografie o delle tipografie, spesso erano volutamente omessi.
I fiduciari nel mirino della Commissione parlamentare
Il fenomeno della circolazione dei biglietti fiduciari si è manifestato soprattutto nel Nord e Centro Italia, mentre nel Meridione si riscontrano pochissime emissioni. La causa può essere individuata non tanto in una minore attività nei commerci o da maggiore disponibilità di circolante, quanto nel fatto che il Banco di Napoli e quello di Sicilia, fino dai primi mesi del 1866, avevano provveduto all’emissione di polizze e di fedi di credito nei tagli da 1 e 10 lire.
Anche piccole banche come la Cassa commerciale di Lerici (La Spezia) emisero biglietti fiduciari di piccolo taglio per sopperire alla mancanza di moneta (courtesy Cartamoneta.com)
Già nel 1868, il Governo, preoccupato di questo caotico stato di cose, istituì una Commissione parlamentare d’inchiesta, che riferì alla Camera, per ben tre volte, i risultati delle proprie indagini. Tale Commissione iniziò i lavori il 10 marzo 1868 e li portò a termine nella data del 28 novembre 1868. La relativa documentazione fu consegnata alla Commissione dal senatore Antonio Scialoja, già ministro delle Finanze.
Questa disordinata circolazione di moneta spicciola obbliga il Governo ad intervenire ed a mettere in atto, nel 1873, una serie di provvedimenti aventi lo scopo di riprendere il controllo della circolazione monetaria.
La circolare del 1874 per il ritiro dei biglietti “abusivi”
Con una circolare ministeriale del 22 giugno viene imposto agli Istituti di credito di iniziare il ritiro dei biglietti non autorizzati, con Legge del 20 febbraio 1874 viene imposto il divieto di tali emissioni alle banche popolari e infine la Legge del 30 aprile 1874 n. 1920 impone lo stesso divieto agli enti giuridici, alle società ed ai privati.
A sinistra il senatore del Regno Antonio Scialoja, tra gli incaricati dal Governo di indagare il fenomeno dell’uso (e spesso dell’abuso) di biglietti fiduciari in Italia
L’articolo 1 recita: “Durante il corso forzoso è vietato a qualsiasi privato, Società od Ente Giuridico di emettere biglietti di banca od altri titoli equivalenti, pagabili al portatore e a vista, ad eccezione dei seguenti Istituti: Banca Nazionale del Regno d’Italia, Banco di Napoli, Banca Nazionale Toscana, Banca Romana, Banco di Sicilia, Banca Toscana di Credito per le Industrie e il Commercio d’Italia […]”. L’articolo 30 proibisce “i biglietti denominati di giuoco o complimento, i quali simulano od imitano i biglietti di Banca”. Il termine per il rimborso dei biglietti fiduciari, dopo varie proroghe, venne definitivamente stabilito al 31 dicembre 1876.
La serie dei tre introvabili biglietti fiduciari di Catanzaro
Ad oggi di tali biglietti fiduciari se ne conoscono oltre 2500 tipologie, molte delle quali estremamente rare o introvabili, ma ogni tanto se ne scoprono di nuovi, specialmente quelli relativi alle modeste emissioni effettuate da bottegai e privati, che riuscirono a sottrarsi alle incomplete indagini del Ministero e che non comparvero quindi negli elenchi ufficiali; per molti di essi si hanno soltanto notizie bibliografiche.
Biglietti fiduciari introvabili, quelli di Catanzaro: ecco il taglio da 5 centesimi di lira
Ad oggi tali biglietti sono classificati nei cataloghi specializzati con la sigla “R5: della massima rarità, introvabili”. Recentemente hanno avuto un aumento nelle richieste da parte dei collezionisti, in particolar modo da quelli proprietari delle collezioni più avanzate.
E’ stampato su carta verde il taglio da 10 centesimi emesso dal Municipio di Catanzaro
I biglietti fiduciari emessi dal Comune di Catanzaro hanno una dimensione di mm 96 per 68 e furono stampati dalla Litografia Richter di Napoli del valore di 5, 10 e 15 centesimi; da notizie storiche sembra che furono emesse pochissime serie, oltre a questa citata nel mio articolo e di mia proprietà, si è a conoscenza soltanto di un’altra serie posseduta da un collezionista di Bologna. In Calabria soltanto il Comune di Catanzaro emise tali biglietti.
Il valor più alto conosciuto nella serie degli biglietti fiduciari di Catanzaro sono i 15 centesimi