Quanto costano le euro monete italiane, in termini di produzione? Una domanda che molti si potrebbero essersi fatti e alla quale le normative di legge sulla trasparenza delle amministrazioni pubbliche in vigore nel nostro paese ci permette di dare qualche interessante risposta.
I due attori coinvolti nella produzione monetaria, come sappiamo, sono da una parte il MEF (Ministero dell’Economia e finanze) che decreta i contingenti di euro spiccioli da produrre ogni anno – oltre alle caratteristiche e alle tirature di tutte le monete commemorative – e dall’altra IPZS (il Poligrafico e zecca dello Stato italiano) che si occupa della produzione.
Chiaro che, essendo IPZS una società per azioni – sebbene partecipata al 100% dal MEF stesso – tra i due soggetti devono essere redatti dei contratti – in gergo “convenzioni” – che stabiliscono quante monete di ogni taglio coniare nell’anno e con quale prezzo unitario che il MEF deve corrispondere a IPZS.
Una volta coniate dalla Zecca le monete, “previo collaudo” ossia controllo qualità, vengono passate alla Cassa speciale del MEF che ne dispone per l’immissione in circolazione attraverso i normali canali, a cominciare dalle filiali regionali della Banca d’Italia.
Quanto costano le euro monete italiane? Le cifre 2022-2024
Dai documenti che abbiamo potuto reperire nel portale del MEF (Dipartimento del Tesoro, Direzione VI), pubblici proprio in ragione delle leggi sulla trasparenza, possiamo dunque darvi alcuni esempi di quanto costano alla produzione le euro monete italiane, di quante ne vengano prodotte e di come i prezzi, ad esempio per il costo delle materie prime e dell’energia, cambino da un anno all’altro.
Si tratta di dati interessanti che riferendosi all’ultimo triennio (2022-2024) ci forniscono informazioni davvero curiose e poco conosciute. Iniziamo dunque dall’anno 2022, del quale abbiamo reperito tutti i dati per le pezzature dai 5 centesimi ai 2 euro (tutti i prezzi sono da intendere senza Iva).
ANNO 2022
- Centesimi 5: 50 milioni di pezzi a 0,03922 euro l’uno per un totale di euro 1.961.000
- Centesimi 10: 35 milioni di pezzi a 0,07425 euro l’uno per un totale di euro 2.598.750
- Centesimi 20: 30 milioni di pezzi a 0,12695 euro l’uno per un totale di euro 3.808.500
- Centesimi 50: 20 milioni di pezzi a 0,17901 euro l’uno per un totale di euro 3.580.200
- Euro 1: 1 milione di pezzi a 0,25038 euro l’uno per un totale di 250.380 euro
- Euro 2: 25 milioni di pezzi (comprese le commemorative Erasmus, Falcone e Borsellino e 170° Polizia di Stato) a 0,32390 euro l’uno per un totale di 8.097.500 euro
Dunque, per la circolazione sono state prodotte nel 2022 (comprese le 2 euro commemorative) 161 milioni di monete. Mancano ovviamente le monete da 1 e 2 centesimi, la cui coniazione per la circolazione è sospesa dal 2018 e che IPZS realizza solo in piccolo numero per completare le divisionali fior di conio e proof destinate ai collezionisti. Per quanto riguarda l’anno 2023, invece, ecco i dati.
ANNO 2023
- Centesimi 5: 70 milioni di pezzi a 0,03984 euro l’uno per un totale di 2.788.800 euro
- Centesimi 10: 50 milioni di pezzi a 0,08046 euro l’uno per un totale di 4.023.000 euro
- Centesimi 20: 37 milioni di pezzo a 0,13933 euro l’uno per un totale di 5.155.210 euro
- Centesimi 50: 20 milioni di pezzi a 0,19934 euro l’uno per un totale di 3.986.800 euro
- Euro 1: 1 milione di pezzi a 0,29153 euro l’uno per un totale di 291.530 euro
- Euro 2: 22 milioni di pezzi (comprese le commemorative Manzoni e Centenario Aeronautica militare) a 0,37826 euro l’uno per un totale di 8.321.720 euro
Totale delle monete coniate pari a 200 milioni e, come l’anno precedente, a farla da padroni sono gli spiccioli fino ai 50 centesimi di euro, mentre resta al palo con un solo milione di esemplari la moneta da 1 euro. Venendo infine a indagare quanto costano le euro monete del 2024, ecco altre interessanti cifre desunte dalle convenzioni reperite online e stipulate fra MEF e IPZS.
