La vera storia di una rarissima coniazione del 1928 dedicata ai superstiti della tragedia polare e alla “tenda rossa” che fornì loro riparo in attesa dei soccorsi
di Roberto Ganganelli | Chi non ha sentito parlare, almeno una volta, della “tenda rossa”? Il provvidenziale rifugio che accolse i superstiti del dirigibile Italia – comandati da Umberto Nobile – dal momento in cui precipitarono sul pack della banchisa polare artica, la mattina del 25 maggio 1928, fino al salvataggio operato il 12 luglio dal rompighiaccio sovietico Krassin?
Alla fine, si contarono diciassette vittime fra membri dell’equipaggio e soccorritori; Umberto Nobile finì al centro di un mare di polemiche per essere stato salvato per primo e, al suo rientro in Italia, l’opinione pubblica e gli ambienti politici e militari si divisero fra festeggiamenti e malumori. Sta di fatto che l’incidente dell’aeronave Italia assesò un duro colpo al futuro dei dirigibili come mezzi di trasporto a distanza; la loro era sarebbe tramontata definitivamente col disastroso incendio dell’Hindenburg avvenuto al suo arrivo negli USA, alla base aeronavale di Lakehurst, il 6 maggio 1937.
La “tenda rossa”, un oggetto passato alla storia del XX secolo
La “tenda rossa” era a base quadrata, 2,75 metri di lato per uno di altezza con sovrapposta una parte piramidale con vertice a due metri e mezzo dal suolo; progettata per accogliere quattro persone, ne ospitò invece nove più la cagnolina di Nobile, Titina.
Le pareti esterne e il fondo erano in seta non colorata, mentre quelle interne erano di seta azzurra, un colore scelto contro il fenomeno della cosiddetta “oftalmia delle nevi”. Per rendere visibile la tenda dal cielo, i superstiti del dirigibile Italia usarono delle fiale di fucsina (una vernice usata per i rilevamenti di quota) disegnando sulla tela un reticolo di linee rosse.
Via radio, i soccorritori vennero informati sulla colorazione e i giornalisti coniarono il nome “tenda rossa” con cui l’improvvisato – e inadeguato – rifugio passò alla storia. La luce aggressiva dell’estate nordica fece tuttavia svanire il colore in pochi giorni, riportando la tenda alla sua livrea originaria. Ma il nome rimase.
Una bella e rarissima medaglia in oro per i sopravvissuti
A seguito di quell’impresa, culminata nel ritorno in Italia di Umberto Nobile e dei superstiti, come sappiamo furono coniate anche delle medaglie e tra queste ce n’è una – in oro 18 carati, mm 30 per circa g 15, con cambretta e anello portativo – che ha una storia finora poco nota e in parte fraintesa, almeno stando alle descrizioni che ne danno i cataloghi delle aste in cui è stata proposta.
Al dritto, la medaglia ci mostra il dirigibile Italia appena partito dall’aerodromo di Baggio e in volo sul Duomo di Milano, fra le nuvole; al rovescio la “tenda rossa” sul pack con tre figure – una dietro la tenda, a sinistra, due intente forse ad accendere un fuoco, a destra – e con il solenne motto latino VIRTVTI AERVMNIS PROBATAE NON FRACTAE (“La resistenza venne messa alla prova ma non spezzata”). In basso, LA TENDA ROSSA e sotto POLO NORD con la data del sorvolo, 24 MAGGIO 1928.
Tra celebrazione e auto promozione, un retroscena curioso
Un’ode alla tenacia e al coraggio di Nobile e dei suoi uomini? Così sembra, ma il messaggio è ambiguo, dal momento che su un lato della tenda appare in bella vista l’iscrizione ETTORE MORETTI MILANO che tutti, finora, hanno inteso come il nome dell’incisore dei coni o del modellista della medaglia.
Tuttavia, dizionario dei Medaglisti e incisori italiani dal Rinascimento a oggi di Vittorio Lorioli e Paolo Fernando Conti, più realtivi supplementi, di incisori a cognome Moretti non risulta nessuno. Ovvio, perché quell’Ettore Moretti non è l’autore dei modelli o dei coni, bensì la ditta che confezionò la “tenda rossa” e che aveva sede proprio a Milano, al civico 12 di Foro Bonaparte.
La stessa ditta è indicata dal monogramma EM corsivo inciso al rovescio, in basso a destra. Non è stato invece possibile determinare quale azienda provvide alla coniazione.
Fondata nel 1907 per fornire al Regio Esercito e all’amministrazione civile grandi tende a uso ospedaliero, la ditta Ettore Moretti fece fortuna in seguito con le campagne d’Africa, senza contare le ampie forniture – anche agli americani – realizzate nel corso della Prima guerra mondiale e nei successivi conflitti.
Ampliata la produzione a tende per campeggio e per scopi civili, la ditta Ettore Moretti accompagnò anche importanti imprese sportive e di esplorazione, fra cui l’ascensione del K2 da parte di Compagnoli e Lacedelli nel 1954 e di Monzino sull’Everest nel 1973.
Nell’ambito degli arredi da campo, oltre a esempi di design e funzionalità come la poltrona da campo Sudanese del 1922, l’azienda milanese ha affidato la progettazione di nuovi oggetti ad architetti del calibro di Gae Aulenti e Gigi Caccia Dominioni aggiudicandosi, fra i tanti riconoscimenti, il Compasso d’oro nel 1960 con la tenda modello Julia.
Dalla tragedia all’eroismo a un… audace colpo di marketing
Un’altra tenda, ben più celebre, era però uscita dai laboratori della fabbrica Ettore Moretti nel 1928, quella che sarebbe diventata la “tenda rossa”. Per questo, i proprietari del marchio pensarono bene di far coniare la prestigiosa medaglia in oro (esiste anche in altri metalli? Chi ne fosse a conoscenza, si faccia avanti) che, da un lato, rendesse onore a Nobile e al suo equipaggio scampati al gelo polare e, dall’altro, pubblicizzasse in modo artistico, discreto e raffinato il loro eccezionale prodotto balzato agli onori della cronaca.
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