ANNO 2024
- Centesimi 5: 200 milioni di pezzi a 0,03617 euro l’uno per un totale di euro 7.234.000
- Centesimi 10: 150 milioni di pezzi a 0,06596 euro l’uno per un totale di euro 9.894.000
- Centesimi 20: 150 milioni di pezzi a 0,10776 euro l’uno per un totale di euro 16.164.000
- Centesimi 50: 160 milioni di pezzi a 0,14692 euro l’uno per un totale di euro 23.507.200
- Euro 1: 40 milioni di pezzi a 0,20900 euro l’uno per un totale di 8.360.000 euro
- Euro 2: 60 milioni di pezzi (comprese le commemorative Rita Levi-Montalcini e 250° Guardia di finanza) a 0,26699 euro l’uno per un totale di 16.019.400 euro
A fronte di un totale di ben 760 milioni di monete, un vero boom rispetto al biennio precedente, la moneta da 1 euro torna a un contingente elevato (40 milioni di esemplari) e perfino il “ramino” da 5 euro cent si attesta su una produzione elevatissima (200 milioni di pezzi). Non dimentichiamo che, pur essendo sempre in corso legale anche le monete da 1 e 2 centesimi, tale pezzatura è ormai la più piccola a circolare correntemente sia in Italia che nel resto dell’Eurozona.
Quali fattori incidono sul prezzo di produzione?
Come si può notare, il costo unitario alla fonte di ogni tipo di moneta varia di anno in anno, e questo sia per il prezzo di produzione dei tondelli (materia prima) che in ragione del contingente da coniare: è ben noto, infatti, che aumentando il numero di oggetti prodotti i costi fissi (nel nostro caso, ad esempio, i coni) vengono ammortizzati, “spalmati” in modo diverso. Allo stesso modo variano i contingenti dei diversi nominali, calcolati in base al fabbisogno della circolazione e alle riserve di monete di analogo valore che il MEF mantiene da anni precedenti e immette, man mano, sul mercato.
Per concludere la nostra data room su quanto costano le euro monete italiane, divertiamoci ora – in modo brutale, beninteso – a calcolare quello che una volta si sarebbe chiamato “signoraggio” ossia la differenza tra il contenuto di metallo prezioso (ieri), il costo di produzione (oggi) e il valore nominale.
Il pezzo da 5 centesimi è il “meno pagante” con un costo medio nel triennio pari a 3,841 centesimi al pezzo e un “aggio” di 1,159 centesimi. All’estremo opposto della serie, una bimetallica da 2 euro è costata in Italia, nel 2022-2024, mediamente 32,305 centesimi con una tra costo di produzione e valore nominale di 1,67695 euro.
C’è poi da tenere conto, in tutto questo, anche di quanto lo Stato spende poi per l’imballaggio, la movimentazione, lo stoccaggio e la distribuzione del denaro. Quanto costano le euro monete tricolori, dunque? Se già qualche anno fa veniva dichiarato che quelle da 1 e 2 centesimi, complessivamente, costavano più del valore nominale, c’è da credere che anche quelle da 5 centesimi siano arrivate a essere “a signoraggio negativo” per lo Stato e quelle da 10 si stiano avviando a fare la stessa fine.
Dalla società del contante alla cashless society
Scenari futuri? È presto per ipotizzare la sparizione dei 5 euro cent, ma è indubbio che la progressione della società verso il modello cashless implicherà in pochi anni un ripensamento nella serie delle monete coniate, forse con l’adozione, da parte della BCE, di una risoluzione che preveda l’addio alla banconota da 5 euro e la sua sostituzione con una ulteriore moneta.
È anche una questione “ecologica”, in fondo: il contante inquina – per quanto noi numismatici ameremo sempre le sonanti monete e le fruscianti banconote – e si è calcolato che se in Europa tutti i pagamenti in contante fossero sostituiti con quelli digitali si risparmierebbero oltre 200 milioni di kg di CO2 l’anno di cui solo in Italia 28 milioni.
Come si posiziona l’Italia tra le società cashless? Sebbene anche nel 2024 il nostro paese faccia parte delle 30 economie con maggiore incidenza del denaro contante nelle transazioni (al 21° posto), una recente ricerca presentata al Forum Ambrosetti di Cernobbio, compiuta su 1000 cittadini, rivela che il 70% degli italiani fa ormai un uso regolare di mezzi di pagamento digitale.
E-commerce in testa, le transazioni digitali sono aumentate rispetto al 2023 per tre italiani su cinque; si tratta in prevalenza di giovani, mentre una certa attitudine all’uso di monete e banconote permane più radicata nel Sud e tra gli over 60.